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Processo Artemisia: l’ex onorevole Lo Sciuto e il suo interesse per i finanziamenti dell’Anfe

Davanti al collegio dei giudici, presieduto dal dottore Franco Messina e a latere i dottori Edoardo Bandiera e Mauro Cantone, si è svolto, nella tarda mattinata di ieri, il processo a carico dell’ex deputato regionale del Ncd, Giovanni Lo Sciuto e altri 17 soggetti.

Nell’Aula Bunker del tribunale di Trapani è stato esaminato dal pubblico ministero, la dottoressa Francesca Urbani (rappresenta l’accusa insieme al sostituto procuratore Sara Morri), il maggiore dei carabinieri Diego Berlingeri che ha condotto le indagini dell’operazione del 2019 sulle logge massoniche segrete nel territorio della Provincia, denominata Artemisia. L’esame del teste era iniziato nel corso della scorsa udienza.

Tra i temi affrontati ieri, vi è stato quello dell’interessamento dei livelli centrali del ministero dell’Interno per lo sblocco dei finanziamenti, da parte della Regione Siciliana, destinati alla formazione professionale e, in particolare, all’Anfe, ente di cui era amministratore Paolo Genco (imputato nel processo in corso). Nello specifico, l’ex parlamentare dell’Assemblea Regionale Siciliana si sarebbe prodigato per favorire un incontro tra il Genco e il prefetto Mario Morcone, allora a capo del Dipartimento delle Libertà Civili e dell’Immigrazione. Detto incontro sarebbe avvenuto poi il 6 marzo del 2015. L’organizzazione di tale appuntamento si sarebbe resa possibile tramite il canale istituzionale attivato da Lo Sciuto: Giovannantonio Macchiarola, capo segreteria dell’allora ministro dell’Interno Angelino Alfano. Le conversazioni captate dalla polizia giudiziaria avrebbero consentito di apprendere anche precedenti incontri svoltisi tra Lo Sciuto e il Macchiarola, ai quali avrebbe preso parte anche l’ex onorevole Francesco Cascio (oggi candidato sindaco di Palermo ndr) per perorare il progetto dell’ente di formazione Anfe, per l’appunto. L’esito dell’incontro tra Paolo Genco e il prefetto Morcone sarebbe stato appreso nel corso della conversazione tra Lo Sciuto e Macchiarola. Il contenuto, però, sarebbe stato poi rivelato nel dialogo intercettato tra l’ex deputato regionale e l’ispettore Salvatore Passanante del commissariato di polizia a Castelvetrano (imputato). Dunque, il 7 marzo del 2015, Giovanni Lo Sciuto gli avrebbe raccontato come erano andati i fatti, lamentandosi dell’atteggiamento del Macchiarola, dovendolo inoltre interrompere perché non sarebbe stato prudente trattare la tematica dell’incontro per telefono. Secondo la tesi del Lo Sciuto, il capo della segreteria di Alfano gli avrebbe risposto che sapeva con chi si interfacciava e per tale motivo gli avrebbe detto “Minchia quelli sono al ministero dell’Interno, sanno tutto!”. Giovannantonio Macchiarola, pertanto, avrebbe potuto parlare liberamente al telefono perché sarebbe stato al corrente del fatto che all’epoca non vi era alcuna attività di intercettazione sull’ex parlamentare regionale. Parlando, invece, con il suo collaboratore Giuseppe Berlino (imputato), Giovanni Lo Sciuto gli avrebbe spiegato che l’attivazione di suddetti canali istituzionali, volta ad aiutare l’Anfe, sarebbe stata inoltre finalizzata all’assunzione presso il menzionato ente di persone segnalate da parte del parlamentare regionale.

