Categorie: EgadiStoria

La mattanza, un rito antico che ha segnato la storia di Favignana

La mattanza a Favignana: rito e sopravvivenza, lotta e rispetto, attesa ed azione, canti e urla. Ormai fagocitata dalle esigenze del mercato globale, la mattanza della tonnara di Favignana è qualcosa a cavallo fra il mistico e la leggenda.

Eppure, nella realtà, per molto tempo è stato ciò che ha deciso le sorti dell’isola. Un lavoro di mesi che culminava in poche settimane di pesca.

Le reti venivano calate in mare già dal mese di aprile in attesa che da lì passassero i branchi di tonni che, tra la seconda metà di maggio e la prima di giugno, lasciano l’oceano e, attraversando lo stretto di Gibilterra, arrivano fino al Mediterraneo per riprodursi. Un percorso sempre uguale, lungo la costa siciliana, che sfiorava proprio Favignana e che, proprio lì, ha fatto la fortuna dei Florio.

Impossibile stabilire con precisione quando la mattanza sarebbe iniziata: bisognava aspettare pazientemente che i tonni entrassero nelle varie camere formate dalle reti e collegate fra loro da porte mobili. Le camere erano costruite in modo che, una volta entrati, i tonni non potessero più uscire. Avrebbero solo potuto procedere in avanti, fino ad arrivare alla cosiddetta “camera della morte”, l’unica ad avere la rete anche sul fondo. Lì avrebbero incontrato i tonnaroti e i loro arpioni.

A decidere quando iniziare e quando concludere la mattanza era il Rais, a cui spettava anche il compito di far disporre le barche, le muciare, nel modo corretto. Quando la mattanza stava per cominciare, con le barche disposte a quadrato, i tonnatori issavano la rete restringendo dunque lo spazio a disposizione dei tonni in modo che potessero essere arpionati più facilmente. Gesti e rituali che per tanti anni hanno scandito la vita dell’isola.

Allo sforzo dei tonnaroti, accompagnato dai tradizionali canti, le cialome, faceva eco il rosso vivo del sangue che tingeva le acque ricordando come la mattanza non fosse spettacolo, ma lavoro, fatica, economia di un territorio. La pesca del tonno in questa zona ha origini lontane. Perfino nella Grotta del Genovese sono raffigurati due tonni. Fu praticata anche ai tempi di Fenici, Romani e Arabi e, molto più recentemente, contribuì in maniera determinante alla fortuna dei Florio.

Antonella Genna

Condividi