Il Reddito di cittadinanza, come era prevedibile, cambia nuovamente regole con il nuovo “decreto lavoro“. Si punta a una ridefinizione dell’offerta di lavoro che non si può rifiutare per non perdere definitivamente il sussidio. In realtà questa era l’originale obiettivo del RdC, che aveva iniziato a chiamare per i primi colloqui nel gennaio 2020 e poi, a causa del primissimo lockdown da Coronavirus, tutto si è fermato.
Per gli “occupabili” il reddito di cittadinanza nel 2023 resta solo per 7 mensilità e decade già dopo il primo rifiuto ad un’offerta anche non “congrua”. Per i 18-29enni che non hanno finito la scuola dell’obbligo è subordinato alla frequenza di corsi formativi. La quota dell’assegno destinata all’affitto sarà pagata direttamente ai proprietari.
alle persone tra 18 e 59 anni (abili al lavoro ma che non abbiano in famiglia disabili, minori o persone a carico con almeno 60 anni d’età) il reddito di cittadinanza viene riconosciuto solo per 7 mensilità invece delle attuali 18 rinnovabili. Nel testo della manvora inviato alle Camere vengono introdotte anche altre novità. A partire dal 2023 anche chi rifiuterà una sola offerta di lavoro perderà il beneficio e sarà obbligatorio frequentare un corso di formazione o riqualificazione professionale (pena la decadenza del sussidio).
Il sussidio non sarà dunque cancellato a tutti i percettori, ma solo a coloro che sono tenuti a sottoscrivere il patto per il lavoro, hanno meno di 60 anni e nel cui nucleo familiare non ci sono disabili, minorenni o persone con più di 60 anni. Nel 2024 poi ci sarà una nuova revisione della misura.
Rimane il criterio di territorialità: la normativa in vigore finora prevedeva che l’offerta di lavoro dovesse essere idonea, sulla base di diversi parametri: il luogo di lavoro doveva trovarsi entro 80 km o 100 minuti di viaggio con mezzi di trasporto pubblici; la retribuzione non doveva essere inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi; l’impiego doveva essere a tempo pieno o con un orario di lavoro non inferiore al 60 per cento dell’orario a tempo pieno previsto nei contratti collettivi; il contratto doveva essere a tempo indeterminato, determinato o di somministrazione; il lavoro doveva essere coerente con le esperienze e le competenze maturate.
Bisognerà capire cosa si intenda per “offerta congrua”. Il Governo Meloni sta pensando anche alla possibilità di cambiare nome al Reddito di Cittadinanza. Ma sarà tutto da vedere.
Secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio potrebbero perdere il beneficio, il 38.5% dei nuclei familiari (e il 23% delle persone) che oggi lo ricevono. Si tratta di percentuali che corrispondono a circa 400mila famiglie e oltre mezzo milione di individui.