Era stato il primo ad annunciare la propria disponibilità a candidarsi a sindaco di Marsala. Ma alla presentazione delle liste il nome dell’avvocato Diego Maggio non figurava tra gli aspiranti primi cittadini. Qualche giorno fa, un po’ a sorpresa, la notizia del suo inserimento nella governance di Massimo Grillo, al quale ha assicurato la propria disponibilità ad occuparsi di cultura.
Partiamo dalla mancata candidatura: interventi pubblici, riunioni e poi la rinuncia. Cosa è successo?
La mia volontà di spendermi per la città ha avuto una evoluzione, più che una battuta d’arresto, ma non c’è nessuna incoerenza con le idee che ho sempre professato. Marsala ha bisogno di un governo di solidarietà cittadina, come l’Italia ebbe bisogno di un governo di solidarietà nazionale all’uscita dal secondo conflitto mondiale. Non è mitomania, né una forzatura. Il Covid che ha chiuso le nostre case e i nostri esercizi per tre mesi, minacciando purtroppo riprese, ha cambiato i parametri e inciso, ancora più profondamente su una crisi ormai evidente a tutti. Da questa crisi non si esce in maniera divisiva. All’amministrazione uscente contesto proprio il modus operandi, che ha inciso sulla solidarietà dei marsalesi e sul loro sentirsi membri di una comunità.
Che tipo di contributo intende dare per la cultura a Marsala?
Credo di poter mettere a disposizione della mia città il bagaglio delle esperienze che ho compiuto e le idee che ho portato avanti e a cui non rinuncio. Voglio proporre progetti credibili, realizzabili, con le risorse disponibili. Occuparsi di cultura significa riappropriarsi delle radici, dell’autenticità delle proprie vocazioni. Marsala non ha una tradizione metallurgica, chimica o nel settore petrolifero. Ha sostanzialmente due punti forti: la grande sapienza nell’agricoltura (vitivinicoltura, ortoflorovivaismo, piante ornamentali, olio) e la vocazione millenaria all’ospitalità. Tutte e due possono e devono diventare occasioni di lavoro e benessere.
Ha già in mente proposte o iniziative che possano portare concretamente a una crescita della comunità?
L’ambito culturale che vedrà Marsala risorgere dovrà comprendere la rivalorizzazione delle risorse umane esistenti: dagli artisti, che devono vedere ricompensato il proprio lavoro, a coloro che devono trovare un motivo per tornare a Marsala e trovare qui occasioni di riconoscimento della propria professionalità. Ma la cultura comprende anche la rivalutazione dei nostri giovani attraverso occasioni di formazione professionale, la riscoperta dei nostri valori rurali, della nostra capacità di ospitalità nei bagli, negli agriturismi, ma penso anche allo sport, al porto o al riconoscimento Unesco per Mozia e Lilybeo, che ho proposto per la prima volta nel 2002. Marsala ha tutte le carte in regola per ambire ad essere capitale europea della cultura. Il vino Marsala, in occasione del 160° anniversario dell’Unità d’Italia, nel 2021 può e deve essere riconosciuto dal Presidente della Repubblica come vino dell’Unità d’Italia. Ma penso anche ai 250 anni dall’arrivo a Marsala di John Woodhouse e dalla scoperta di questo gioiello enologico di cui parlò il mondo e di cui poi gli imprenditori locali si sono appropriati. Mi sono deciso ad accettare questo invito, mentre altre amministrazioni a cui ho fatto le stesse proposte non le hanno considerate né ascoltate. Non ho guardato al colore politico, ma all’impegno che ho preso di spendermi per la città senza pretendere nulla. Non mi sono state poste condizioni, né ne ho poste io. Ritengo giusto, tuttavia, dare in questa sede delle spiegazioni sulla scelta che ho fatto.
Cosa risponde a chi l’ha accusata di aver tradito il centrosinistra, sostenendo una coalizione che comprende anche un partito dichiaratamente di destra come Fratelli d’Italia?
Il mio sentire attuale non è in contraddizione con quello di sempre. Ho letto diversi post sui social, mi è dispiaciuto che i guardiani dell’ortodossia di sinistra mi abbiano messo all’indice. Ma io non rinnego nulla del mio passato, delle mie idee, della solidarietà che sento verso quel popolo marsalese che mi votò in massa quando mi candidai al Senato, mancando l’elezione per poche centinaia di voti. Fosse andata diversamente, sarebbe cambiata la storia di questo territorio e, a distanza di tanti anni, mi ritrovo a pensare che in quella situazione il “fuoco amico” pesò tanto. Mi sento tanto vicino a quel popolo quanto lontano dalla giunta uscente, che ha sempre accolto con alterigia e arroganza le proposte da me presentate per Marsala. Forse si sentono portatori di una supremazia culturale, tipica di certi radical chic che tanto male hanno fatto alla città. Io, invece, non ho mai creduto che la cultura o l’essere perbene fossero monopolio della sinistra. Sono un ammiratore dei ragazzi di Libera, così come di quelli di Nonovento e, in generale, di tutti quelli che si spendono per il bene comune. A mia volta, non smetterò mai di impegnarmi per la città che amo e non intendo lasciare quest’espressione all’enfasi dei social network, ma dimostrarla con i fatti attraverso questa collaborazione gratuita e affettuosa che ho solo cominciato a voler dare alla futura amministrazione, in caso di vittoria di Massimo Grillo.