Categorie: CastellammareGiudiziaria

Processo Cutrara, deceduto uno degli imputati

Nel corso dell’udienza tenutasi presso l’aula Bunker del tribunale di Trapani, è stato comunicato il decesso di Francesco Ancona. È continuata invece l’escussione dell’ufficiale dei carabinieri che si è occupato delle indagini.

Si è svolto lunedì mattina il processo cosiddetto Cutrara, in cui risulta imputato, tra gli altri, Francesco Domingo, soprannominato “Tempesta”, considerato reggente della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo. Gli altri soggetti che dovranno essere giudicati dal collegio dei giudici formato dal presidente, il dottore Enzo Agate, e a latere dai dottori Edoardo Bandiera ed Enrico Restivo, sono: Felice Buccellato, Antonino Di Stefano, Lilla Di Bartolo, Nicola Di Bartolo, Salvatore Labita. È morto invece Francesco Ancona, suocero del sindaco di Castellammare Nicolò Rizzo. Il primo cittadino, si ricorda, era rimasto coinvolto nell’inchiesta, per poi risultare assolto lo scorso autunno nel rito abbreviato. Nello specifico, Ancona avrebbe consentito a Domingo di incontrare all’interno della propria abitazione il sindaco Rizzo, svolgendo quindi da tramite per l’organizzazione della citata riunione e poi mettendo a disposizione la propria dimora. A dare notizia del decesso dell’Ancona, nel corso dell’udienza, è stato il suo legale, l’avvocato Piero Marino.

Il pubblico ministero, la dottoressa Francesca Dessì, ha invece continuato l’escussione del teste, il maggiore Giuseppe Del Sole, che si è occupato delle indagini quando rivestiva il grado di capitano dell’Arma dei carabinieri a Trapani. Dopo avere chiesto all’ufficiale alcune precisazioni in merito a dei progressivi trattati durante la scorsa udienza, il sostituto procuratore ha introdotto la vicenda concernente la ditta Valenti. Nel luglio del 2017, infatti, le investigazioni avrebbero accertato l’intervento di Francesco Domingo per dirimere una questione avente ad oggetto l’esecuzione di un lavoro edile privato, commissionato da Francesco Guecia all’impresa di Antonino (padre) e Lorenzo (figlio) Valenti, ma conteso da un altro imprenditore: Giacomo Parisi. Sostanzialmente, sarebbe stata tentata da parte del reggente della famiglia mafiosa di Castellammare un’estorsione nei confronti della ditta Valenti che, in cambio del suo consenso per poter eseguire i lavori nella proprietà del Guecia, avrebbe dovuto effettuarne altri presso la casa dello stesso Domingo. A organizzare gli incontri del 6 e 7 luglio del 2017 tra le due imprese contendenti e Francesco Domingo, sarebbe stato Daniele La Sala, il quale avrebbe condotto al cospetto del capomafia, presso la sua abitazione in contrada Gagliardetta a Castellammare del Golfo, dapprima Lorenzo Valenti e successivamente Giacomo Parisi. Quest’ultimo, dal momento che il fabbricato in questione confinava con il suo deposito mezzi, avrebbe manifestato una sorta di prelazione sui lavori. Il resoconto di tali incontri sarebbe stato poi riportato da La Sala a Giacinto Caleca, un suo conoscente. Successivamente, Daniele La Sala avrebbe incrociato Antonino Cusenza, imprenditore in stretti rapporti con il Domingo, il quale gli avrebbe comunicato di avere cercato il reggente della cosca castellammarese in contrada Gagliardetta, ma di non averlo trovato. Pertanto, avrebbe chiesto al La Sala di fissare un incontro con il capomafia, proponendogli come luogo dell’appuntamento una proprietà di campagna di Franco Cacioppo. Da un dialogo successivo tra La Sala e il Domingo si sarebbe poi appreso che quest’ultimo, in principio, sarebbe stato propenso per affidare i lavori presso i terreni di Francesco Guecia al Parisi. Dopo un altro incontro con il Cusenza, Francesco Domingo avrebbe deciso invece di farli eseguire alla ditta Valenti, nonostante l’iniziale contrarietà del suo interlocutore per dei problemi che avrebbe potuto sollevare il proprietario dei terreni. Pertanto, il reggente di Castellammare del Golfo avrebbe comunicato a Daniele La Sala la sua decisione sull’impresa assegnataria del lavori che, come detto, avrebbe dovuto svolgere dei lavori presso la sua abitazione.

