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Liberate i pescatori di Mazara

Due pescherecci in cerca di pesce pregiato attraversano il Mediterraneo e le acque internazionali fino ad essere ritenuti troppo vicine alle proprie coste dalle autorità nordafricane che intervengono per interrompere le loro attività e sequestrano equipaggi e imbarcazioni. L’incipit è quello di una storia simile a tante altre, nell’ambito di una vera e propria “guerra strisciante”, che da circa 50 anni si combatte tra Sicilia e Maghreb a colpi di fermi, sequestri, confische, trattative diplomatiche più o meno trasparenti.

Questa volta, però, la storia che le cronache locali e nazionali raccontano dallo scorso 1° settembre appare decisamente diversa. Sono infatti passati più di 100 giorni dal sequestro dei pescherecci Medinea e Antartide da parte delle motovedette libiche del generale Haftar, non troppo diverse da quelle che – di fatto – erano state donate dai nostri governi per controllare i flussi migratori dal Nord Africa, un po’ come ai tempi della sanguinaria dittatura di Gheddafi. Ci aspettavamo che anche stavolta, dopo un po’ di trattative, si trovasse la soluzione che garantisse il ritorno dei marittimi siciliani a casa in tempi ragionevoli. Settimana dopo settimana, è invece andata crescendo la sensazione che la partita in gioco fosse diversa dal solito e che la pesca del gambero rosso o la presunta violazione delle acque territoriali fossero aspetti marginali rispetto a tutto il resto. Nonostante le smentite di rito, pare che tutto ruoti attorno alla liberazione di quattro scafisti libici condannati per omicidio e attualmente detenuti in Italia, di cui Haftar pretende la liberazione.

Ma sullo sfondo potrebbe esserci anche la figura del presidente turco Erdogan, che da anni controlla i flussi migratori dal Medio Oriente utilizzandoli come arma di ricatto politico nei confronti dell’Europa e che nei mesi scorsi pare abbia preso il controllo delle motovedette libiche donate dall’Italia. Una beffa che conferma la debolezza del nostro Paese in tema di politica estera, peraltro già evidente nella fallimentare gestione delle trattative con l’Egitto per l’omicidio di Giulio Regeni e la detenzione del ricercatore Patrick Zaky.

Se un uomo di Chiesa come il Vescovo di Mazara del Vallo Domenico Mogavero è arrivato a chiedere l’invio di corpi speciali da parte del governo italiano per la liberazione dei 18 marittimi fermati dalle autorità libiche, appare chiara tutta la delicatezza della situazione.

In queste ore, condivisibilmente, il presidio marsalese di Libera, e le associazioni Archè e Amici del Terzo Mondo hanno promosso un’iniziativa di sensibilizzazione, chiedendo a chi di dovere (nel caso specifico, le istituzioni italiane) di intervenire al più presto per arrivare a una soluzione che consenta ai pescatori di tornare in libertà. Un appello che anche la nostra redazione idealmente sostiene, nell’auspicio che le prossime giornate possano essere decisive per un lieto fine che sta tardando fin troppo ad arrivare.

Vincenzo Figlioli

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Tags: GheddafiGiulio RegeniHAFTARPatrick Zaky