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Processo Perricone, concluso l’esame della difesa della cugina dell’ex vicesindaco di Alcamo

Nel corso dell’udienza, presso il tribunale di Trapani, il sostituto procuratore, la dottoressa Rossana Penna, ha chiesto la modifica alla formulazione di uno dei capi di imputazione a carico di Pasquale e Mary Perricone.

È terminato ieri mattina l’esame della difesa di Mary Perricone, cugina dell’ex vicesindaco di Alcamo, Pasquale Perricone. Davanti al collegio dei giudici, presieduto dal dottore Enzo Agate, e a latere le dottoresse Roberta Nodari e Chiara Badalucco, sono stati così sentiti tutti gli imputati del processo scaturito dall’inchiesta della magistratura trapanese “Affari Sporchi” del 2016, avente ad oggetto l’appalto dei lavori di ampliamento del porto di Castellammare del Golfo. Insieme a Marianna Cottone, ex legale rappresentante della Promosud, società che si occupava della formazione professionale, e di Emanuele Asta, funzionario del centro per l’impiego di Alcamo, i cugini Perricone devono rispondere di vari reati, tra cui: associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, truffa ai danni dello Stato e della Ue, corruzione. Nel corso dell’udienza, presso il tribunale di Trapani, il sostituto procuratore, la dottoressa Rossana Penna, ha chiesto al collegio dei giudici la modifica alla formulazione di uno dei capi di imputazione a carico di Pasquale e Mary Perricone e, per la precisazione, l’introduzione della bancarotta preferenziale.

Prima, però, si è proceduto all’esame condotto da uno dei difensori di Mary Perricone, l’avvocato Giovanni Lentini (l’altro legale è Giuseppe Junior Ferro). La cugina dello storico esponente del PSI alcamese ha spiegato, rispondendo ad un quesito, che quando ha iniziato a lavorare per la Cea, nel 1986, Pasquale Perricone era già presente all’interno della cooperativa. I rapporti tra i due cugini sarebbero stati sempre buoni e, almeno dal punto di vista di Mary Perricone, anche di stima. Successivamente, ha raccontato che la Cea si sarebbe avvalsa per la sua attività di professionisti esterni come Vincenzo De Luca, Stefano Tonioli, Massimo Vancini e Francesca Cruciata, ma di avere intrattenuto negli anni rapporti solamente con i consulenti del lavoro e non con quelli fiscali. Inoltre, ha aggiunto che gli amministratori della cooperativa erano inquadrati, contrattualmente, come settimo livello dirigenziale e avrebbero goduto anche di alcuni benefit. Poi, la Perricone ha proseguito affermando di non aver prestato garanzie alle banche per conto della Cea e di avere avuto dei rapporti con i fornitori della società soltanto per eseguire i pagamenti.

In seguito, Mary Perricone ha dichiarato che alcuni di questi sarebbero stati anche fornitori della Nettuno, la consortile creata come unico centro di imputazione dei costi dall’imprese dell’Ati, formata nello specifico il COVECO (di cui la Cea era una sua associata), la COGEM e la COMESI, che si è aggiudicata i lavori del porto di Castellammare. La Perricone ha poi specificato di averli conosciuti in occasione del piano di ristrutturazione della Cea. Rispondendo ad un’altra domanda del suo legale, ha precisato i suoi rapporti con Annamaria Emmolo, sorella di Vito Emmolo della Cogem, la quale è stata anche testimone nel processo in corso. La Perricone ha dichiarato di averla frequentata solo dopo il sequestro del porto di Castellammare del Golfo (2010). Successivamente, invece, la signora Emmolo avrebbe iniziato a frequentare gli uffici di Rosario Agnello, amministratore di Cea, presidente del Cda della Nettuno e, per l’accusa, una testa di legno di Pasquale Perricone (imputato in un processo parallelo). Gli uffici della consortile Nettuno si sarebbero trovati, secondo quanto ribadito da Mary Perricone, al primo piano dello stabile di via Goldoni ad Alcamo, finito al centro dell’inchiesta della magistratura. Presso questo edificio, Annamaria Emmolo si sarebbe recata per parlare con Antonino Russo, dipendente e consigliere della Nettuno, del piano di ristrutturazione. Mary Perricone ha, invece, escluso di avere consegnato degli assegni alla signora Emmolo relativamente all’acquisto delle palancole. Inoltre, ha aggiunto che l’atteggiamento di quest’ultima rispetto al piano di ristrutturazione sarebbe cambiato nel tempo e di avere appreso nel corso del dibattimento le motivazioni alla base di tale mutamento. L’azienda della famiglia Emmolo sarebbe stata garante del cantiere del porto, per detto motivo i componenti coinvolti nell’impresa sarebbero stati interessati inizialmente al piano, tanto da avere indicato un loro legale di fiducia ad occuparsene, l’avvocato Salvatore Di Giorgi. Interesse che, poi, sarebbe scemato con la cessione di un ramo d’azienda.

