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Caso Sappusi, parla Inguì: “Ci si interroghi sul valore inclusivo della scuola”

Una vita professionale dedicata all’impegno civile e ai ragazzi che vivono condizioni di grave disagio sociale. Per molti di loro, Salvatore Inguì rappresenta il volto umano dello Stato, quello che non giudica e non esclude, ma ascolta e coinvolge. Con la sua esperienza e la sua credibilità, ma soprattutto da direttore dell’Ufficio Servizio Sociale per Minorenni di Palermo del Ministero della Giustizia, Inguì lo scorso settembre è stato ascoltato dalla Commissione Regionale Antimafia, nell’ambito dell’indagine sulla condizione minorile in Sicilia. Tra i vari spunti contenuti nella relazione finale, approvata all’unanimità dalla Commissione, ha fatto molto discutere il caso verificatosi presso la scuola “Asta-Sturzo” di Sappusi, su cui si è scatenato un acceso dibattito e l’interessamento dei media e della politica nazionale (il Pd ha presentato un’interrogazione al Ministro Bianchi, a riguardo).

“Sono stato convocato dalla Commissione Regionale Antimafia nel mese di settembre del 2021 – racconta Inguì alla nostra redazione -. Qualche giorno prima, mia sorella Elvira, che lavora in quella scuola, mi chiama perchè aveva ricevuto da alcune colleghe una segnalazione, a proposito di una prima elementare che era stata formata, utilizzando criteri piuttosto uniformi”. Come spiegato alla Commissione Antimafia, Inguì conferma che tutti i bambini in elenco risultavano figli di genitori che avevano avuto problemi con la giustizia. “Quando sono andato in Commissione parlamentare in rappresentanza dell’Ussm di Palermo, e quindi del Ministero della Giustizia, mi è sembrato giusto citare quest’episodio a proposito del rapporto tra criminalità e istituzione scolastica, spiegando che talvolta la scuola può essere escludente. A distanza di qualche giorno mi è stato riferito che la classe era stata cambiata e i ragazzi distribuiti in maniera diversa”.

Il clamore mediatico dei giorni scorsi ha però portato sia la dirigente Anna Maria Alagna che la deputata regionale Eleonora Lo Curto ad affermare che Inguì avrebbe detto il falso alla Commissione Antimafia, presieduta da Claudio Fava. “Quando mi si accusa di falso – replica il direttore dell’Ussm di Palermo – si commette un’imprudenza. In quel momento il fatto era assolutamente vero”. In particolare, Inguì non accetta che si possa alludere a una volontaria azione di strumentalizzazione politica: “Rispedisco al mittente queste illazioni, non ho mai fatto politica di partito e ho rinunciato a diverse proposte di candidatura a consigliere comunale, assessore e sindaco. Io mi occupo di problemi delle persone e, alla luce di ciò ho ritenuto doveroso riferire in Commissione quello che mi era stato segnalato”. Stando così le cose, stranizza il duro comunicato della dirigente. “Capisco la sorpresa della dirigente di fronte agli articoli della stampa nazionale, ma la sua reazione è stata un po’ troppo di pancia. Avrebbe potuto dire che la scuola si è accorta in tempo del problema che si era creato nella formazione di quella classe e aveva rimediato. Avrebbe fatto una bella figura. Mi meraviglia, poi, la reazione dell’onorevole Lo Curto, intervenuta come se avessi toccato lei direttamente. Stando così le cose, mi riservo di valutare la possibilità di intraprendere vie legali contro chi ha asserito che io abbia dichiarato il falso. Non accetto da nessuno di essere indicato come una persona che può aver detto determinate cose per interesse di partito. La mia storia personale e professionale dimostra tutt’altro”.

Al di là della singola vicenda, però, la questione della dispersione scolastica a Marsala e delle azioni intraprese (o non intraprese) dalle istituzioni per contrastare disagio e diseguaglianze meriterebbe un approfondimento a parte. “A me interesserebbe aprire un focus su tutta la questione. Dobbiamo chiederci qual è il valore inclusivo della scuola: come possiamo avere un numero così elevato di ragazzi incapaci di leggere e scrivere, di bambini che vengono a trovarci in ufficio o al Centro Sociale, invece di andare a scuola, senza che nessuno faccia niente? Quali sono le strategie che la scuola o lo Stato sta mettendo in atto per ripristinare il loro diritto ad andare a scuola?”. Altrove, maestri di strada come Marcello D’Orta o Cesare Moreno sono stati testimoni e protagonisti di straordinarie storie di impegno civile, raccontando di aver abbandonato la comfort zone delle proprie cattedre per andare a recuperare i ragazzi che non assolvevano all’obbligo scolastico.

“Qui da noi – aggiunge Salvatore Inguì – non li viene a cercare nessuno. Le scuole fanno sicuramente un lavoro egregio, per chi ci va. Chi non va è un indesiderato, uno che crea problemi e la sua assenza genera quasi un senso di sollievo. Va fatta una riflessione su questo, anche perchè questi ragazzi, magari, non vanno a scuola ma vengono al Centro Sociale per il nostro doposcuola. Hanno difficoltà sociali e non solo sociali. Ci dicono che non sanno leggere e scrivere, che non sanno fare nulla”. Il rischio è che ragazzi, anche giovanissimi, finiscano per perdersi, sedotti dalle lusinghe delle organizzazioni criminali, che promettono guadagni facili in cambio di attività illecite, per cui non serve sapere leggere o scrivere, né avere competenze tecniche particolari. “Questa cosa andrebbe spiegata in mille modi alle famiglie, non mandando i carabinieri, ma mandando i maestri a casa a parlare con loro, gente come Cesare Moreno”.

Infine l’appello di Salvatore Inguì è rivolto oltre il mondo scolastico: “C’è un intero sistema da mettere in discussione, coinvolgendo gli assessorati alla pubblica istruzione e alle politiche sociali, ma anche i consultori, che dovrebbero aiutare i genitori, spesso a loro volta ragazzini che hanno difficoltà a comprendere il loro ruolo, e che vanno sostenuti nella loro genitorialità. E’ molto triste che quando esca fuori una questione di questo tipo, la si butti in caciara o in strumentalizzazioni politiche”.

Vincenzo Figlioli

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