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Confindustria e Istat confermano: il Sud Italia non attrae gli investimenti delle multinazionali

L’Italia si sa, non è un Paese attraente per gli investitori esteri. Ma il Sud lo è ancor meno. Il Centro Studi di Confindustria con l’Istat ha redatto un “position paper” di tre volumi sull’argomento, datato 2020, in cui si evidenzia la disparità territoriale sia che si tratti di imprese a controllo estero sia di quelle a capitale estero. Concentrate per lo più nel Centro-Nord, più precisamente in 5 regioni: Lombardia, Lazio, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto che danno impiego al 68,5% dei dipendenti delle imprese a controllo estero e generano il 76% del valore aggiunto complessivo.

Ciò per dei semplici motivi: accessibilità delle infrastrutture materiali, prossimità ai clienti, costi standard di produzione, ma anche contesto produttivo idoneo. Fattori che nel Mezzogiorno d’Italia scarseggiano.

Ad esempio Italvolt, pur avendo preso in considerazione Campania e Calabria per il proprio investimento, poi l’ha dirottato in Piemonte: 4 miliardi e 19 mila posti di lavoro.

Il 46% degli addetti e il 50,1% del valore aggiunto realizzato in Italia dalle imprese nazionali a controllo estero è localizzato in quell’area geografica, già storicamente industrializzata, in cui risiede ancora la quota più elevata del valore aggiunto nazionale (37,5%). Seguono le regioni del Centro (17,7% la quota di occupati e 21,5% quella del valore aggiunto) e la ripartizione Nord-Orientale (rispettivamente 19,8% e 17,8%); è molto contenuta la quota nel Meridione (7,1% e 5.6%) e nelle Isole (2,8% e 2,5%), dove l’apporto delle multinazionali estere risulta, tra l’altro, inferiore a quello che il Mezzogiorno genera rispetto al valore aggiunto nazionale (16,6%).

Nelle 5 regioni cardine si concentra quasi il 70% degli addetti (68,5%) e circa i tre quarti del valore aggiunto (76,0%) realizzato In Italia dalle imprese nazionali a controllo estero. In particolare, la Lombardia assorbe circa un terzo (32,3%) degli addetti e il 38,0% del valore aggiunto. Sotto questo profilo, la seconda regione per rilevanza è il Lazio con una quota del 10,5% di addetti e il 15% di valore aggiunto. In termini di quota di valore aggiunto seguono Piemonte (8,6%), Veneto (7,8%), Emilia-Romagna (6,9%) e Toscana (5,4%) mentre tra le regioni del Mezzogiorno spicca la Campania ma con un misero 2,3%, Puglia e Sicilia (1,6% entrambe) e Abruzzo (1,2%). Il contributo delle controllate estere alla creazione del valore aggiunto regionale nell’industria è particolarmente significativo nel Lazio e in Piemonte (18,9% entrambi), in Lombardia e Liguria (17,1% entrambi). Seguono Abruzzo (14,7%), Toscana e Friuli-Venezia Giulia (13,3 entrambi), Trento (12,7%) ed Emilia-Romagna (12,3%). Tra le regioni del Mezzogiorno, si registra un contributo rilevante in Sicilia (10,6%), Molise (10,3%), Campania (9,8%) e Puglia (9,0%).

redazione

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