Antonio D’Alì è stato condannato alla pena di 6 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
La Corte d’Appello di Palermo, presieduta dal giudice Antonio Napoli, dopo una breve camera di consiglio, ha ritenuto l’ex senatore di Forza Italia colpevole del reato che gli veniva contestato. La pena è leggermente inferiore rispetto a quella invocata dalla Procura generale, che con il pg Rita Fulantelli, aveva chiesto una condanna a 7 anni e 4 mesi, la difesa di D’Alì aveva chiesto l’assoluzione. Tra le pene accessorie inserite nel dispositivo della sentenza, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e il risarcimento alle parti civili: Cento Studi Pio La Torre di Palermo, Libera, le associazioni antiracket di Castellammare del Golfo, Alcamo e Mazara (“Io non pago il pizzo e tu?”). Sono state invece rigettate le richieste di risarcimento avanzate dall’associazione antiracket di Marsala e del Comune di Castellammare.
Il presidente della Corte Antonio Napoli ha inoltre disposto la trasmissione degli atti alla Procura di Palermo per quanto riguarda le deposizioni rese nel corso del dibattimento dall’ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro, l’ex Ministro Beppe Pisanu, Francesco Nasca, Tommaso Billeci, Fausto Volante e Carlo Mosca, allo scopo di valutare l’eventuale sussistenza del reato di falsa testimonianza.
Il processo d’Appello appena concluso segue il pronunciamento con cui la Corte di Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza del 2016, che aveva assolto D’Alì per i fatti successivi al 1994, mentre quelli precedenti erano stati considerati prescritti.
Eletto ininterrottamente al Senato della Repubblica con Forza Italia dal 1994 al 2018, D’Alì è stato in quel frangente temporale il politico più influente della provincia di Trapani. Fu anche Sottosegretario all’Interno dal 2001 al 2006 con il governo Berlusconi e presidente della Provincia Regionale di Trapani dal 2006 al 2008.
La sentenza è stata così commentata dall’avvocato Arianna Rallo, legale dell’ex parlamentare trapanese. “Desta profonda sorpresa la riforma della sentenza di primo grado di assoluzione, considerato che tutte le acquisizioni probatorie di questo giudizio di rinvio hanno rinforzato la tesi difensiva e avvalorato la correttezza delle motivazioni del Gip del Tribunale di Palermo. Tuttavia, nel doveroso rispetto che attribuiamo ad una decisione giudiziaria, attendiamo le motivazioni per comprendere quale sia stato l’iter logico-argomentativo che ha condotto la Corte di Appello ad una diversa valutazione dei fatti e se lo stesso possa dirsi esente da vizi di legittimità, giustificanti ovviamente il ricorso per cassazione. Peraltro, la recentissima statuizione della corte di cassazione, dello scorso 17 giugno, che ha irrevocabilmente giudicato ingiusto e illegittimo che Antonio D’Alì sia stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale da parte del Tribunale di Trapani, deponeva certamente per una valutazione dei fatti corrispondente alla prospettazione difensiva”