Dopo, l’avvocato Lentini ha chiesto alla sua assistita se la Cea, prima della liquidazione, avesse effettuato dei pagamenti importanti. Mary Perricone ha affermato che la cooperativa, nel 2008, ha pagato più di 1 milione di euro per regolarizzare la sua posizione fiscale nei confronti della Serit (ex società di riscossione tributi in Sicilia). Pagamento effettuato dal presidente Agnello che sarebbe stato accompagnato, per tale compito, dalla signora Maria Luisa Blunda. Inoltre, ha aggiunto di essersi occupata del compenso ai fornitori della Cea sempre su disposizione dei suoi amministratori. Per quanto concerne il ruolo di Coveco nella vicenda del piano di ristrutturazione, ha dichiarato che gli amministratori del Consorzio Veneto, in un primo momento, si sarebbero impegnati per il finanziamento, mediante anche una redazione effettuata da dei commercialisti palermitani. Inoltre, il 60% dei fornitori del cantiere si sarebbe espresso favorevolmente. Poi, il Coveco si sarebbe ritirato dall’iniziativa revocando anche i lavori alla Cea. Per Mery Perricone gli amministratori della cooperativa sarebbero stati poco incisivi nel mantenere fede al finanziamento del piano, tanto che non si sarebbero presentati ad una riunione indetta ad Alcamo dal direttore tecnico del Coveco, Mauro Gnech. Infine, la Perricone, per quanto riguarda gli incontri effettuati relativamente alla trattativa tra Coveco e Cea, e ai crediti vantati dalla seconda, ha precisato di avere incontrato i sindacalisti, in qualità di amministratrice della società di recupero crediti, la Magara srl, di comune accordo con il commissario liquidatore, l’avvocato Pasquale Russo (coinvolto nell’inchiesta). Rispondendo alla domanda, invece, postale dall’avvocato Giuseppe Benenati, legale del cugino, la Perricone ha precisato che Rosario Agnello sarebbe stato presente all’interno della Cea prima del politico alcamese, in qualità di direttore tecnico. Con tale quesito è terminato l’esame degli avvocati difensori.

Dopo si è svolto il contro esame del pubblico ministero, la dottoressa Rossana Penna, per l’appunto. Il PM ha chiesto se la Cea avesse fatto delle forniture dirette alla Nettuno. Mary Perricone ha dichiarato che la Cea e la Cogem avrebbero fornito i mezzi alla Nettuno e noleggiato l’attrezzatura. Inoltre, alla domanda se entrambe le società avessero sempre emesso nei confronti dell’ultima delle fatture, la Perricone ha risposto di supporre di sì, ma che non si sarebbe occupata di tale compito. In merito, invece, alla compensazione tra le società che emerge dalla relazione effettuata dal consulente della difesa, il signor Giuseppe Stabile, la cugina dell’ex vicesindaco di Alcamo ha detto di pensare che sia stata compiuta. Inoltre, ha ribadito di non avere pagato degli assegni alla signora Emmolo per il pagamento delle palancole e di non ricordare i particolari della vicenda. Al quesito dell’accusa se Cogem avesse mai anticipato della somme alla Cea, Mary Perricone ha risposto positivamente, aggiungendo che entrambe avevano pagato più delle loro quote. Si è così concluso anche il controesame di tutti gli imputati. Dopo le difese hanno depositato dei documenti.

Come anticipato sopra, il pubblico ministero ha richiesto la modifica all’imputazione per bancarotta fraudolenta di Pasquale e Mary Perricone. Sostanzialmente, è stata formulata anche la bancarotta preferenziale. Nello specifico, secondo l’accusa, prima del fallimento della Nettuno, i due cugini Perricone avrebbero ricevuto in via preferenziale, in danno di altri soggetti creditori, dei pagamenti attraverso delle compensazioni contabili, e relativi alle forniture effettuate dalla Cea alla citata consortile. Inoltre, Pasquale e Mary Perricone avrebbero portato in compensazione gli oneri bancari impropriamente riaddebitati alla Nettuno, e relativi invece alle anticipazioni della Cea concesse dagli istituti finanziari, con crediti vantati dalla consortile verso la stessa cooperativa e concernenti i costi dell’esecuzione dei lavori del porto di Castellammare del Golfo. La prossima udienza è stata fissata al 22 marzo.

redazione

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