Temperatura percepita di quaranta gradi all‟ombra, livello di umidità pari al 98%, vento 0 km/h, ci sono solo cinque parole che possono peggiorare il quadro generale. Mamma, andiamo al parco giochi. Oh, Signur. L’ha detto sul serio.
Provo ad offrire una simpatica alternativa estiva, proponendo magari un gelato squagliato sul vestito appena lavato che profuma ancora di Lenor. O una camminata al mare con annessa irritazione fra le cosce e subito via di borotalco e Fissan. O ancora, una bella passeggiata in macchina immersi nel traffico, senza sapere bene dove andare. Ma con l’aria condizionata accesa.
No, no e ancora no. Vuole il caldo del Sahara, l’appiccicaticcio delle caramelle sciolte sotto il sole, l‟ustionarsi del culetto a carne viva sullo scivolo. Va bene, andiamo.
Il parco giochi è il luogo di perdizione per eccellenza dei bambini. E quello di più alto grado di disperazione ed avvilimento per i genitori. Prevede un’ora abbondante di attività varie, tutte chiaramente all’aperto, accompagnate per lo più da un alternarsi di “un altro giro, ti prego”, “ti giuro che è l’ultimo”, “ti scongiuro, restiamo ancora un pochino” e messe a tacere con l’ultima fatale minaccia: “io vado via, tu cercati un passaggio”.
Il parco giochi vede bambini scorrazzare in lungo e in largo come forsennati assetati di giochi e sudore e i genitori rincorrerli, rassegnati al loro faticoso destino. Se sei fortunato, al parco giochi incontro la mamma di qualche compagno di asilo di tuo figlio e inganni il tempo intrattenendoti fra un “stiamo terminando la raccolta per il regalo di Natale alla maestra” e un “dobbiamo portare i rotoli di carta igienica per il laboratorio sensoriale montessoriano de me cojoni”. Ma siccome vuoi fare la mamma fine ed educata “me cojoni” lo tieni per te.
Nel frattempo, mamma spingimi. Più forte. Più forte. Papà è più bravo di te (tiè, beccati pure questa). E ancora, mamma mi compri il lecca lecca a fischietto che così suono la canzone di Peppa Pig a cappella e tu fai il fratellino George. Mamma, ho sete. Mamma, ho la sabbia dentro le scarpe. Mamma, toglimi le scarpe, puliscimi i piedi, rimettimi le scarpe, così posso tornare a sporcarmi e possiamo ricominciare tutto da capo.
Quando vedi tuo marito, che ti raggiunge con il suo bell’occhiale da sole, appena uscito dal barbiere, con la camicia al vento e il profumo di dopo barba, ti sembra un miraggio. Hai ancora un ultimo, sottile filo di voce. “O ce ne andiamo immediatamente o ammazzo te, lui e il cagnolino che mi ha appena fatto la cacca sui piedi”.
Incontri, non tanto casualmente, lo sguardo della mamma di Kevin, il compagno di tua figlia. Ti senti sporca, sudata, stanca. E vedi lei in tallieur bianco, borsa firmata e tacco a spillo. Perfetta.
E senza ritegno alcuno, ti trovi a pensare: “E se non ce ne andiamo strangolo anche lei”.