Per la rassegna “morsi & sorsi di libri”, la rassegna culturale organizzata da Lillo Gesone e coordinata da Salvatore Inguì, responsabile di Libera Provinciale, non solo libri ma anche impegno ai diritti civili e dialogo sulla lotta alla mafia.
Lo si è fatto con il giornalista Marco Bova, che ha presentato il suo ultimo libro “Matteo Messina Denaro, latitante di Stato – Magistratura, forze dell’ordine, massoneria: tutta la verità sulle piste affossate”. Alla presenza del senatore Nicola Morra, ex pentastellato e attuale Presidente della Commissione parlamentare Antimafia.
Nel corso dell’incontro si è parlato di tutte le indagini condotte per la cattura del superlatitante castelvetranese e le “strade sbagliate” che sono state più deleterie che altro. “Mi faccio qualche domanda su chi aveva il potere di arrestare Messina Denaro portando invece a processo Maria Teresa Principato e Marcello Viola, rispettivamente ex procuratore aggiunto di Palermo e procuratore capo di Trapani – afferma Bova -. Qui non si parla del latitante ma dell’attività giudiziaria condotta”.
Morra risulta molto lucido sull’argomento: “Sembra che Matteo Messina Denaro sia più impegnato a scappare e a conservarsi in buona salute più che a esercitare il suo potere di numero uno della mafia. Credo che la forza di cosa nostra sia la vigliaccheria e l’ignoranza di chi dovrebbe combattere i fenomeni e di fatto non lo fa. Messina Denaro è diventato simbolo per chi coltiva il mito, veritiero o meno, dell’inefficienza e inefficacia dello Stato”.
Istituzioni e potere. Di questo si è parlato dopo l’imbeccata di Inguì che ha chiesto se quindi c’è un reticolo di magistrati e polizia che, in qualche modo, consente la latitanza di “MMD”. “La mafia è una relazione non compresa dagli altri”, sostiene Morra che ricorda come nel settembre 2021 Messina Denaro fu individuato al nord su indicazione della Direzione Distrettuale di Trento; poi le successive vicende “poco trasparenti” hanno portato alla conclusione che quell’individuo non era il superlatitante, dicendo espressamente che il libro di Bova getta un pò d’ombra sulla magistratura che dovrebbe cercare e catturare i latitanti.
“Forse Messina Denaro è anche il depositario di verità inconfessabili della nostra storia e che il potere non ci vuole offrire perché spesso pur di perpetuarsi il potere fa ‘schifezze’ – continua il senatore -. Messina Denaro ha la capacità di intimidire, minacciare, condizionare il potere e quest’ultimo continua a lasciarlo latitare, diventando il simbolo dell’organizzazione mafiosa, perché la mafia si nutre di simboli. E ciò rafforza la convinzione che certi fenomeni siano invulnerabili. Qualcuno dice che la mafia è un fenomeno umano e come tutti ha un inizio e una fine; io aggiungo che la fine ci sarà se la si vuole altrimenti la mafia sopravviverà ancora per generazioni”.
Nel corso dell’incontro, sono stati tracciati pure i profili di Angelino Alfano e di Silvio Berlusconi, ricordando la nota prescrizione del fondatore di Forza Italia. Morra ne prende atto davanti al pubblico marsalese che non risparmia neppure di criticarlo quando parla del voto degli italiani, un voto spesso espresso nell’urna nei confronti di soggetti che in realtà dovrebbero essere ineleggibili in un Paese giusto. “È una Repubblica finalizzata a fare campare di mala giustizia, di contenziosi. Una società così consuma energie infinite per qualcosa di negativo”, dice, lasciando un messaggio comunque positivo: “Noi abbiamo un dovere: migliorare la terra che viviamo e fare giustizia”.