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Violenza sulle Donne: 104 femminicidi in Italia, solo il 4,3% denuncia secondo l’Istat

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il 25 Novembre 2022, sono stati resi i noti i dati raccolti dall’Istat ed elaborati da Angolodonne. it sulle chiamate al 1522 e quelli della direzione centrale della Polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza che contano dal 1° gennaio fino al 23 novembre, ben 104 donne uccise in Italia.

Come invece si evince dall’Istat, le chiamate raccolte al numero antiviolenza prendono in considerazione i dati raccolti a partire dal 2018, seguendo un andamento in discesa fino al 2020, quando sono state registrate 2.103 richieste di aiuto, in concomitanza con il lockdown e quindi con la ‘costrizione’ a stare in casa. A partire dal primo trimestre del 2020 le chiamate al numero 1522 sono aumente, fino a toccare il picco delle 4.310 chiamate annue all’inizio del 2021. La situazione sembra poi “normalizzarsi” lo scorso anno, registrando una diminuzione dei casi, che scendono alle 2.966 segnalazioni del 2022.

La regione che ha il triste ruolo di capofila è la Lombardia, con 495 chiamate registrate nel primo trimestre nel 2022, seguita da Lazio (388) e Campania (295). La Sicilia è al 10° con 143 chiamate d’emergenza per abusi e minacce. A far intendere che la violenza maggiore è “di genere”, il dato registrato dall’Istat: solo il 2% degli uomini si è rivolto al numero antiviolenza nel primo trimestre del 2022, a fronte del 97,9% delle donne. 

La stragrande maggioranza delle vittime risulta avere un’età compresa tra i 35 e i 45 anni (39,5%), sebbene anche il 2% dei minorenni si rivolga al 1522. A riprova che – come giorni fa avevano dichiarato dal Centro Antiviolenza marsalese “La Casa di Venere” – ad essere vittime di violenza e atti persecutori sono tutte le donne di tutti i ceti sociali, e non solo di quelli fragili; a subire le violenze sono soprattutto donne nubili (42,7%) o coniugate (33,7%), per la maggior parte in possesso di un’occupazione (35,7%) e di nazionalità italiana (83,7%).

In quanto al titolo di studio, si va per vie generali: il 23% dichiara di essere in possesso di una licenza media superiore e il 13,3% di una laurea.

A prevalere sono le violenze domestiche. Il maltrattante infatti, è il marito della vittima nel 31% dei casi, ma anche il suo convivente nel 13,9% dei casi e l’ex partner nel 10,9%. Tra gli autori degli abusi spiccano anche i genitori (5,3%), i figli (4,3%), i fratelli della vittima (2,7%).

A denunciare casi di maltrattamenti, sono per lo più vittime senza figli (il 37,8%), seguite dalle vittime con figli minori (30,1%) e con figli maggiorenni (23,9%). Ciò in parte a dimostrazione che chi ha figli tende a sopportare di più per evitare problemi ai figli, in una, però, sbagliata convinzione. Essi infatti, sono i primi ad assistere agli abusi nelle mura domestiche (il 34,4%) anche se non subiscono danni fisici, mentre il 13,2% subisce anche le violenze fisiche. Nel 32,1% dei casi, invece, i figli non assistono né subiscono alcun tipo di violenza. Il 3,6% delle vittime dichiara di non sapere se i figli vengono maltrattati.

Anche se i ragazzi non subiscono violenze fisiche, non vuol dire che non ne ricavino danni psicologici; le conseguenze nei confronti dei figli sono: inquietudine (26,3%), aggressività (5,3%) e disturbi del sonno (1,1%), atteggiamenti iperprotettivi nei confronti del genitore maltrattato nel 4,7% dei casi.

L’Istat fornisce anche un “identikit” del maltrattante: si tratta nel 90,6% dei casi di un uomo di nazionalità italiana, appartenente alla cerchia familiare. Uscendo dalla propria abitazione, il 2,1% delle violenze avrebbe luogo sul posto di lavoro, in strada (1,3%) e in casa altrui (3,1%).

L’ultimo dato preoccupante è indubbiamente quello delle denunce: lo fa solo il 4,3% delle donne vittime di episodi di maltrattamento. Non lo fanno per paura di compromettere la famiglia, perchè spesso sono vincolati economicamente al marito e non sanno dove andare, per il timore di deludere; in altri casi c’è poca fiducia nelle Forze dell’Ordine: non sono frequenti i casi, reiterati, di uomini che tornano a ricomettere gli stessi reati di violenza. 

redazione

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