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Porta Nuova e la Marsala che verrà: una riflessione senza tabù

Mi è capitato, qualche giorno fa, di imbattermi in una vecchia foto: ritrae la mia classe, quasi al completo, sotto uno degli alberi storici di Porta Nuova. Era l’ultimo giorno di scuola del quinto anno e il pensiero degli esami di maturità sembrava temporaneamente accantonato per lasciare spazio alla voglia di ritrovarsi, ancora una volta in leggerezza, nella piazza che per noi era diventata una sorta di appendice delle nostre case. Altre mille volte eravamo stati lì e tante altre volte ci saremmo tornati. Ma quel giorno e quella foto conservano un valore a sé, segnando idealmente uno spartiacque che ben definisce tutto ciò che c’è stato prima e quello che è arrivato dopo.

Nella “nostra” Porta Nuova non c’era più il Kalòs, che era andato a fuoco qualche anno prima, ma non c’erano ancora lo scempio del chiosco antistante il bar Moderno, né – ovviamente – i Giardini della Vittoria. Non c’erano nemmeno le recinzioni che per custodire i reperti degli antichi hanno mozzato la visione dei contemporanei e, naturalmente, i viali che portavano al mare erano aperti alla pubblica fruizione. C’erano i posteggiatori abusivi, c’erano anche gli spacciatori. Ma, come molti nostri coetanei, facevamo finta che non ci fossero. Perchè quel pezzo di piazza in cui solitamente stazionavamo era tutto sommato tranquillo, e perchè eravamo più portati a concentrarci sulle nostre conversazioni leggere in cui, talvolta, faceva capolino anche un po’ di consapevolezza dell’età adulta in arrivo. Col senno di poi, mi viene da dire che la nostra Porta Nuova non c’è più da un pezzo. Ha cambiato forma e funzione, ma non è detto che il vestito del passato sia sempre il migliore possibile, benchè sia oltremodo prezioso il ricordo di quel che eravamo in quegli anni e del ruolo che certe tappe obbligate hanno rivestito nella nostra formazione.

Mi dilungo in questo ricordo, perchè in giornate scandite da un intenso dibattito social sulla nuova identità di Piazza della Vittoria, ho deliberatamente deciso di prendermi un po’ di tempo in più prima di proporre una mia personalissima riflessione.

Anzitutto, mi viene da dire che non parliamo di una piazza come le altre: non lo sarà mai. Per i marsalesi, Porta Nuova è tante cose, generalmente legate all’adolescenza e a momenti di gioia e spensieratezza. Ma è anche l’avamposto da cui cominciare a guardare il mare, verso il punto più ad ovest della nostra grande isola.

Non stupisca, dunque, il dibattito di questi giorni sul nuovo abito cucito addosso a Piazza della Vittoria, che a una prima occhiata appare sicuramente sobrio ed essenziale, a suo modo rassicurante dopo le incurie del recente passato. Tuttavia, già dal rendering di progettazione, appariva evidente come la nuova veste della piazza fosse un compromesso al ribasso rispetto al progetto con cui l’architetto Giovanni Nuzzo aveva vinto il concorso di idee sul restyling dell’area, promosso ai tempi dell’amministrazione Carini.

il progetto dell’architetto Giovanni Nuzzo, vincitore del concorso di idee

Quel progetto aveva l’evidente pregio di mettere a sistema tutti i vari elementi che rendono Piazza della Vittoria un pezzo unico e straordinario nel sistema urbano marsalese, creando elementi di collegamento visivo e concettuale tra la Porta, la Villa Cavallotti, il Teatro Impero, il Parco Archeologico e il mare. Chiaramente, per realizzare quel progetto sarebbero servite ben altre risorse rispetto agli 800 mila euro intercettati dall’amministrazione Di Girolamo. Mi piace pensare che un giorno queste risorse possano esserci davvero.

Tuttavia, finchè non ci saranno, faremo i conti con la piazza che è stata realizzata (o che si sta realizzando, visto che l’intervento di riqualificazione non è stato ancora completato e, in tal senso, una migliore comunicazione da parte della giunta in carica sarebbe stata opportuna). A fronte di alcuni aspetti positivi che la nuova piazza porta innegabilmente con sé, rimettendo al centro la Porta e liberando la visuale verso il mare e la zona archeologica secondo una visione che mira a coniugare antico e moderno, resta la sensazione di un intervento che, nella sua semplicità, poteva essere curato molto meglio. Com’è stato già evidenziato, appare incomprensibile la dozzinalità con cui sono state sistemate le basole, così come la scelta dei dissuasori gialli (peraltro diversi rispetto alla progettazione iniziale).

