Almeno 70 deposizioni funerarie infantili scoperte in tre anni di ricerca sull’isola di Mozia. Una necropoli dedicata ai bambini separata da quella degli adulti, seppur contigua. È questa una delle novità illustrate oggi al Centro “Ettore Majorana” di Erice nel corso del convegno “Oltre gli Elimi”, organizzato dal Parco archeologico di Segesta. A illustrare i risultati degli scavi a Mozia è stata Paola Sconzo, docente di Archeologia fenico-punica e archeologia del vicino Oriente presso l’Università di Palermo. L’Ateneo siciliano scava sull’isola dal 1979 e tornerà a farlo anche quest’anno. Mozia, così come Pantelleria, Palermo e Solunto rappresenta il territorio attorno al popolo degli Elimi che vissero a Segesta, Entella ed Erice. Ecco perché oggi a Erice sono stati illustrati i risultati degli scavi.
«I reperti scoperti nelle ultime campagne nella Necropoli infantile di epoca fenicio-punica (VII-VI sec. A.C.) ci hanno permesso di capire che ad essere sepolti in quest’area non erano soltanto infanti e bambini, ma anche di feti, probabilmente frutto di aborti. Questi venivano sepolti all’interno di anfore e giarette – ha detto la professoressa Sconzo – sono anche presenti numerose fossette con cenere che, non è escluso, venivano utilizzate per rituali. Quello che è emerso è, comunque, l’attenzione molto particolare ai più piccoli che gli abitanti dell’isola riservavano. La Necropoli infantile era un’area cimiteriale vissuta e questa la rende, al momento nel campo della ricerca archeologica, un “unicum” nell’area del Mediterraneo».
«Per quel poco che è possibile dire sembrerebbe una lingua che ha alcuni elementi linguistici imparentati con lingue dell’Italia antica, ma c’è anche una presenza forte di elementi presi dal greco», ha detto Carmine Ampolo, docente emerito della Scuola Normale di Pisa. Ampolo ha presentato a Erice il volume monografico “Iscrizioni anelleniche di Sicilia. Le iscrizioni elime appendice 1978-2020” di Luciano Agostiniani, pubblicato per “Elymos”, Quaderni del Parco archeologico di Segesta. «Al momento ci sono numerose informazioni circa i rapporti degli Elimi con le altre popolazioni della Sicilia e con Cartagine e quelli molto stretti, sia pure per un periodo non lunghissimo, con Atene», ha concluso Ampolo.
Attorno al mondo degli Elimi anche l’insediamento di Mursia a Pantelleria è individuato come territorio a confine. Stamattina a parlare degli scavi è stato Maurizio Cattani dell’Università di Bologna. «Quello di Mursia è uno dei contesti meglio conservati del Mediterraneo – ha detto Cattani – in questi anni di scavi abbiamo documentato la forma delle 50 capanne già studiate, lo stile di vita e l’aspetto della preparazione del cibo». Da qui lo studio specifico degli alari: «la forma di quelli che abbiamo trovato a Mursia è molto originale fatto di un blocco di terracotta con due appendici. Dal nostro studio gli alari provenienti da Mursia sono i più antichi messi a confronto con quelli di Ustica e Castelluccio, risalenti al 1800-1450 a.C.». Il professor Cattani ha, altresì, chiarito come chi ha abitato il sito di Mursia di Pantelleria aveva rapporti con la Sicilia: «Questo è stato documentato dalle ceramiche e dagli oggetti di uso quotidiano rinvenuti».
«La due giorni di Erice ci ha permesso di fare un ulteriore passo nello studio degli Elimi – ha detto il direttore del Parco di Segesta Rossella Giglio – grazie al contributo di chi ha fatto ricerca su tutto il mondo che ruotava attorno agli Elimi, abbiamo avuto la possibilità di approfondire la rete di scambio, di interessi, di produzione che connotava il Mediterraneo».