A tanti sarà capitato di essere punto da una medusa e uscendo dall’acqua si è ritrovato l’esperto di turno che gli ha consigliato di fare la pipì sopra la ferita per ridurre il dolore e l’infiammazione, magari offrendosi di provvedere egli stesso. L’urina non ha un particolare effetto nel ridurre il dolore da puntura di medusa: è meglio l’aceto, dicono gli esperti, e per chi non lo ha a portata di mano può andare bene anche l’acqua stessa del mare.
L’idea che l’urina possa neutralizzare l’effetto del veleno delle meduse è diffusa in tutto il mondo.
La leggenda metropolitana è molto antica, e deriva dall’idea che il veleno delle meduse possa essere neutralizzato con l’ammoniaca e dal fatto che nell’urina è contenuta l’urea, che ne è un derivato.
Un’altra interpretazione si basa sul fatto che gli organelli ripieni di veleno rimasti conficcati nella pelle e detti nematocisti sono suscettibili a sbalzi di concentrazione nell’ambiente circostante: poiché nell’urina sono contenuti sali ed elettroliti, sarebbe quindi meglio sciacquare la parte con questa che con acqua corrente.
Il trattamento non è comunque l’unico consigliato dalla saggezza popolare in questi casi: qualcuno consiglia di asportare eventuali resti di tentacoli strofinando la pelle con un asciugamano o grattandola con un cartoncino rigido e spigoloso, come la carta di credito o il bancomat, altri propongono di applicare bicarbonato di sodio, schiuma da barba, alcol, e perfino un prodotto usato nei paesi anglosassoni in cucina per rendere la carne più tenera. Infine, c’è addirittura chi cerca di neutralizzare la tossina con il calore di un accendino o di una sigaretta accesa.
Non è dimostrato che l’ammoniaca neutralizzi le sostanze urticanti liberate dalle meduse. Il loro veleno è costituito da una miscela di sostanze diverse, ancora non tutte ben identificate, e differenti da specie a specie. Ma se anche l’ammoniaca potesse essere utile in questi casi, nelle urine delle persone sane non è contenuta questa sostanza, ma urea, che ne è un derivato con caratteristiche chimiche diverse.
L’unico rimedio casalingo che, secondo alcuni studi, potrebbe eventualmente dare sollievo per la maggior parte delle altre specie di medusa, è infatti al contrario l’aceto, o acido acetico diluito al 5%, sebbene un piccolo studio condotto su 25 persone riporti che possa peggiorare gli esiti sulla pelle rispetto alla semplice immersione in acqua calda.
L’idea di usare l’urina a causa della sua concentrazione di sali è altrettanto poco fondata, dal momento che in ogni individuo, in diversi momenti della giornata, questa può essere più o meno diluita. Si suggerisce quindi in genere di sciacquare la parte con acqua di mare, che ha il grado di concentrazione a cui le cellule dei tentacoli sono abituate, evitando così di farle scoppiare, come può accadere con l’acqua dolce che invece rischia di liberare il veleno contenuto nelle nematocisti rimaste nella pelle. Alcuni studi sembrano tuttavia indicare che anche questa procedura potrebbe essere controproducente.
Meno dell’1% della tossina si libera al momento del primo contatto [7], per cui occorre prestare la massima cura nell’evitare di fare uscire il resto. Ecco perché non bisogna fasciare né sfregare la parte, per esempio con un asciugamano, ed è sconsigliato cercare di togliere i resti di tentacoli con uno strumento spigoloso, come la carta di credito.
Il provvedimento più utile per ridurre il dolore, come nel caso delle punture da tracina, è l’immersione in acqua calda, meglio se salata, per almeno 20, ma anche 40 minuti, sostituendola a mano a mano che si raffredda. A seconda della parte colpita, può andare bene anche una doccia.
Per controllare il dolore, che può durare 24 ore, sono invece sicuri ed efficaci anestetici locali come la lidocaina e analgesici per bocca come il paracetamolo.
Le meduse sono moltissime, hanno diverse caratteristiche e liberano sostanze differenti tra loro. Occorrono nuovi studi per confermare il miglior comportamento da seguire nei diversi casi, soprattutto ora che, a causa dei cambiamenti climatici, specie tropicali più pericolose stanno raggiungendo mari molto frequentati dai bagnanti.