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L’indignazione e l’obiezione

Il 28 settembre scorso, si è celebrata la giornata internazionale dell’aborto sicuro. Un tema che sta tornando attuale più che mai e che da qualche anno è entrato anche nelle tribune politiche. Ciò alla luce, in queste ultime ore, del caso di cronaca che ha visto un neonato abbandonato in una strada rurale di Paceco, dentro un sacco di plastica e con ancora il cordone ombelicale attaccato.

Se non fosse stato per una signora che si è accorta del vagito del piccolo e per i Carabinieri e il 118 giunti subito sul posto, Francesco – questo il nome che gli hanno dato in ospedale nel giorno del Santo Patrono d’Italia – non ce l’avrebbe fatta.

Una vicenda che ha mosso subito diversi esponenti politici, si spera per un serio e definitivo intervento in Regione e in Parlamento. Si torna a discutere del tema dei medici obiettori, dell’importanza dell’informazione sessuale sin dalle scuole – ridotta oggi all’osso -, di una modifica della legge 194 sull’interruzione di gravidanza.

Una maggiore consapevolezza su come evitare gravidanze indesiderate per qualsivoglia motivo (età, ragioni economiche, lavoro, violenza, ecc.) significherebbe non assistere più a certi fatti di cronaca drammatici. E sia chiaro: vicende drammatiche spesso non solo per il neonato abbandonato, ma anche per la storia che c’è dietro, che al momento non è di dominio pubblico e che nessuno può giudicare al di là del gesto. Ricordiamo pure quando nel 2020 una 17enne di Trapani partorì nel bagno di casa per poi gettare il neonato dal balcone. Uno strazio vivo nella mente di tutti.

La legge 194, nel regolare l’aborto volontario entro i 3 mesi, riconosce altresì i medici obiettori, come recita il passaggio: “L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”. Ed è questo il grosso limite.

Un nodo arrivato al pettine quando il Consiglio comunale di Marsala approvò il registro dei bambini mai nati per legittimare il seppellimento dei feti abortiti. Registro poi abolito dall’attuale Assise Civica. Tra l’altro, a dire il vero, come si può approvare un registro se in Provincia di Trapani, così come nel resto d’Italia, i medici negli ospedali per oltre l’80% sono tutti obiettori? Addirittura nel nosocomio marsalese il 100% del personale sanitario è obiettore di coscienza e quindi rifiuta di praticare l’aborto.

Altra questione di non poco conto, in tema di tutela della donna, della madre, del neonato e dei diritti dell’infanzia: quanti presidi ospedalieri in Sicilia e in questa Provincia applicano il DPR 396/2000, art. 30 comma 2 che consente alla madre di non riconoscere il bambino e di lasciarlo in ospedale in una culla termica? Quante culle termine ci sono nel trapanese per accogliere un neonato non desiderato o che una donna vuole dare in adozione?

Questo sarebbe un importante passo affinché venga assicurata l’assistenza e la tutela giuridica a un bambino e alla madre che in questo modo può ricevere le cure necessarie dopo il parto senza essere giudicata o perseguita giudizialmente e nel rispetto delle leggi.

Siamo nel 2022 ed è ora di porsi in maniera critica nei confronti di alcuni dilemmi etici. Eutanasia, omotransfobia, aborto, cannabis legale, non riescono ancora a trovare ampia discussione e tutela nei palazzi di Governo.

Claudia Marchetti

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