Tuttavia, chi ha un occhio più competente da un punto di vista tecnico, fa giustamente notare che anche sulla direzione o sull’orientamento delle corsie che incolonnano le basole potevano essere fatte scelte diverse: ci sono elementi asimmetrici che non si capisce se siano stati immaginati esattamente così o messi a caso. Un esempio su tutti è il corridoio orizzontale che guarda l’ingresso di Villa Cavallotti in maniera decentrata: frutto del caso o di una scelta consapevole? Ma si potrebbe ragionare anche sul posizionamento delle panchine o sulla loro altezza.

Poi è chiaro che la bellezza della piazza è data da quello che vi accade: domenica, quando l’ho vista riempirsi di famiglie sorridenti e bimbi sui pattini o in bici mi è sembrata anche più bella. In futuro mi piace immaginarla arricchita da qualche elemento verde in più, o da qualche installazione artistica studiata ad hoc per i set fotografici dei turisti. Naturalmente, mi piace immaginarla ancora viva e pulsante, come quando ospitava i concerti del Festival Jazz, di Franco Battiato, Carmen Consoli o dei Marta sui Tubi. Saranno i nostri sentimenti e le nostre energie a riempirla di senso, come avviene tradizionalmente nelle piazze, più o meno da qualche millennio a questa parte. Proprio per questo, ritengo non accettabile che una discussione pubblica su uno dei luoghi più importanti della città, si riduca al solito confronto tra tifoserie, in cui la valutazione su un’opera pubblica deve necessariamente ricalcare logiche di appartenenza politica: estremizzando il concetto, è come dire che se hai votato per Di Girolamo devi necessariamente apprezzare questo restyling, se eri un fan di Giulia Adamo avresti tenuto i giardini per sempre, se rimpiangi i socialisti avresti lasciato tutto com’era 30 anni fa e se sostieni Massimo Grillo devi mostrarti moderatamente critico (o moderatamente soddisfatto) perchè, in fin dei conti, toccherà al nuovo sindaco inaugurarla. Un po’ come sta avvenendo a Palermo, intorno agli scatti di Letizia Battaglia per la Lamborghini, che vengono difesi o criticati, per lo più, per ragioni sbagliate, fino a guardare con diffidenza e sospetto chi – magari – rivendica il proprio diritto ad amare la sua produzione fotografica precedente e a non apprezzarne quest’ultimo servizio.

Al di là delle fazioni, dunque, mi piace pensare che la nuova piazza possa costituire il pretesto per tornare a parlare della Marsala che verrà, secondo una logica più ampia di programmazione. Un’idea di città in cui possano finalmente trovare spazio quegli strumenti di pianificazione urbana che sono da decenni rimasti in sospeso. Gli ultimi interventi della precedente amministrazione, hanno sicuramente avuto il pregio di indicare un percorso europeo verso una città più eco-sostenibile, con le piste ciclabili, i nuovi autobus e una diversa idea di fruizione degli spazi aperti. Ma occorre anche altro: serve chiederci cosa vogliamo comunicare alla nostra comunità e ai turisti con questa nuova piazza e il pezzo di città che si sviluppa attorno ad essa; serve chiederci cosa faremo, nel complesso, con il nostro centro storico, i cui palazzi sono sempre più spesso violati da ristrutturazioni incompatibili con un piano del colore minimamente sensato; o con il nostro porto e il nostro vino, con Salinella, lo Stagnone e le coste del lungomare sud ormai ridotte a un fazzoletto di terra. Serve discutere, anche litigare. Ma soprattutto è necessario decidere cosa vogliamo essere di qui a qualche anno, attingendo alle visioni di urbanisti, creativi, artisti, professionalità che uniscono competenza e capacità di osare, indicando una visione per l’avvenire.

Viceversa, ci passerà la voglia persino di andare passeggiare nelle nostre piazze, per non guardare allo specchio la nostra amarezza per le occasioni perdute.

Vincenzo Figlioli

Visualizza commenti

  • Un’altra Marsala.
    Una notte mi venne in sogno il mio angelo
    bello come una donna bella e molto più bello
    che mi diceva di alzarmi ed uscire in fretta
    e recarmi subito nella più bella piazzetta.

    “Ti raccomando esci subito non stare dentro
    e quando arrivi segna un punto al centro
    disegna un grande cerchio e subito prova
    che arrivi dal Cinema Impero a Porta Nuova.

    E fatto ciò disegna al centro un’antica fonte
    con acqua che sgorga come da un monte
    e tutt’intorno spargi della antiche balate
    e sbrigati prima che altri facciano zappate”.

    Arrivai in ritardo con in spalla la mia pala
    e trovai proprio lì l’angelo e un’altra Marsala
    e l’angelo che era tutto adirato piangendo
    mi disse di iniziare a rimuovere l’orrendo .
    Totò Mirabile.

  • Questa mia poesia è stata scritta subito dopo la modifica della piazza di Porta Nuova e finalmente ora l'Angelo son sicuro che è contento!

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