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Processo Artemisia, spazio ai testi dell’accusa. Sotto esame l’attività dell’Anfe

Oggetto dell’escussione è stata la ricostruzione delle indagini della polizia giudiziaria sull’attività dell’Anfe, iniziate nel 2014, per la Procura di Trapani. A fine udienza, l’avvocato Giovanni Lentini, il quale difende il segretario segretario comunale dei Comuni di Erice e Buseto Palazzolo, Vincenzo Barone, ha chiesto l’assoluzione per il suo assistito.

Si è svolta ieri mattina, nell’Aula Bunker del Tribunale di Trapani, il processo Artemisia, scaturito dall’operazione del 2019 della magistratura sulle logge massoniche segrete nel territorio ad ovest della Sicilia e nella quale è rimasto coinvolto l’ex parlamentare regionale Giovanni Lo Sciuto.

Davanti al collegio dei giudici, presieduto dal dottore Franco Messina e a latere i dottori Massimo Corleo e Mauro Cantone, è stato esaminato il primo teste della lista dell’accusa, rappresentata dai sostituti procuratori Francesca Urbani e Sara Morri. Al luogotenente della guardia di finanza, Salvatore Marino, dunque, il pubblico ministero, la dottoressa Urbani, ha chiesto di ricostruire le indagini della polizia giudiziaria, iniziate nel 2014, per la Procura di Trapani e aventi ad oggetto l’attività dell’Anfe (Associazione Nazionale Famiglie Emigrate), ovvero il responsabile amministrativo che si trova tra i soggetti imputati nel processo in corso. In particolare, all’ente è stato contestato di aver omesso un modello organizzativo idoneo per attività e modalità di gestione delle risorse finanziarie che avrebbe potuto impedire la commissione di alcuni reati, nello specifico da parte di Paolo Genco, il legale rappresentante dell’associazione all’epoca dei fatti. Pertanto, il teste ha chiarito che l’Anfe è un’associazione senza scopo di lucro, costituita al fine di promuovere l’inserimento e il recupero di soggetti disadattati o che versano in determinate situazioni, come i detenuti, e di evitare la dispersione scolastica. Dopo, il luogotenente Marino ha spiegato la struttura dell’ente, caratterizzata dalla presenza di sedi formative in tutta la Sicilia, al cui interno sono organizzati i tre principali dipartimenti: politiche migratorie, scuola e formazione e cooperazione internazionale. Successivamente, il teste ha chiarito la disciplina del sistema regionale per quanto riguarda i corsi di formazione, al cui termine agli iscritti vengono rilasciati degli attestati di frequentazione. La suddetta normativa prevede la pubblicazione di avvisi pubblici e la successiva graduatoria dei progetti presentati dai soggetti partecipanti per poter essere accreditati come enti, i quali attuano il citato servizio pubblico per l’appunto. I menzionati progetti poi vengono finanziati con il 100% dei costi sostenuti, a seguito di un obbligo di rendicontazione. Nello specifico, la Regione Sicilia anticipa parte del finanziamento e, dopo il vaglio positivo, salda il 20% delle spese effettuate. Infine, il pubblico ministero ha chiesto su quali conti correnti sono state accreditate all’Anfe le somme da parte della Regione. Il teste ha riferito che sono previsti dei conti correnti dedicati a tale scopo. Pertanto, le indagini sono state effettuate sui 163 conti correnti in essere ed estinti, oltre ad un libretto di deposito dell’Anfe, presso la Banca Unicredit.

Come rappresentante della parte civile è intervenuto l’avvocato Giuseppe Argento, legale di Loana Giacalone, all’epoca dei fatti dirigente dell’istituto “Danilo Dolci” di Castellammare del Golfo. Il quesito sugli eventuali contatti dell’Anfe con la citata scuola, posto dall’avvocato Argento, ha ricevuto risposta negativa. In seguito è avvenuto il controesame del teste da parte dell’avvocato Cinzia Calafiore, la quale difende Paolo Genco. In particolare, il legale ha chiesto se l’Anfe fosse un soggetto con personalità giuridica e se all’investigatore ne risultasse la revoca da parte della Regione Sicilia nel 2016. Il luogotenente Marino ha risposto in maniera positiva, precisando che il citato provvedimento è avvenuto dopo l’attività di indagine svolta dalle fiamme gialle. Relativamente, poi, ai sopracitati conti correnti bancari, il teste ha specificato che per ogni progetto sarebbero stati aperti due conti dedicati, uno destinato alla gestione e l’altro al personale dell’ente. La guardia di finanzia si è però concentrata sugli accertamenti di quattro conti correnti relativi a due progetti di indagine.

L’avvocato Celestino Cardinale, legale di Isidoro Calcara (collaboratore dell’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto), ha chiesto al luogotenente Marino se fosse stata accertata una cointeressenza del Lo Sciuto per quanto riguarda l’Anfe. Alla domanda si è opposto l’avvocato Argento della parte civile, in quanto il tema non è stato introdotto dalla Procura. Comunque, il teste ha chiarito che non è stato attenzionato dall’attività investigativa del suo nucleo.

Al termine dell’udienza, il sostituto procuratore, la dottoressa Urbani, ha prodotto alcuni atti normativi e rinunciato ad esaminare un altro teste. L’avvocato Giovanni Lentini, difensore di Vincenzo Barone (segretario comunale dei comuni di Erice e Buseto Palazzolo), invece ha chiesto l’assoluzione per il suo assistito ai sensi dell’articolo 129 del codice di procedura penale. La condotta del Barone, all’epoca dei fatti, secondo il legale non si sarebbe potuta qualificare come reato. Il segretario comunale è accusato di concorso in traffico di influenze illecite. La Procura si è riservata di intervenire sul punto. Alla prossima udienza di marzo, il collegio dei giudici dovrà dunque esprimersi sulla questione.

redazione

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