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Stupro di gruppo a Palermo, la direzione del Pagliarelli chiede il trasferimento degli indagati

La Direzione del carcere Pagliarelli di Palermo ha chiesto al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di valutare il trasferimento dei sei giovani finiti in cella con l’accusa di violenza sessuale di gruppo nei confronti di una coetanea. Tra gli indagati c’è anche un settimo giovane, che però all’epoca dei fatti era minorenne e che nei giorni scorsi è stato scarcerato e trasferito in una comunità.

Sono due i motivi alla base della richiesta della Direzione del Pagliarelli: da un lato “l’impossibilità”, di garantire il divieto di incontro imposto dal giudice ai sei indagati dal momento che le sezioni protette del carcere sono soltanto quattro; dall’altro anche la volontà di “prevenire” eventuali episodi violenti che potrebbero turbare l’ordine all’interno della struttura.

Nel frattempo, la prefetta di Palermo Maria Grazia Cucinotta ha convocato il Comitato per la Sicurezza Pubblica per venerdì 25 agosto, alle 10. All’ordine del giorno il tema della sicurezza nelle aree della movida del capoluogo siciliano, “anche alla luce – spiega una nota – dei recenti fatti di cronaca”.

Un altro fronte, legato alla diffusione del video dello stupro su Telegram, riguarda la protezione dei dati sensibili. Rispetto a ciò si registra una presa di posizione ufficiale dell’Autorità Garante per la privacy, “che mette in guardia sulle conseguenze, anche di natura penale, della diffusione e condivisione dei dati personali della vittima dello stupro di Palermo e dell’eventuale video realizzato […]. “A seguito di numerose notizie stampa su una caccia alle immagini scatenatasi nelle chat, l’Autorità – con due provvedimenti d’urgenza – ha rivolto un avvertimento a Telegram e alla generalità degli utenti della piattaforma- continua la nota- affinché venga garantita la necessaria riservatezza della vittima, evitando alla stessa un ulteriore pregiudizio connesso alla possibile diffusione di dati idonei a identificarla, anche indirettamente, in contrasto, peraltro, con le esigenze di tutela della dignità della ragazza. Il Garante ricorda che la diffusione e la condivisione del video costituiscono una violazione della normativa privacy, con conseguenze anche di carattere sanzionatorio, ed evidenzia i risvolti penali della diffusione dei dati personali delle persone vittime di reati sessuali (art. 734 bis del codice penale)”, conclude l’Autorità.

redazione

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