L’emergenza sanitaria ci ha messo di fronte a un bivio: proteggere la nostra salute o tutelare l’economia del Paese. Come quando da piccoli dovevi scegliere chi buttare giù dalla torre, se mamma o papà, se Brad Pitt o Johnny Depp. Un Paese sano non sacrificherebbe nulla, perchè salverebbe tutto o sacrificherebbe un po’ tutto, cosicché la camicia non si debba tirare solo da un lato e strapparsi. Peraltro la gestione attuale dell’emergenza Coronavirus è figlia di quello che il Governo non ha fatto questa estate, quando ha deciso di “aprire le gabbie”. No, l’Italia non è una realtà virtuosa. E oggi, a pagarne le spese sono le piccole aziende, le attività commerciali, i ristoranti, i locali enogastronomici, chi svolge un lavoro artistico o chi lavora nel comparto turistico ed editoriale.
Il Ministro Franceschini ha detto una cosa grave per certi aspetti: “Chiudiamo teatri e cinema per ridurre la mobilità, non avete capito la gravità del momento”. Purtroppo o per fortuna, abbiamo ben compreso la gravità del momento, abbiamo ascoltato il grido d’allarme dei sanitari e dei commercianti, abbiamo più volte raccomandato di usare la mascherina, dicendo “state attenti” e “non creiamo allarmismi o false notizie”. Perchè bisogna sempre contemperare gli interessi in gioco, cosa che non fa l’attuale Governo che, a naso, sembra politicamente traballare. Le piazze urlano nonostante il pericolo, in alcuni casi c’è dietro l’istigazione probabilmente di frange di estrema destra, ma in altri contesti sono i padri di famiglia a manifestare. Il 30 ottobre toccherà al comparto culturale; diverse Città italiane si sono ben organizzate per ospitare in sicurezza i sit-in.
A Marsala si parla tanto ma nessuno, ad oggi, ha fatto qualcosa. Per il vero qualche iniziativa individuale c’è da parte dei gestori di enoteche e pub che subiscono l’ennesimo stress economico ed emotivo. Mi chiedo: dove abbiamo sbagliato? Perchè il comparto non riesce a fare rete per creare una bella iniziativa di solidarietà? Artisti e gestori di locali non riescono a trovare un accordo pur sapendo che è una grave situazione. Eppure sono sicura che ci sono famiglie che fanno fatica ogni giorno, che non lavorano da mesi, che non possono rinunciare agli aiuti degli anziani genitori. Ma niente, non c’è compattezza. Non si sa neanche da dove iniziare. Movimenti culturali come il MAC o Professione Musica hanno messo insieme realtà diverse, realizzando belle iniziative… ma oggi, dove sono? Cosa fanno per il momento difficile che la cultura sta vivendo? Perchè non c’è la voglia? Perchè stiamo troppo bene o perchè siamo così stanchi e in ginocchio da non avere la forza per risollevarci? Occorre una seria riflessione oggi, adesso. Mettendo da parte la logica delle invidie, dell’“io sono meglio dell’altro”. O sarà troppo tardi.