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Il sonno della ragione genera mostri

In questi giorni mi è capitato di ripensare al film “Goodbye Lenin”. La storia che ruotava intorno a una donna – tedesca dell’Est – che dopo alcuni mesi di coma si risvegliava in una Germania che nel frattempo aveva visto cadere il Muro di Berlino ed era tornata unita. Per evitare un nuovo shock, il figlio decide di non raccontarle nulla, organizzando una messa in scena surreale per farle credere che niente era cambiato rispetto ai suoi ricordi. Proviamo a immaginare un nostro concittadino della prima metà degli anni ’90, che dopo aver vissuto l’entusiasmo della “primavera siciliana” finisce in uno stato di incoscienza e si risveglia oggi, 23 ottobre 2024. Come faremmo a raccontargli la Sicilia odierna, con Renato Schifani presidente della Regione e alla guida di una coalizione che comprende Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo? Come faremmo a raccontargli che esistono ancora politici (come Nino Papania) che finiscono sotto inchiesta per aver dirottato i fondi dell’Unione Europea destinati alla formazione di giovani siciliani verso la campagna elettorale del proprio “delfino”? Con quali parole riusciremmo a spiegare che politici del genere riescono ancora a trascinare assessori e consiglieri di vari Comuni promettendo incarichi personali o ai loro figli? E che con il loro movimento politico riescono a allestire liste che determinano gli esiti delle competizioni elettorali?

Probabilmente, il nostro concittadino risvegliatosi dal coma si chiederebbe com’è stato possibile che quella società civile di cui aveva orgogliosamente fatto parte e che aveva avuto un ruolo importante nella caduta della Prima Repubblica abbia permesso una situazione del genere. Probabilmente, noi che siamo rimasti coscienti non ci siamo accorti che siamo tornati al passato, alla stagione del cosiddetto “primato della politica”, a più riprese rivendicato da chi ritiene che tale primato si concretizzi in una visione accentratrice del potere politico, che determina assunzioni e incarichi solo attraverso il principio di appartenenza. Così come non ci siamo accorti che quei personaggi e quei modus operandi, che sembravano irrimediabilmente sconfitti dalla Storia, si erano semplicemente messi da parte, scegliendo il basso profilo in attesa di tornare in auge. Si sono mimetizzati, si sono fatti giunchi in attesa che passasse la piena, raccogliendo informazioni da utilizzare al momento opportuno attraverso i propri uomini piazzati negli uffici pubblici o nei retrobottega della politica. Poi, approfittando degli errori di chi li aveva sostituiti, del progressivo disimpegno della società civile, di una certa resistenza al cambiamento di alcuni portatori di interessi, si sono ripresentati al grande pubblico, ostentando il fascino discreto di una certa praticità, gradita a tanti. Nel momento in cui hanno riacquistato i propri consensi, hanno abbandonato il basso profilo e hanno ricominciato a fare quello che facevano prima. Probabilmente con un pizzico di arroganza in più.

La grande tragedia di questi ultimi anni è che a tanti è sembrato che questo percorso fosse irreversibile. Così, anche in progetti politici apparentemente alternativi abbiamo sentito parlare della necessità di costruire campi larghi (anzi larghissimi) in cui mettere dentro un po’ di tutto, con l’auspicio di controllare l’incontrollabile. Un trionfo di real politik che ha prodotto, tra le altre cose, l’imbarazzante silenzio con cui il Consiglio comunale di Marsala ha accolto, giovedì scorso, la notizia della sospensione di tre suoi componenti. Se pensiamo al dibattito che si scatenò nel 2004 a Sala delle Lapidi dopo l’operazione “Peronospera” ma anche nel 2018, dopo “Artemisia” e “Scrigno” sembra di essere in un’altra città, indifferente e rassegnata.

A differenza di quanto accade in “Goodbye Lenin”, probabilmente siamo noi, più che il nostro amico uscito dal coma, ad aver bisogno d’aiuto. Il tempo di fargli smaltire lo shock e magari potrà aiutarci a ricordare come si fa a manifestare la propria indignazione fuori dai social o come si può riuscire ad aggregare quella parte della comunità per cui la politica non serve a risolvere i propri affari di famiglia, ma può essere uno strumento per migliorare le città in cui viviamo. Se ha funzionato in passato, non è detto che non possa funzionare ancora nel presente o nell’immediato futuro.

Il sonno della ragione genera mostri (Francisco Goya)
Vincenzo Figlioli

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