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La verità al tempo della guerra (e non solo)

“In guerra, la prima vittima è la verità”. Lo scriveva Eschilo 2500 anni fa, ma poco è cambiato da allora. Le ultime vicende, tra Ucraina e Russia, confermano il senso di quest’asserzione, attribuita al padre della drammaturgia greca. Storia e leggenda si sono a lungo incontrate nel racconto degli scenari bellici, quantomeno da Omero in poi. Più recentemente, nel ‘900, una delle armi maggiormente utilizzate è stata la propaganda: basta rivedere i filmati dell’Istituto Luce in cui Benito Mussolini arringava le folle o alcuni titoli della cinematografia tedesca degli anni ’30 per rendersi conto della potenza dello strumento audiovisivo nella fascinazione delle masse. Un po’ come il pifferaio magico utilizzava il suo strumento a fiato per portare i ratti fuori dalla città infestata dalla peste, così i dittatori novecenteschi utilizzavano parole e immagini montate ad arte per convincere la propria popolazione della fondatezza dei propri argomenti.

La Seconda Guerra Mondiale spazzò via Hitler e Mussolini, ma non la tendenza all’uso della propaganda, che – piuttosto – cominciò a radicarsi anche nelle democrazie occidentali, soprattutto durante gli anni della “Guerra Fredda”. Liquidata la parentesi riformatrice di Gorbaciov e la breve stagione del “corvo bianco” Eltin, Vladimir Putin ha ridato slancio al nazionalismo russo, portando avanti nel tempo una massiccia guerriglia comunicativa, che in questi anni ha riempito i social di fotomontaggi e meme che dipingevano la Russia come uno degli Stati meglio governati, con una grande attenzione alla sicurezza pubblica, percentuali di crescita economica invidiabili, milionari in continua ascesa e strategie efficaci nell’affrontare le principali emergenze del pianeta (migrazioni, ambiente, utilizzo delle risorse energetiche…). E tutto ciò, nonostante alcune voci di dissenso, tra cui la compianta Anna Politkowska, provassero ad avvertire l’opinione pubblica internazionale delle ripetute violazioni dei diritti umani che si consumavano sul territorio russo.

Al contempo, c’è stata spesso la percezione che dietro tante tormentate vicende occidentali di quest’ultimo decennio, si nascondesse lo zampino della Russia: la Brexit, la vittoria di Trump, la crescita dei movimenti populisti nel cuore dell’Europa, hanno spesso mostrato punti di contatto inquietanti e mai chiariti con il nuovo zar. Finchè non ci siamo ritrovati sui social alcuni nostri concittadini, lontani oltre 4 mila chilometri da Mosca, inneggiare alle innumerevoli virtù di Vladimir Putin.

La straordinaria forza della propaganda è capace anche di questo, di alterare il nostro concetto di fiducia, fino a renderci ottusi e ciechi. Così, pur di ostentare una posizione nel trend topic del momento, si sceglie con superficialità di sostenere una causa secondo una concezione che somiglia più a un tifo fideistico che a una scelta ragionata (da qualsiasi punto si guardi la storia, naturalmente). Se, dunque, era già difficile avvicinarsi alla verità prima, la guerra ha ulteriormente blindato le narrazioni: da un lato c’è Putin che si professa liberatore delle minoranze russe dal neonazismo ucraino, dall’altro c’è l’Occidente che vede proprio in Putin un nuovo Hitler. Saranno, verosimilmente, i libri di storia a restituirci un racconto più attendibile e veritiero su quel che sta succedendo in questi giorni.

A tutti gli orfani della verità non resta, dunque, che tifare per la pace, che comunque la si pensi, resta l’unica causa che vale davvero la pena sostenere.

Vincenzo Figlioli

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Tags: Guerra Ucraina Russia