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Dalla Stella del Belice al Grande Cretto: l’Arte Contemporanea abita a Gibellina

“Un progetto ambizioso che si sviluppa attraverso iniziative legate all’arte e alla creatività contemporanea, dalla progettazione culturale alla rigenerazione urbana, al restauro e soprattutto alla costruzione di una visione sul futuro che sappia tener conto della bellezza come valore condiviso e rigenerante”. Si presenta così “Portami il futuro”, il progetto a cui hanno lavorato l’amministrazione di Gibellina e la fondazione MeNo a sostegno della candidatura di Gibellina a Capitale dell’Arte Contemporanea 2026.

Nel corso dell’audizione, il sindaco Salvatore Sutera ha ricordato il grande lavoro fatto da Ludovico Corrao per cambiare il destino di Gibellina dopo il devastante terremoto del ’68, “un progetto visionario ma concreto, che puntava a cambiare il futuro nel senso dell’arte e dell’architettura” chiamando a raccolta i più grandi artisti italiani degli anni ’60, da Piero Consagra ad Arnaldo Pomodoro, da Emilio Isgrò ad Alberto Burri. “Nessuna città come Gibellina – ha sottolineato Sutera – può raccontare all’Italia e al mondo intero come l’arte e l’architettura contemporanee possano essere il motore, l’anima e la sostanza della rinasciata sociale e civile e morale di una città, rifondandola e rimettendo la sua comunità sul cammino della storia, dopo la diaspora seguita al terremoto del ’68”.

Il titolo di Capitale Italiana dell’Arte Contemporanea per il 2026 porterà a Gibellina uno stanziamento di un milione di euro, che verrà utilizzato per mostre, festival e rassegne, oltre alla realizzazione e la riqualificazione di spazi e aree dedicate alla fruizione dell’arte contemporanea. Sarà dunque un’occasione importante per il territorio, creando nuove opportunità e occasioni per visitare e conoscere meglio la straordinaria storia di Gibellina e il suo rapporto indissolubile con l’arte contemporanea.

Ma quali sono le principali opere che Gibellina può presentare ai suoi visitatori?

La porta d’ingresso alla nuova città è la Stella di Pietro Consagra (chiamata anche “la porta del Belice). Si tratta di un’imponente installazione di acciaio inox, alta 26 metri, eretta nel 1981. Concettualmente, richiama le luminarie delle feste di paese. Consagra ha comunque legato il suo nome a Gibellina non solo per la Stella, ma anche per il Teatro incompiuto (per il quale c’è un finanziamento che lo trasformerà nel Consagra Innovation Hub).

Il Teatro (incompiuto) di Pietro Consagra

Gibellina è anche Il Grande Cretto di Alberto Burri, opera di land art completata nel 2015. La superficie dell’opera copre un territorio rettangolare di circa 270 per 310 metri ed è composta da 122 blocchi di cemento (isole) alti circa un metro e 60, che inglobano le macerie dell’antica Gibellina. L’intento era quello di costruire un sudario che rappresentasse un’identità comune, tanto tra i residenti che degli italiani in generale, attraverso un monumento dal valore culturale e sociale. Nel 2019 è stato aperto al pubblico il museo del Grande Cretto: situato nella vecchia Chiesa di Santa Caterina, a 300 metri di distanza dal cretto e unico edificio superstite del terremoto, nasce dall’esigenza di raccontare le origini dell’opera di Burri, la sua progettazione e realizzazione. Tre anni fa è stato presentato anche il progetto di un Visitor Center, curato dall’architetto Mario Cucinella, che dovrebbe consentire un’ulteriore valorizzazione dell’area circostante il Cretto.

Cretto di Burri

Nell’estate del 2021 ha riaperto le porte il Museo d’Arte Contemporanea di Gibellina, che ospita quadri, sculture, grafica, fotografie e maquette delle grandi opere di Gibellina Nuova e del Cretto di Burri; suddivise in otto sezioni che segnano il percorso espositivo storico-cronologico, dal primo ‘900 alle ultime Avanguardie. C’è il “Ciclo della natura”, le dieci grandi tele dedicate ai bambini di Gibellina, realizzate sul posto da Mario Schifano nella primavera del 1984, ma anche “La notte di Gibellina” di Renato Guttuso. E poi, ancora, opere di Fausto Pirandello, Beniamino Joppolo, Antonio Corpora, Carla Accardi, Piero Dorazio, Pietro Consagra, Achille Perilli, Tano Festa, Toti Scialoja, Franco Angeli, Giulio Turcato, Mimmo Rotella, Mimmo Paladino, Enzo Cucchi, Turi Simeti, Mimmo Jodice, Renata Boero, Christo, Pino Pinelli, Emilio Isgrò, Luca Patella, Nino Mustica, Claudio Verna.

Originariamente adibito a masseria, all’inizio degli anni ’80 il Baglio Santo Stefano fu restaurato e trasformato in Sede della Fondazione di Alta Cultura Orestiadi, promotrice di numerosi ed importanti eventi culturali e laboratori artistici (oltre che di una storica rassegna culturale, che si tiene nella stagione estiva). Nella parte centrale esterna è collocata la grande scultura di Mimmo Paladino, denominata “La Montagna di Sale”, un cumulo in cemento, vetroresina e pietrisco, su cui sono inseriti trenta cavalli in legno e disposti in posizioni diverse: in piedi o coricati. L’opera nasce nel 1990 come scenografia de La sposa di Messina di Friedrich Schiller, diretta da Elio De Capitani e messa in scena a Gibellina in occasione delle Orestiadi del 1990.

Sempre al Baglio Santo Stefano si trova Il granaio, un vasto ambiente restaurato, caratterizzato da archi in pietra che sorreggono una copertura lignea, accoglie manufatti artigianali delle donne gibellinesi, come il Prisenti di Alighiero Boetti, opere di artisti contemporanei quali Mario Schifano, Carla Accardi, Pietro Consagra, oltre alle macchine sceniche e i bozzetti degli allestimenti realizzati per le Orestiadi. Il Museo delle Trame Mediterranee, inaugurato nel 1996, è ospitato nella casa padronale dove sono esposti oggetti d’arte decorativa, costumi, gioielli, tessuti, ceramiche e oggetti d’arte di popoli e culture dell’area mediterranea, oltre a pezzi della collezione personale del Senatore Corrao. In esso convivono gli influssi di tre grandi culture: Ebraismo, Cristianesimo ed Islam. E’ stato inaugurato il 16 Gennaio del 1996 ed è stato insignito del premio ICOM, per il miglior Progetto di Mediazione Culturale in Italia, nel 2011.

Vincenzo Figlioli

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