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I Ricchi, giocano…

Il Titan, Musk e Zuckerberg che si picchiano al Colosseo, la rabbia sociale in Francia

I ricchi del mondo, a quanto pare, si divertono “ad un altro livello”. L’ultima frontiera è rappresentata dalla sfida mediatico-sportiva fra Elon Musk e Mark Zuckerberg: i due hanno deciso di fronteggiarsi, in prossima data, nella disciplina marziale del Brazilian Jiu Jitsu. Pare anche abbiamo avanzato la proposta di affittare, per l’occasione, il nostrano Colosseo. Pronta risposta positiva – con blande condizionali – del Ministro Sangiuliano. Due tra i più noti e influenti uomini d’affari del mondo, in pratica, se le daranno – sportivamente – a favor del global ecumene. Traslazione nell’empireo del luogo comune coppia di adolescenti/campetto di quartiere.

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Anche i recenti eventi del Titan ci raccontano di passatempi aristocratici. Un ricchissimo si dedica, per passione, alla costruzione – a quanto pare tecnicamente inadeguata – di sommergibili sperimentali e altri economicamente fornitissimi godono dell’esclusivo servizio. Turismo di lusso. Nessuna accettabile valenza scientifica.

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Tutto il cordoglio per la tragedia. Nessun dubbio. Ma anche a tanti signor nessuno che muoiono ogni giorno nel nostro Mediterraneo. Qualche cinico ha sottolineato che se si attivassero, anche per i migranti, risorse internazionali pari a quelle utilizzate per la ricerca e il ripescaggio del sommergibile, la questione delle morti per acqua nel Mediterraneo sarebbe diversa.

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D’altra parte, dalla Grecia Classica abbiamo imparato che l’alta Tragedia, quella che più vale la pena di raccontare, è faccenda di re, principi, regine e nobiltà. Imprinting così forte che nemmeno il poderoso ribaltamento portato dalla storia evangelica, quello che “mette a terra” la catarsi – purificazione/salvazione – tragica e la concede anche ai più umili fra gli uomini, riesce a liberarsene: sopra la testa del Gesù crocifisso è scritto Rex Iudeorum

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Ora, non è certo vero che tutti questi grandi e potenti siano copia carbone di certa aristocrazia debosciata da romanzo. Anzi. Alcuni di loro hanno il potere di influire pesantemente sull’assetto socio-economico dell’Occidente e del globo. Stiamo ai due di prima.

Un uomo come Musk, grazie alla flotta personale di satelliti Starlink, è in grado di divenire attore forte della nostra storia: ricordiamo che ha garantito immediatamente, all’indomani dello scoppio della guerra, le linee di comunicazione in Ucraina. Si ricordi, d’altra parte, che Zuckerberg ha dimostrato di poter determinare, a proprio piacimento, l’inclusione o l’esclusione di idee, pensieri e persone dai grandi canali di informazione digitale.

A prescindere da qualsiasi intervento giudiziario, arbitrariamente, subito dopo gli eventi di Capitol Hill, il tycoon dell’informazione ha potuto far fuori il tycoon-Presidente, Donald Trump, dai Social Media: Facebook, WhatsApp, Messenger, Instagram. Sul tema, si noti a margine, la Commissione Europea ha messo in piedi il Digital Service Act e il Democracy Act Plan, con l’intento, decisamente astratto, di confinare l’amministrazione dei “contenuti” (intendendo con essi anche i dati personali degli utenti) veicolati del colosso privato entro binari eminentemente democratici.

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Come già aveva scritto, un paio di anni fa, Bruno Maçães (European Council on Foreign Relations) sul New Statesman, il “miliardario tech” rappresenta l’idealtipo del terzo millennio. È il traghettatore storico, come lo erano stati nella storia i santi, gli esploratori, i rivoluzionari. È colui che fissa gli obiettivi epocali: Musk è un dominatore dello spazio in senso radicale, pioniere della nuova mobilità del denaro, della nuova mobilità elettrica, della nuova corsa allo spazio; Bezos si spinge a immaginare la colonizzazione della galassia stessa; Zuckerberg progetta, con Meta, la trasfigurazione del mondo virtuale nel definitivo luogo della democrazia universale. Tutto questo, e magari, nella retorica neopositivista, “per tutti”, a patto che si “lasci fare”: “non ci tassate troppo”, “non impediteci di agire sgusciando dalle gabbie degli ordinamenti”, “lasciateci il nostro patrimonio”, “lasciateci i nostri giocattoli costosi”. Se fosse solo questo il prezzo per il futuro

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In realtà è semplicemente la cronaca, la tavolozza dei fatti bruti, a indicarci in questa “futurologia” il rischio della mitizzazione. Mentre le testate giornalistiche rilasciano ancora qualche scampolo di notizia sul Titan, in Francia si accende una rabbia sociale, caustica, feroce e contagiosa. Più di tremila arresti in cinque giorni. Focolai in Svizzera e Belgio. Sembra aprirsi una voragine fra il racconto dei “ricchi del mondo ricco” e il dato crudo della marginalità. Due umanità si guardano senza riconoscersi? Polarità lontanissime?

Da una parte, aveva sottolineato ancora Maçães, i nuovi turisti del cosmo o degli abissi, i sanati dalle nuove tecnologie mediche, gli alfieri di una nuova sostenibilità da 120.000$ per automobile, dall’altra una polpa variegata fatta di delusi da un ascensore sociale quasi totalmente fallimentare, di incapaci di contrattazione, di incapaci di risparmio, di pagatori seriali di prestazioni sanitarie che lo Stato non riesce più realmente a fornire, di indebitati, di laureati e diplomati spinti nell’angolo dal mercato del lavoro. Forse, in questo senso, le banlieues francesi – come i nostri Primavalle, Zen, o Scampia – non paiono tanto come l’opposto negativo, ma come la membrana, la “buccia” della stratificazione sociale, l’epidermide reattiva e nervosa che per prima, e senza protezione, sente la scossa.

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Credo le notizie su Musk e Zuckerberg al Colosseo andrebbero seguite tendendo, nell’altra mano, un libro notevole come I Tempi del potere, di Christopher Clark. Un libro scritto nel 2019, prima della pandemia e della guerra in Ucraina, ma arrivato in Italia solo nel 2022. Eppure enormemente efficace anche per comprendere questi due vicinissimi snodi epocali: il potere costruisce sempre la “sua” storia, ci racconta il “suo” passato e promette il “suo” futuro. Nota a margine: Clark, australiano Regius Professor a Cambridge, vede nell’Unione Europea una via d’uscita…

Sebastiano Bertini

Lo Scavalco è una scorciatoia, un passaggio corsaro, una via di fuga. È una rubrica che guarda dietro alle immagini e dietro alle parole, che cerca di far risuonare i pensieri che non sappiamo di pensare.

Sebastiano Bertini è docente e studioso. Nel suo percorso si è occupato di letteratura e filosofia e dai loro intrecci nella cultura contemporanea. È un impegnato ambientalista. Il suo più recente lavoro è Nel paese dei ciechi. Geografia filosofica dell’Occidente contemporaneo, Mimesis, Milano 2021. https://www.mimesisedizioni.it/libro/9788857580340

Sebastiano Bertini

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