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Il balletto della scuola in Sicilia: un messaggio devastante per i nostri giovani

Aperte, chiuse, riaperte. La vicenda delle scuole in provincia di Trapani somiglia a una danza disordinata, in cui ogni soggetto procede a tentoni, con la sgradevole sensazione che le regole di oggi potranno essere ribaltate domani e tornare in vigore dopo domani.

In questi giorni abbiamo letto e ascoltato di tutto, da persone che della scuola contemporanea conoscono a mala pena il portone di ingresso da cui vedono entrare e uscire i figli. Nel frattempo, tra un’ordinanza regionale, un nuovo proclama del Ministro Bianchi, una provocazione di Galimberti e le risse tra genitori sui social, c’erano dirigenti scolastici che cercavano con grande difficoltà di non impazzire tra le segnalazioni di quarantene e positività che arrivavano a pioggia dalle famiglie dei propri studenti e le oscillazioni mediatiche dei rappresentanti istituzionali.

E poi c’erano gli studenti: quelli di cui tutti parlano, senza conoscerli veramente. Ragazze e ragazzi di varie età, di diversa provenienza geografica e sociale, a cui ogni giorno i docenti cercano di insegnare non solo lettere, matematica, fisica, lingue, chimica, disegno, diritto o scienze motorie, ma anche ad essere cittadini responsabili, rispettosi delle regole e delle istituzioni. Li abbiamo costretti a stare mesi a casa durante il lockdown, a rinunciare a feste e viaggi, a indossare ogni giorno le mascherine in classe, li invitiamo costantemente a vaccinarsi, a non fare assembramenti, ad evitare la movida, a non abbracciarsi, a non baciarsi, a contenere la pazza voglia di vivere che chiunque abbia attraversato la loro età conosce bene.

Eppure a questi ragazzi, le istituzioni hanno trasmesso, in questi giorni, un messaggio devastante, che va esattamente nella direzione opposta, restituendo un senso di inaffidabilità generale che fa a pugni con quanto si sono sentiti dire ogni giorno della propria vita da quegli insegnanti che di fronte alle lusinghe della criminalità organizzata o degli effimeri quarto d’ora di celebrità dei social hanno provato a rendere credibile a un modello diverso, in cui la loro realizzazione dipende dalla serietà con cui porteranno avanti gli studi, dalla correttezza dei propri comportamenti, dalla lealtà nei confronti dei propri compagni di viaggio (ma anche dei propri avversari).

Un modello che andrebbe protetto, tutelato e accompagnato anche dalle buone pratiche della politica a cui, due anni dopo l’inizio della pandemia, non si può più concedere il beneficio della buona fede che si poteva riconoscere quando del Covid si sapeva poco. Affezionata a un’idea di mondo che non esiste più, la classe dirigente siciliana rimane ancorata al suo immobilismo: si continuano a sbagliare i conteggi delle vittime giornaliere della pandemia, si procede con la stessa lentezza di sempre nella realizzazione di vecchie e nuove opere pubbliche, si reiterano i soliti rituali funzionali alla prossime campagne elettorali.

Perchè, in fin dei conti, alla politica siciliana interessa davvero poco dei giovani. Anzi, prima vanno via e meglio è. Non sia mai che possano decidere di restare e cambiare veramente le cose…

Vincenzo Figlioli

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