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Processo Perricone, l’ex vicesindaco di Alcamo sentito sull’ipotesi di corruzione

Durante l’esame del suo avvocato, tenutosi al tribunale di Trapani, il politico alcamese è stato ascoltato riguardo l’avviso regionale sull’apprendistato professionalizzante del 2013, al quale partecipò la Promosud. Nella vicenda sarebbe coinvolto l’ex funzionario del centro dell’impiego della città, Emanuele Asta.

Si è svolto lunedì mattina, presso il tribunale di Trapani, il processo a carico dell’ex vicesindaco di Alcamo, Pasquale Perricone e di altri tre soggetti: la cugina, Girolama Maria Lucia Perricone, detta Mary, la legale rappresentante della Promosud srl, Marianna Cottone, e l’ex funzionario del centro dell’impiego di Alcamo, Emanuele Asta, accusati, nell’ambito dell’inchiesta “Affari sporchi” della Procura di Trapani del 2016, di vari reati: associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, corruzione, truffa ai danni dello Stato e della Ue. L’udienza, tenutasi davanti al collegio dei giudici, presieduto dal dottore Enzo Agate e a latere le dottoresse Roberta Nodari e Chiara Badalucco, si è distinta in 3 parti. Nel corso della prima fase dell’esame della difesa di Pasquale Perricone, rappresentata in aula Giangiacomo Ciaccio Montalto dall’avvocato Giuseppe Benenati, è stata completata la lista dei quesiti sul tema della formazione professionale e, nello specifico, sull’avviso pubblico n.6 del 2009 della Regione Siciliana e sul corso “Il lavoro di fabbro in ferro” organizzato dalla Promosud. In particolare, si è tornati a parlare dei preventivi che la società avrebbe dovuto consultare, secondo le linee guida rilevate dagli ispettori della Deloitte (società delegata ai controlli dalla Regione) prima di acquisire delle attrezzature informatiche dalla Paidos. L’ex vicesindaco di Alcamo ha affermato che i preventivi sarebbero stati presentati in sede di contraddittorio, nel 2012. Gli stessi, poi, avrebbero dovuto avere uguale formato, scaricabile dal sito web dell’ente di formazione e a cui i fornitori avrebbero dovuto apporre solamente il prezzo, ragion per cui, secondo Perricone, il signore Salvatore Longo ha dichiarato agli inquirenti di riconoscere la firma apposta su un preventivo, ma di non riuscire a trovarlo nel proprio archivio. Per la magistratura, invece, tali preventivi, presentati postumi, non riporterebbero date veritiere.

Per quanto concerne il noleggio delle apparecchiature informatiche mediante contratto stipulato tra Promosud e Paidos, il politico alcamese ha dichiarato che tutte le attrezzature noleggiate disponevano delle fatture e che solamente una fattura sarebbe stata emessa successivamente. Per l’accusa, invece, non sono stati rinvenuti documenti di trasporto della merce noleggiata ed alcuni dei beni indicati nel contratto di noleggio sono stati acquistati dalla Paidos in data successiva alla stipula del contratto citato. Detti strumenti informatici sarebbero stati destinati al personale di segreteria, ha spiegato Perricone, e ciò costituirebbe il motivo per cui gli alunni del corso hanno dichiarato di non avere mai ricevuto i dispositivi. Pasquale Perricone ha, inoltre, rigettato l’accusa secondo la quale la società Paidos avrebbe predisposto lo stesso noleggio di attrezzatura informatica sia a Promosud che a Espet (altro ente di formazione di cui Perricone è stato legale rappresentante e per il quale è coinvolto in un procedimento parallelo). Promosud non avrebbe mai tirato fuori un euro per il noleggio da Paidos, ha sostenuto durante l’esame lo storico esponente del PSI alcamese.

Relativamente alla famosa check list redatta dai controllori della Deloitte, l’ex vicesindaco ha dichiarato che si trattava di un altro formulario in dotazione agli esperti esterni della Regione, unico per tutti i progetti Pon. Su questa check list, che il controllore doveva verificare, è intervenuto il presidente del collegio dei giudici. Il dottore Agate non ha infatti interpretato una contraddizione nella compilazione della scheda da parte dell’ispettore Benedetto Cassarà, mostratagli dalla difesa. Sulle verifiche di competenza regionale, il politico alcamese ha riferito che la Promosud veniva sottoposta alle stesse ogni trimestre e che non sono mai state riscontrate in questo caso delle anomalie.

