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Nuovi reperti al largo di Levanzo: ritrovate 26 monete romane, puniche ed ellenistiche

I fondali a nord-ovest dell’Isola di Levanzo, teatro dello scontro che nel 241 a.C. vide contrapporre romani e cartaginesi nella, hanno restituito in questi giorni nuovi tesori. Sono state trovate e recuperate, infatti, dai subacquei altofondalisti della SDSS (Società per la Documentazione dei Siti Sommersi), diretti da Mario Arena, in raccordo con la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, 26 monete di origine romana, punica ed ellenistica appartenute con molta probabilità a soldati e marinai morti durante lo scontro.

I ritrovamenti, rinvenuti in un unico areale in prossimità di Ram 23 ad oltre 80 metri di profondità, fanno emergere elementi circa la natura internazionale della Prima Guerra punica. Se il nascondiglio fosse il risparmio di sfortunati soldati avversari o di marinai morti combattendo sulla stessa nave, o se fosse il bottino raccolto dai soldati prima che la nave affondasse, si può solo immaginare. Ciò che è evidente è che la collezione proviene da tutto il Mediterraneo, comprese monete della Repubblica Romana, Cartagine, Gerone II il Tiranno di Siracusa in Sicilia, Tolomeo III Evergete d’Egitto, Neopoli in Campania e una sola moneta d’argento proveniente dalla città greca di Velia in Lucania, Italia.

La collezione di monete ritrovate illumina la storia sociale ed economica dell’epoca. Al tempo della guerra punica, infatti, la Repubblica Romana utilizzava pesanti monete di bronzo fuso, che valevano letteralmente il loro peso. Mentre nello stesso periodo altre società, come i Cataginesi e i Greci, producevano monete di bronzo, argento e oro che erano opere d’arte stampate su un dado, e rappresentavano valore, oltre ad essere intrinsecamente preziose.

Per Mario Arena della SDSS “Ogni nave racconta una storia diversa. Sappiamo molto sulle battaglie navali, ma relativamente poco sulle navi da guerra stesse e sui loro equipaggi, quindi ogni oggetto che recuperiamo aggiunge elementi alla nostra conoscenza”.

“Il sito della Battaglia delle Egadi – evidenzia il Soprintendente del Mare, Ferdinando Maurici – è l’unico sito di battaglia navale antico conosciuto e il recupero delle monete, come anche di alcuni arieti in bronzo, o dei rostri, da parte della Fondazione Nautica RPM in collaborazione con la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana ha notevolmente migliorato le conoscenze degli archeologi marittimi sull’antica merce navale. I manufatti ritrovati – dalle anfore, ai rostri, alle monete – diventano prezioso contributo per gli archeologi che li aiuta a ricostruire lo scenario e a definire nel dettaglio gli accadimenti oltre alle dimensioni e tipo di navi da guerra”.

Per le indagini in profondità oltre alle competenze degli operatori subacquei, sono necessari strumenti ad alta tecnologia quali ROV, metal detector, imbragature per il recupero degli oggetti. Le ricerche, che vedono coinvolti numerosi soggetti e istituzioni, hanno visto la collaborazione attiva dell’università di Malta che è intervenuta con un sofisticatissimo mezzo sottomarino autonomo (AUV) e la qualificatissima consulenza del Prof. Timmy Gambin, titolare dell’insegnamento di Archeologia Marittima ed egli stesso esperto subacqueo altofondalista.

Prezioso il contributo offerto dalla Capitaneria di Porto di Trapani, dal Comune di Favignana, dall’AMP delle Isole Egadi e dalla Direzione dell’ex stabilimento Florio.

redazione

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