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Messina Denaro, i capi emergenti e l’occasione del PNRR: i dettagli della nuova relazione della Dia

E’ stata diffusa in queste ore la relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia. Si tratta di un documento di 453 pagine, come sempre molto dettagliato, che prende in esame un arco temporale che arriva fino al primo semestre 2022. Per intenderci, era ancora in carica il governo guidato da Mario Draghi e Matteo Messina Denaro risultava latitante, come nei 29 anni precedenti.

Nella parte dedicata alla provincia di Trapani, tuttavia, gli estensori della relazione hanno correttamente voluto aggiornare il testo che probabilmente avevano già scritto prima del 16 gennaio 2023, giorno dell’arresto del boss, nei pressi della clinica palermitana presso cui si era recato per sottoporsi a cure oncologiche. “Le molteplici e ininterrotte attività investigative degli ultimi anni, avviate a carico dei molteplici fiancheggiatori del boss, hanno contribuito ad indebolire la fitta rete di protezione, rendendone la latitanza sempre più difficoltosa”, si legge nel documento della Dia, che come di consueto entra poi nello specifico degli interventi effettuati nell’intervallo di tempo considerato. L’analisi del contesto conferma la tradizionale articolazione della provincia in quattro mandamenti (Alcamo, Trapani, Mazara e Castelvetrano), senza dimenticare “una significativa presenza di “logge massoniche” segrete o deviate che talvolta infiltrano il locale tessuto economico-sociale con interferenze negli apparati degli Enti locali e nella gestione degli appalti pubblici”. Pur evitando eclatanti episodi di violenza, per la Dia Cosa Nostra trapanese mantiene il proprio carattere “silente e mercatistico”, mirando al perseguimento dei propri interessi illeciti facendo leva anche su un forte legame con le consorterie statunitensi.

Tra i settori su cui si concentra il business della malavita trapanese c’è quello turistico-ricettivo, l’edilizia, le forniture di calcestruzzi e – in misura crescente – quello delle scommesse, come già emerso con le inchieste “Anno Zero” e “Mafia Bet” e i relativi processi. “È da ritenersi – si legge tra le pagine del documento della Dia – che cosa nostra trapanese continui a mantenere alto l’interesse nel settore del gaming, straordinario strumento per il riciclaggio dei capitali illeciti”.

Infine, sebbene non si evidenzino relazioni tra cosa nostra trapanese e la criminalità organizzata straniera, si ritiene confermata la presenza in provincia di Trapani “di sodalizi di matrice etnica prevalentemente dediti al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, al contrabbando di sigarette e allo spaccio “in strada” di sostanze stupefacenti”. Poco si legge sui rapporti con la politica, tornati alla ribalta dopo le sentenze di condanna emesse nei confronti dell’ex senatore Antonio D’Alì (dicembre 2022) e dell’ex deputato regionale Paolo Ruggirello (aprile 2023), ma relativi ad intervalli temporali diversi rispetto a quelli considerati dalla presente relazione

In generale, per quanto riguarda la Sicilia Occidentale emerge un quadro che conferma le ricostruzioni del recente passato (“permane una rigida struttura organizzativa, pur in assenza di un organismo decisionale di vertice che sembrerebbe non ancora formalmente ricostituito”) che appare destinato a ulteriori evoluzioni proprio in seguito all’arresto di Messina Denaro. Interessante quanto si legge a riguardo nell’articolato documento della Dia: “Per i sodalizi di cosa nostra palermitana e quelli delle province occidentali della Sicilia la prolungata assenza al vertice di una leadership solida e riconosciuta, nel rendere meno stringenti regole e vincoli gerarchici, starebbe favorendo l’affermazione a capo di mandamenti e famiglie di nuovi esponenti che vantano un’origine familiare mafiosa. Si assiste, nel contempo, al ritorno in libertà di anziani uomini d’onore che cercherebbero di riaccreditarsi all’interno dei sodalizi di riferimento. Le numerose operazioni di polizia, nonché l’incisiva attività di prevenzione antimafia impongono alle consorterie mafiose siciliane un continuo sforzo di adattamento e di riorganizzazione se non, addirittura, di rigenerazione. Le recenti investigazioni hanno anche mostrato come molti detenuti mafiosi, tornati in libertà, sono stati nuovamente coinvolti nelle dinamiche criminali dei sodalizi di appartenenza”.

Cosa Nostra dimostra che il ricambio generazionale è tra i suoi principali pensieri, per riconsolidare la propria posizione e creare nuovo consenso intorno alle proprie azioni. Così, da un lato “continua ad esercitare la propria “capacità attrattiva” sulle giovani generazioni non solo nel caso in cui esse siano espressione diretta delle famiglie mafiose ma, anche e soprattutto, quando esse facciano parte di un bacino di reclutamento più ampio da cui attingere manovalanza criminale”; dall’altro preferisce agire senza far troppo rumore, limitando azioni eclatanti per non generare allarme o discredito nella pubblica opinione e perseguire i propri obiettivi di arricchimento e acquisizione di maggiori e nuove posizioni di potere.

Una tendenza all’inabissamento che si trascina da anni, nella convinzione – probabilmente fondata – che la mimetizzazione nel tessuto sociale faciliti l’infiltrazione nel tessuto economico-produttivo (anche avvalendosi delle complicità di imprenditori e professionisti, di esponenti delle istituzioni e della politica formalmente estranei ai sodalizi). Opportunità storiche per il rilancio economico del Paese, come gli interventi legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza o alle Olimpiadi Milano-Cortina 2026, senza controlli adeguati rischiano di trasformarsi in ulteriori occasioni di business per le mafie, abituate a seguire il denaro come segugi.

Vincenzo Figlioli

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