Infine, si è tornati a discutere del famoso seminario che si sarebbe dovuto svolgere al Centro Congressi Marconi nel 2012, a fine corso. Per la Procura, non sarebbe mai avvenuto, così come desumibile dalle dichiarazioni dei relatori che avrebbero dovuto prenderne parte. Perricone ha affermato di avere invitato personalmente i rappresentanti delle istituzioni politiche, in quanto all’epoca rivestiva la carica di vicesindaco di Alcamo. Nello specifico, ha dichiarato di avere invitato l’allora primo cittadino, Sebastiano Bonventre, e Ottilia Mirrione, assessore allo Sviluppo Economico. Secondo il politico alcamese, la notizia del suo arresto diffuso dalla stampa avrebbe contribuito a diverse amnesie di soggetti che conosceva da tempo. Il sindaco Bonventre, come ha riportato Perricone, avrebbe frequentato spesso gli uffici di via Ferro ( sede di altre società secondo l’accusa riconducibili a Perricone) e avrebbe conosciuto sicuramente Marianna Cottone. Lo storico esponente del Psi alcamese ha precisato di avere invitato anche il rappresentante del CNA, Rosario Scardina. Tutti, comunque, sarebbero stati invitati a prendere parte al seminario, ma non come relatori. Inoltre, Pasquale Perricone ha spiegato che la realizzazione di due seminari, uno organizzato dall’Espet e l’altro da Promosud, nello stesso luogo ma ad orari diversi, si sarebbe resa necessaria per garantire la presenza delle istituzioni per l’appunto. Le riprese della giornata effettuate, invece, dall’emittente locale Video Sicilia non sarebbero state retribuite. Solamente gli spot effettuati per pubblicizzare il corso sarebbero stati pagati.

La seconda parte dell’udienza, invece, è stata dedicata all’ipotesi di corruzione, reato di cui è accusato anche Emanuele Asta ( e l’unico ospite a ricordarsi di aver preso parte ai seminari di cui sopra). L’ex funzionario del centro dell’impiego di Alcamo, secondo la Procura trapanese, avrebbe chiesto al Perricone e a Marianna Cottone di assumere la moglie Antonella Ruisi e la nipote Lea Accardo come docenti presso uno dei corsi da loro organizzati, e ottenendo promesse e rassicurazione da entrambi alle sue richieste. In cambio, il signor Asta avrebbe chiuso un occhio sui controlli da effettuare nei confronti degli enti che organizzavano le lezioni per l’apprendistato professionalizzante e, precisamente, la Promosud e la Dafne Consulting. Perricone ha riportato che i corsi in questione, a differenza di quelli precedenti, potevano essere attivati anche con due allievi, ai quali veniva riconosciuto un voucher una volta raggiunto l’80% delle lezioni da seguire. Il problema di tali corsi, però, sarebbe consistito nel fatto che tali allievi erano apprendisti di ditte individuali o con un unico impiegato e, dunque, difficilmente i datori di lavoro avrebbero permesso di allontanarsi, dal momento che i corsi di apprendistato dovevano tenersi contestualmente all’orario di svolgimento dell’attività. Il politico alcamese ha dichiarato che avrebbero dovuto denunciare tale situazione, ma ciò avrebbe comportato delle pesanti sanzioni da parte dell’ispettorato del lavoro alle ditte. I controlli del centro dell’impiego, secondo la sua tesi, si sarebbero dovuti effettuare prima dell’inizio e a fine corso, quando l’ente avrebbe dovuto generare un modulo 4, facoltativo e non obbligatorio per Pasquale Perricone. La vidimazione da parte del centro dell’impiego di questo modulo era poi necessario per ottenere la liquidazione da parte della Regione Sicilia, ma non sarebbe mai stata ottenuta perché alla fine non è stato generato. Per gli inquirenti, invece, l’operazione non è andata avanti perché è intervenuto il sequestro negli uffici di via Goldoni. Perricone, al contrario, ha sostenuto in aula che tali corsi erano già stati formalmente chiusi. Successivamente, è stato sentito in merito ad una intercettazione dell’aprile 2015. In tale conversazione, avvenuta con Asta e la Cottone, si sarebbe discusso di alcuni corsi Oss e di acconciatura per parrucchieri. L’ex vicesindaco ha precisato che i due ambiti andrebbero distinti, in quanto i primi sarebbero stati di carattere privato e a pagamento. Proprio relativamente a questi ultimi sarebbe sorto l’interesse dell’Asta a che si trovasse un lavoro per il proprio coniuge. Ma non se ne fece nulla, ha precisato Perricone. Per quanto riguarda la docenza della nipote dell’ex funzionario del centro per l’impego di Alcamo, non sarebbe stata legata ad un corso della Promosud, ma di un altro ente, l’Ires, guidato da Liborio Ciacio (amico di Perricone). Il politico alcamese ha poi escluso che nell’ambito di tali conversazioni con l’Asta si facesse riferimento a suo genero, Giuseppe Caruso. Si tratterebbe di un errore di trascrizione e il riferimento sarebbe proprio al suo amico.

