In questi giorni sento il bisogno di parlare di alterità collegata al concetto di selvaggio.
Mentre tutti piangono la morte dell’orsa Amarena, leggo d’altro canto articoli di giornale sempre più allarmistici in relazione alla presenza del lupo sul territorio Italiano.
Perché questa dicotomia?
Spesso il nostro amore per gli animali e per la natura nasce da visioni disneyiane di questa, dal loro essere dolci e buoni, una natura madre non matrigna che può essere amica dell’uomo con tutti i suoi animali.
Il bisogno di interagire con gli animali selvatici, il bisogno di accarezzarli nutrirli etc è tutto umano. Che c’è di male direte voi.
Il male sta principalmente (oltre a ragioni di alterazione metabolica e di comportamenti) nella volontà umana di DOMESTICAZIONE del selvaggio. Ed è qui che entra in gioco il nostro rapporto problematico con il diverso, l’alterità , l’altro da sè in ogni sua forma.
Non siamo più in grado di andare in un bosco ed avere paura, la paura è sana , una sana risposta di sopravvivenza a cui i nostri avi erano abituati. Noi vogliamo andare in montagna senza gli orsi senza i lupi, al mare senza le meduse.
Una vita comoda, domesticata che non è compatibile con la presenza di animali selvatici in quanto la loro esistenza ci obbliga a relazionarci con la nostra ombra, con un diverso che, come spesso avviene per gli stranieri, i migranti o turisti o persone diverse da noi che ci obbligano ad uscire dalla nostra zona di comfort, noi non vogliamo.
Ed ecco la caccia al lupo, all’orso, alle meduse, a chi non ha lo stesso colore di pelle o gusti sessuali o di moda o alimentari o medici (vedi le scelte durante Covid).
(Flavia Lopez)