Di un ulteriore visita al Viminale da organizzare per Paolo Genco, la polizia giudiziaria sarebbe poi venuta a conoscenza nel corso della conversazione tra Lo Sciuto e il Macchiarola, il 22 aprile del 2015. Il primo avrebbe chiesto al secondo di far accreditare anche Gaetano Calà, soggetto che si sarebbe occupato di questioni tecniche concernenti l’Anfe. Comunque, detto appuntamento, calendarizzato nel pomeriggio della stessa giornata, non si sarebbe poi verificato a causa di altri impegni concomitanti del legale rappresentante dell’ente di formazione. Lo Sciuto si sarebbe poi lamentato con il Berlino per il mancato incontro di Genco con i suoi canali istituzionali. L’impegno dell’ex parlamentare regionale nei confronti del settore della formazione sarebbe venuto fuori anche nel dialogo del 10 marzo del 2015, nell’auto del suo collaboratore e di ritorno da un incontro con Paolo Genco e il direttore dell’Einap, Carmelo Sferro, per progetti riguardanti l’impiego di operatori Osa e Oss. Sbloccando i fondi per la formazione, anche in questa circostanza vi sarebbe stata la possibilità di impiegare persone segnalate da Lo Sciuto. Altro caso emblematico, riferito dall’ufficiale dei carabinieri, è stato quello relativo all’assegnazione all’Anfe di aule per svolgimento di corsi di formazione da parte dell’Istituto Dolci di Castellammare del Golfo. Inizialmente, dette aule sarebbero state individuate dal preside Camillo Navarra, sostituito poi dal nuovo dirigente scolastico, Loana Giacalone (parte civile nel processo). Il finanziamento del progetto Anfe era subordinato alla disponibilità delle classi, quindi, non sarebbe stato erogato se i corsi non fossero partiti entro il mese di marzo. Il genero di Paolo Genco, Diego Genua, avrebbe cercato di far mutare parere alla presiede, temendo che in sede di consiglio di istituto negasse tale disponibilità: prima, attraverso un’interlocuzione con il sindaco Nicolò Coppola per intervenire sulla medesima; successivamente, tramite una manifestazione di protesta. Infatti, la preside Giacalone aveva deciso di affidare le aule ad un istituto pubblico, anche se l’Anfe aveva inoltrato regolare richiesta prima. Riconoscendogli una natura privatistica, il consiglio di istituto ne aveva rigettato per l’appunto la richiesta. Dal momento che la dirigente scolastica era di origine castelvetranese come Giovanni Lo Sciuto, il Genua avrebbe anche contattato l’ex deputato regionale per cercare un aggancio con la stessa. In un primo momento, sarebbe stato coinvolto anche il sindaco di Castelvetrano Felice Errante (imputato). Successivamente, Lo Sciuto avrebbe contattato Antonino Mistretta, a lui vicino politicamente (nell’agosto del 2015 è stato designato coordinatore dell’Ndc a livello comunale su indicazione di Giovanni Lo Sciuto e Francesco Cascio), il quale avrebbe dovuto mediare con il sindaco Coppola. Dopo qualche giorno, comunque, sarebbe avvenuto un attacco mediatico dell’Anfe nei confronti dell’allora primo cittadino, il quale si era allineato alla posizione della dirigente, sostenendo che era stata preferita l’assegnazione delle classi ad un istituto pubblico. Il 10 aprile 2015, nel corso della conversazione tra Errante e Lo Sciuto, si sarebbe appreso il reale scopo dell’ex parlamentare regionale nel sostenere la causa dell’Anfe: l’avvio dei corsi gli avrebbe consentito di far assumere insegnanti da lui segnalati. Durante, invece, un dialogo con Isidoro Calcara, collaboratore del Lo Sciuto, e Vincenzo Chiofalo, allora assessore al bilancio e vicesindaco a Castelvetrano, entrambi imputati nel processo in corso, l’ex parlamentare regionale avrebbe ribadito che il suo rapporto con Paolo Genco gli avrebbe garantito un appoggio in vista delle successive consultazioni elettorali. Nel mese di maggio 2015, Lo Sciuto avrebbe comunicato al Genco l’approvazione nella finanziaria regionale di un emendamento per sovvenzionare dei tirocini nell’area della formazione. Sempre nell’ambito della quinta commissione parlamentare siciliana, l’allora deputato avrebbe portato avanti iniziative politiche finalizzate a tale settore. Il 10 ottobre 2015, durante una conversazione tra Lo Sciuto e Passanante, sarebbe stata prospettata dal primo la possibilità di inserire nuovo personale all’interno dell’Anfe, a causa del pensionamento di diverso personale. Tra i neoassunti avrebbe potuto figurare anche la moglie dell’ispettore, Audenzia Bacchi. Nello specifico, si sarebbe trovata nella situazione di quei soggetti che, avendo già lavorato presso l’ente di formazione, avrebbe potuto essere richiamata.

Nel corso dell’udienza, il tribunale ha rigettato la richiesta di assoluzione di Vincenzo Barone, segretario comunale dei comuni di Erice e di Buseto Palizzolo, avanzata precedentemente dal suo avvocato, Giovanni Lentini. Inoltre, il legale di Giovanni Lo Sciuto, l’avvocato Celestino Cardinale, ha sollevato l’eccezione sull’esame del maggiore Berlingeri relativamente all’esposizione, mediante lettura, delle intercettazioni contenute nella sua informativa. Invece, il sostituto procuratore Urbani ha chiesto al collegio dei giudici di esprimersi con ordinanza scritta su come procedere in futuro per l’esame del teste. Nel corso dell’udienza, rispondendo all’opposizione dell’avvocato Luigi Miceli, difensore di Felice Errante, aveva ribadito che l’orientamento della Cassazione del 2019, secondo cui non vi sarebbe alcun divieto o vincolo affinché il teste di polizia giudiziaria riferisca sul contenuto dell’intercettazione né sulla sua versione.

La prossima udienza si terrà il 23 maggio.

redazione

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