In seguito, l’accusa ha chiesto al teste di riferire in merito alla vicenda nella quale è stato coinvolto Francesco Cacciatore, cugino dei fratelli Mercadante, Salvatore e Francesco, figli di Michele (sodale dell’associazione mafiosa deceduto). Francesco Domingo sarebbe intervenuto, infatti, per dirimere una questione a favore di Benedetto Sottile (deceduto nel corso dell’udienza preliminare), soprannominato “Gheddafi”, il quale avrebbe vantato un credito di 80 mila euro da una cantina vinicola di Castellammare del Golfo: la società cooperativa agricola Santa Maria di Francesco Cacciatore, per l’appunto. Dal 2016 la società era stata posta in liquidazione. In diverse conversazioni intercettate nel corso dello stesso anno si sarebbe appreso che, dopo aver mandato il Sottile con alcuni uomini presso tale cantina, lo stesso Domingo si sarebbe recato sul posto per risolvere il problema del credito vantato dal “Gheddafi”, intimando ad un dipendente di riferire al datore di lavoro di corrispondere quanto dovuto.

Altro argomento introdotto dal sostituto procuratore è stato quello relativo ai rapporti tra i fratelli Mercadante e l’azienda agricolaPantaleo” di Adriana Scalia (parte civile nel processo). Francesco Domingo, durante una conversazione con il fratello Michele, gli avrebbe rivelato che, tramite un personaggio di Partinico non identificato, avrebbe fatto in modo di fare affidare l’azienda ai Mercadante, assunti inizialmente dai proprietari grazie proprio all’intervento del capomafia. Lo scopo sarebbe stato quello di destinare parte dei proventi della stessa al sostentamento della famiglia mafiosa. Con tale atto, inoltre, il Domingo avrebbe estromesso i fratelli Saracino. Dell’avvenuto passaggio poi dell’azienda ai Mercadante, il Domingo sarebbe stato informato nel corso di una conversazione avvenuta nell’ottobre del 2016. Salvatore Mercadante lo avrebbe informato della telefonata ricevuta da Cosimo Manzella, marito di Ivana Pantaleo, figlia della proprietaria dell’azienda sita a Bruca, Scalia Adriana. L’ultimo tema affrontato nel corso dell’esame del teste è stato quello relativo ai rapporti tra i fratelli Mercadante e Benedetto Sottile. Sarebbe emerso dalle intercettazioni che il secondo fosse inviso ai primi, i quali non avrebbero accettato il fatto che Sebastiano Stabile avesse affidato a “Gheddafi” la trebbiatura dei suoi terreni. Per tale motivo, i Mercadante avrebbero espresso la volontà di provocare un danneggiamento di 100 mila euro nei confronti del Sottile. Per ottenere il consenso di detta azione delittuosa, i due fratelli si sarebbero rivolti però a Franco Orlando, esponente della famiglia mafiosa di Trapani e coinvolto nella cosiddetta operazione “Scrigno”, creando dunque fastidio al Domingo. L’Orlando, ben conscio delle regole di cosa nostra e riconoscendo in Francesco Domingo quale capo della famiglia mafiosa che doveva essere interessato alla vicenda, gli avrebbe riferito di rivolgersi soltanto a lui. Della vicenda, Francesco Domingo ne avrebbe discusso anche con Camillo Domingo (con cui non vi è alcun legame di parentela) in una conversazione intercettata l’11 febbraio del 2017. Il primo avrebbe raccontato di aver redarguito i Mercadante dal commettere delle azioni che avrebbero potuto danneggiare il Sottile, in quanto quest’ultimo aveva in passato anche sostenuto la loro famiglia. Nel corso del dialogo sarebbe poi emerso che tra Benedetto Sottile e i Mercadante sarebbero intercorse delle reciproche pretese economiche. Infatti, il primo avrebbe vantato dei crediti per lavori agricoli dallo stesso svolti, anche se risalenti nel tempo. I fratelli Mercadante, inoltre, come sarebbe stato rilevato da una conversazione del novembre 2016 tra Sebastiano Stabile e Francesco Domingo, si sarebbero rifiutati di presentarsi davanti al capomafia di Castellammare, relativamente alla questione con il Sottile, perché si sarebbero già scusati con lo stesso per la situazione creata.

La prossima udienza si terrà il 28 febbraio.

Linda Ferrara

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