Il voto di castità per la Chiesa è una virtù che prevede l’obbligo del clero a non avere rapporti sessuali (Wikipedia). Ma come tutti sanno quest’obbligo non sempre è stato rispettato. Nel corso delle ricerche effettuate dal concittadino Antonino Sammartano sulla storia di Marsala del XVIII secolo, si è imbattuto in diversi documenti che riguardavano storie di preti e di suore che non rinunciavano a tali rapporti. Questo che segue ne è un esempio:
Il 30 Giugno del 1794 il Vicerè inviava alla Corte Capitanale di Marsala un memoriale di Padre Filippo Vinci dell’Ordine di S. Francesco e la incaricava di riferire sull’esposto del religioso. Da più di un anno il Prete si trovava in prigione perché egli “prendendo prattica nella casa del Sac. Don Vito Purracchio, di bastante decorata famiglia, indusse una ragazza sorella del detto di Purracchio chiamata Donna Vita, a farla condiscendere alle sue impure e scostumate voglie, e ingravidò la sorella”. Non appena Don Vito scoprì il rapporto fra la sorella e il giovane prete intimò a questi di andare via da Marsala. Padre Vinci, che forse era veramente innamorato della ragazza, cercò di convincerla a fuggire con lui. Quella all’inizio si mostrò renitente, ma poi per non essere scoperta dai familiari di essere incinta si decise ad andare con il religioso, il quale la indusse a raccogliere in casa sua oro, argento e denaro. E così di fatto fece.
Contemporaneamente il suddetto Padre Vinci persuase un chierico nominato Don Giovanni Barraco a partire con lui per andare fuori del Regno. Ma questi all’inizio rifiutò l’invito perché non aveva abbastanza denaro per fare un viaggio così lungo. Ma il Prete Vinci riuscì a convincerlo dicendo che con lui veniva un altro giovanotto, suo amico, provvisto di denaro e robba bastante a fare in giro per l’Italia. A questo punto il Barraco acconsentì.
Il Vinci allora si recò a Trapani per noleggiare una Spironara maltese (piccola barca a vela utilizzata allora soprattutto per i trasporti tra la Sicilia e Malta) che li doveva trasportare nell’Isola di Malta. La notte del 21 Maggio del 1793 il Barraco, il Padre Vinci e la ragazza, vestita da uomo, partirono da Marsala. Dopo 24 ore di navigazione il Padrone della Spironara li lasciò in una spiaggia vicino Terranova (Gela), dicendo di essere arrivati a Malta, ma prima di abbandonarli trattenne gran parte della roba che i tre avevano con loro. Fu allora che il Barraco scoprì che quel compagno del Prete Vinci era una donna vestita da uomo e che si chiamava Vita Porracchio. I tre, poco dopo essere sbarcati, furono scoperti dalla guardia del Caricatore e condotti alla Corte di Terranova, dove furono arrestati.
Quando la Corte Capitanale di Marsala ricevette la notizia dell’arresto dei tre marsalesi, inviò subito una barca per per andarli a prendere. Ma poiché la ragazza era all’ottavo mese di gravidanza, quella Corte consegnò i due uomini e trattenne la ragazza fintanto che non avesse partorito, Infatti, non appena la ragazza partorì, fu trasferita con un’altra barca a Marsala.
Riportiamo ora il giudizio che la Corte Capitanale dà del Padre Filippo Vinci:
“Non creda V. E. che questo Padre Vinci sij un uomicciolo (persona meschina, sia fisica che morale). Egli è un celeberrimo capo d’opera, che a nostro sentimento supera ogn’altro in questo secolo poiché noi sappiamo quali, e quanti fatighe ci fece durare non solo a compir le prove (a trovare le prove), ma a sviluppare quelle cabbale che orditi avea in Terranova, provocando anche da questa con biglietti alla riferita Purracchio per non dire la verità, e che finalmente dietro non poche fatighe si ebbi ottenuto dal medesimo una certa ma poco fedele confessione, onde venne rubricato reo di stupro in persona della suddetta di Purracchio colla grvidanza della medesima, di apostasia della sua religgione; di ratto della robba che seco fece condurre alla medesima e finalmente di un doloso e fraudolento carpimento di molti…”
Il Vinci nel suo memoriale si era lamentato che da più di un anno era rinchiuso in un Dammuso del carcere di Marsala senza essere processato. Ma la Corte a tale riguardo fa presente al Vicerè che “questa Corte si dà il vanto d’averlo pratticato (processato) coll’intervento ed assestenza del Delegato di Monarchia (Tribunale ecclesiastico) di questa, onde deve Egli il Vinci piuttosto e con più ragione accusar di rigore alla Corte Chiesastica che a noi quando ci fosse stato; il detto Padre Vinci ancora nutre sentimenti di non buon cattolico poiché non mostra resipiscenza alcuna al suo malfare; perciò si fa lecito a suo capriccio ordire delle Cabbale per deturpare l’onore a taluno dè suoi officiali”.
Marsala 21 Luglio 1794
Umilissimi Servitori Capitano di Giustizia e Fiscale
Mario Nuccio
Antonio Agate
Giuseppe Perniciaro
Fonte: RSI vol. 2339
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Sono sempre molto interessanti gli articoli prodotti da Sammartano. Complimenti