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Pensione anticipata: come funzionano (e quanto si perde) con Quota 41 e Quota 102

Pensione, la riforma e le ipotesi in campo

L’allargamento dell’Ape Sociale e la proroga dell’opzione Donna in attesa di superare la sperimentazione di pensione «Quota 100», che dal 2022 cesserà i suoi effetti, ha costituito il tema al centro dell’ultimo confronto tra governo e sindacati che si è svolto il 14 ottobre.
La legge di bilancio 2021 dovrà inglobare la conferma delle misure di accesso flessibile al pensionamento anticipato (prima dell’età anagrafica di 67 anni attualmente previsti dall’ordinamento in ragione dell’aumento della speranza di vita, secondo i dettami della legge Fornero). Le nuove misure si rendono necessarie per sostituire la Quota 100, in scadenza entro la fine del prossimo anno e non rifinanziata, come chiarito dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Ma al centro della discussione ci sono anche altre tematiche collegate, come la previdenza integrativa.
Vediamo meglio quali sono le ipotesi in campo.

La Quota 102 per lasciare il lavoro (con taglio della pensione fino al 15%)

La Quota 102. Al momento, la soluzione più probabile sarebbe una Quota 102. In altre parole, si parla della possibilità di far subentrare alla Quota 100, la possibilità di andare in pensione, dal 2022, a 64 anni di età e con 38 di contributi, raggiungendo la cosiddetta quota 102.
Nella pratica si tratterebbe di un meccanismo simile a quello di Quota 100, con l’unica differenza dell’età anagrafica. Quota 102 infatti permetterebbe di andare in pensione con 38 anni di contributi, come nel caso di Quota 100, ma con un’età anagrafica più alta, pari a 64 anni e non più a 62.
Un’altra differenza non da poco è data dal taglio dell’assegno, visto che la pensione anticipata con Quota 102 potrà avvenire solo accettando una sforbiciata compresa tra il 2,8% e il 3% del montante contributivo per ciascun anno necessario al raggiungimento dei requisiti di età previsti per la pensione di vecchiaia. Una formula che aiuterebbe una fetta molto più ampia di profili, con l’eccezione dei più giovani che hanno iniziato a lavorare tardi o con molti buchi contributivi. Chi avrebbe maggiori benefici sono coloro che hanno iniziato a lavorare intorno ai 25 anni, con anticipi di oltre tre anni.


Secondo le elaborazioni di Progetica, l’anticipo di un anno di pensione porta ad una riduzione dell’assegno di circa il 4%, che può arrivare fino al 15% per chi anticiperebbe di 3 anni e 8 mesi con Quota 102.

Quota 41

Quota 41. Altra possibilità sarebbe quella della pensione anticipata con Quota 41, oggi riservata ai soli lavoratori precoci, coloro che possiedono almeno 12 mesi di contributi da effettivo lavoro accreditati prima de 19° anno di età e che, per giunta, appartengono a una delle seguenti categorie tutelate: caregiver (coloro che assistono da almeno 6 mesi un familiare convivente, entro il primo grado- in casi specifici anche entro il 2° grado, portatore di handicap grave), invalidi civili dal 74%, disoccupati di lungo corso, addetti ai lavori gravosi, usuranti e notturni.

Il governo ragiona sulla richiesta dei sindacati di inserire la possibilità di pensione anticipata («Quota 41») per i «lavoratori fragili», come ipotizzato nelle scorse settimane, indentificandoli nei malati immunodepressi, riceventi o in attesa di trapianto, diabetici, cardiopatici pazienti in dialisi. Nonché i soggetti che non possono prestare attività lavorativa perché giudicati inidonei al lavoro o che siano stati licenziati per superamento del periodo di comporto (6 mesi), e coloro che sono impegnati in settori con un più alto rischio di contagio come la sanità e i trasporti.

Ape social allargata

Ape social allargata. La possibilità di andare in pensione a 63 anni e a costo zero con la cosiddetta Ape social potrebbe essere estesa anche ai cosiddetti “lavoratori fragili a rischio Covid”. Si tratta di coloro che pur non essendo invalidi al 74% soffrono di gravi patologie, come tumori o malattie cardio-vascolari. Non solo, l’ape social potrebbe essere estesa anche a disoccupati di lunga durata o a chi non ha diritto alla Naspi (l’indennità di disoccupazione). Inoltre, per l’ape social riferita ai lavorai gravosi, i sindacati vorrebbero la riduzione da 36 a 30 anni di contributi in modo da far rientrare molte categorie di lavoratori oggi esclusi, come gli addetti all’edilizia, gli agricoli ed i marittimi.

Pensione donne, proroga dell’«opzione donna» (in pensione a 58 e 59 anni cn penalizzazione)

Un occhio alle donne. Nel corso dell’ultimo incontro, il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha confermato la proroga ancora per tutto il 2021 di opzione donna, il meccanismo che permette alle donne lavoratrici, sia dipendenti che autonome, di andare in pensione prima a 58 e 59 anni.
In questi casi il calcolo della rendita avverrà con il metodo «contributivo», decisamente meno vantaggioso di quello «retributivo»; si perde una quota di pensione tra il 25 ed il 30%.
Peraltro, la riapertura della «pensione anticipata rosa» non dovrebbe presentare grossi problemi di spesa. Potrà infatti essere finanziata dai risparmi registratisi dalla differenza tra le risorse a suo tempo stanziate e quelle effettivamente utilizzate.

Part-time verticale e orizzontale: gli effetti sulla pensione

Part-time. A nome del governo, la ministra del Lavoro Catalfo si è detta disponibile ad equiparare il part time verticale a quello orizzontale ai fini previdenziali, e a semplificare il contratto di espansione per le aziende fino a 500 dipendenti.

Fondi pensione e previdenza integrativa. il silenzio-assenso

Fondi pensione. Potrebbe inoltre essere previsto un nuovo semestre di silenzio-assenso per i fondi pensione, per fa decollare, una volta per tutte, la previdenza integrativa.
In cosa consiste il silenzio-assenso? Entro 6 mesi dalla prima assunzione, il lavoratore del settore privato deve infatti decidere cosa fare del proprio Tfr. Può destinarlo in via definitiva a una forma pensionistica complementare (compilando il modello TFR2), aderendovi, oppure, lasciarlo in azienda, non aderendo ad alcuna forma di previdenza integrativa.
La scelta di aderire alla previdenza complementare è irrevocabile, mentre quella di lasciare il Tfr in azienda può in ogni momento essere modificata.
In mancanza di una scelta esplicita da parte del lavoratore opera il meccanismo del silenzio-assenso: il Tfr confluisce automaticamente nel fondo pensione previsto dal contratto collettivo di lavoro o, in presenza di più fondi, in quello a cui è iscritto il maggior numero di dipendenti; in tal caso il lavoratore aderisce “tacitamente” al fondo pensione.

Ovviamente, la conferma di quanto annunciato nel confronto governo-parti sociali la si vedrà solo dopo la presentazione del testo ufficiale della legge di Bilancio in Parlamento, atteso per i primi giorni di novembre.

Fonte: Corriere.it

redazione

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