Categorie: AgricolturaAperturaApertura homeProvincia

Paratoie aperte alla Diga Trinità, cinque Cantine Sociali lanciano l’allarme

Le temperature sopra la media, in Sicilia, fanno già presagire l’emergenza idrica che nei prossimi mesi metterà a rischio soprattutto l’agricoltura, aggiungendosi alla crisi energetica dettata dalla guerra in corso. In previsione dei mesi di siccità che attendono l’isola, dalla provincia di Trapani arriva il grido d’allarme dei proprietari dei fondi rientranti nel comprensorio della Diga Trinità, il bacino artificiale che alimenta tanti vigneti della zona.

A lanciare l’appello alle istituzioni sono i presidenti delle cantine Colomba Bianca (Dino Taschetta), Paolini (Gaspare Baiata), Europa (Nicola Vinci), Petrosino (Vincenzo Ampola) e Birgi (Giuseppe Monteleone), che nei giorni scorsi si sono riuniti per fare il punto sul tema. «Ormai da diverse settimane – denunciano coralmente i presidenti – le paratoie della Diga Trinità sono aperte, provocando la fuoriuscita di rilevanti metri cubi di acqua che vengono riversati 24 ore su 24 in mare. Se questa situazione non verrà fronteggiata al più presto, la Diga disporrà di un quantitativo di acqua di 3 milioni di metri cubi, a fronte di una capacità massima di 18 milioni, limitando l’irrigazione estiva di emergenza nei vigneti».

La diga Trinità – a regime – potrebbe servire circa 6.000 ha di vigneti, che hanno un fabbisogno idrico annuo che si attesta attorno a 6 milioni di metri cubi e che non può essere sostenuto con le sole piogge. «Un’annata siccitosa – continuano i presidenti – oltre alla perdita di gran parte della produzione, rischierebbe di far disperdere anche buona parte del nostro patrimonio. Provando a fare una stima economica, la produzione del nostro territorio servito dalla Diga Trinità, è di circa 600mila quintali di uva che, moltiplicata per una media di 40 euro a quintale, corrisponde a 24 milioni di euro. Perdere anche solo il 20% vuol dire buttare al vento 4,8 mln, ovvero fare cadere in rovina centinaia di famiglie».

«Il ministero competente (Infrastrutture), nelle more di acquisire da parte del gestore, ovvero l’assessorato regionale all’Energia, ulteriori verifiche tecniche – continuano i presidenti – ha abbassato ulteriormente la quota d’invaso portando a circa 3 milioni il volume disponibile per l’irrigazione. Standard che sono molto al di sotto delle esigenze consortili. Tutto ciò nelle more che si potessero ridefinire in tempi celeri tutte le prescrizioni e si potessero ripristinare i parametri utili alla causa. C’era tutto il tempo utile, in questi mesi, per aprire le condotte e svolgere la manutenzione degli impianti. Ma c’è un intreccio di competenze che si trasforma spesso in immobilismo».

Contattati da agricoltori e associazioni di categoria che hanno riferito della delicata situazione attuale (paratoie aperte e ingenti perdite di volume d’acqua) i cinque presidenti chiedono con urgenza l’intervento del ministero per lavorare fin da subito – sia tecnicamente che amministrativamente – per la programmazione del prossimo anno. «È un problema politico: il bene più prezioso che abbiamo, l’acqua, non viene gestito adeguatamente dagli enti competenti. Occorre ascoltare la voce di chi conosce davvero questa terra e sa qual è la strada più giusta per preservarla».

redazione

Condividi