Infine, nell’ultima tranche dell’udienza è stato introdotto il tema della bancarotta fraudolenta concernente la Cea e i lavori del porto di Castellammare del Golfo dal cui sequestro è scaturita l’inchiesta succitata e portata avanti dai magistrati Rossana Penna e Marco Verzera. La cooperativa, precisamente, è stata fondata nel’69 dal padre dall’esponente storico del Psi alcamese. Nello specifico, sono stati trattati i ruoli rivestiti da quest’ultimo all’interno della società e dei consorzi di cui la stessa deteneva una quota. Pasquale Perricone ha raccontato di avere iniziato a lavorare nel 1976 presso la Lega delle Cooperative a livello regionale e presso l’Aica a livello nazionale. In questi anni sarebbero cominciati i primi rapporti con i grandi Consorzi di cooperative in Italia: CCC di Bologna, Ravennate, di Forlì, CNS di Bologna. Solo successivamente vennero stretti dei legami con Coveco. Nel 1980 ha poi presentato istanza per lavorare alla Bnl. Nel 1985, sarebbe stato spinto dalla Lega delle Cooperative ad entrare nella Cea, con un contratto di collaborazione esterna. Allo stesso tempo si è messo in aspettativa dalla Banca citata. Dalla sua fondazione agli anni ’90, ha raccontato il politico alcamese, la Cea è passata da una cinquantina di soci a 100. Quando è entrato nella società, Rosario Agnello (sua testa di legno per la Procura) era presente come socio e direttore tecnico all’interno della cooperativa. Il padre di Perricone ha ricoperto la carica di presidente fino agli anni ’90, quando la società è diventata una delle più grandi realtà della provincia di Trapani. Gli succederà il vicepresidente, il signor Maniscalchi. Dal ’96 al ’97, Perricone ha ricoperto la carica di presidente della Cea. Contemporaneamente, è stata aggiudicata la gara per dei lavori al porto di Pantelleria all’Ati capeggiata dal Consorzio ravennate, e costituita insieme alla Cea e alle imprese Emmolo. Un appalto che, a causa di errori di progettazione, si concluderà con dei risarcimenti pro quota alle società menzionate. Sempre in quegli anni, e fino al 2002, ha ricoperto la carica di vicepresidente del Consorzio Promosud, da non confondere con la società che si occupa di formazione professionale. Gli succederà Rosario Agnello. La sede legale si trovava presso gli uffici della Cea, in via Goldoni, quella operativa presso gli uffici delle imprese Emmolo, in Corso dei Mille ad Alcamo. Sempre nel 2002, Perricone, come dallo stesso confermato, ancora gravitava nella Cea per portare avanti gli interessi del Consorzio di cui faceva parte. Il suo allontanamento dalla società, dimettendosi dalle cariche di presidente (manteneva ancora quella di direttore generale), sarebbe stato suggerito dalla Lega delle Cooperative a seguito di pressioni e atti intimidatori provenienti da ambienti mafiosi, alcuni dei quali, come raccontato da Perricone, sarebbero stati denunciati a Trapani, ritenuto un luogo più sicuro. Episodi che, per il politico alcamese, sarebbero legati all’attività della Cea. Nel ’96-’97 la Cea, ha dichiarato lo storico esponente del Psi, aveva vinto “causalmente” un appalto ad Alcamo. Sempre in quegli anni è iniziata la collaborazione del pentito Giuseppe Ferro, a capo del mandamento alcamese dopo la morte di Vincenzo Milazzo. L’ex capomafia lo aveva indicato come imprenditore in affari con l’organizzazione mafiosa alcamese. Aveva dichiarato, e poi confermato in una delle udienze del processo in corso (https://itacanotizie.it/2018/06/01/processo-perricone-il-collaboratore-di-giustizia-giuseppe-ferro/ ), che negli anni ‘90 Pasquale Perricone aveva versato alla famiglia mafiosa di Alcamo la percentuale su due appalti aggiudicati e, complessivamente, del valore di circa 20 miliardi (strada Crocicchia e ammodernamento della rete idrica interna). La prossima udienza sarà dedicata ancora una volta al tema della bancarotta fraudolenta. Si terrà il 26 ottobre.

Linda Ferrara

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