‘Bambini mai nati’: fiori strappati, mai dimenticati
Libertà, pluralismo, autodeterminazione, rispetto, condivisione: questi alcuni dei pilastri su cui i politici e gli amministratori di un paese democratico devono basare la loro attività. Il privato è politico nella garanzia delle fondamentali libertà personali e dei diritti inalienabili della persona. Qualcuno può osservare che queste sono ovvietà, ma quando si è costretti a constatare che questi principi vengono violati, ecco che risulta necessario ribadirne l’importanza perché, altrimenti, l’indulgenza diventa connivenza, il silenzio complicità. La dignità personale reclama una presa di posizione, fa appello ad una partecipazione attiva che può anche semplicemente sostanziarsi nell’esprimere la propria opinione attraverso la stampa, nel cominciare a dire no, non ci sto. Questa è solo una premessa per spiegare le ragioni di questo intervento.
Chi scrive è convinta che fare politica, rappresentare i concittadini, sopratutto coloro da cui si è stati scelti, prendere delle decisioni per conto loro cercando di soddisfarne i bisogni e di realizzarne il benessere sia un compito molto impegnativo, una vera missione. Amministrare bene è quasi velleitario perché spesso il benessere comune non coincide con gli interessi dei singoli. Ma che certe decisioni vengano prese in modo superficiale, senza un approfondito dibattito, senza una giustificata motivazione e senza considerarne la portata e le conseguenze da un consiglio comunale a fine mandato in un calda giornata d’agosto con l’interesse di attirarsi il consenso di una parte di elettori da cui attingere voti, lascia costernati chi pensa che quelle parole citate in apertura non siano da usare per fare demagogia, bensì come linee guida per svolgere al meglio il proprio compito di amministratore.
Come sottolineato, ciò è difficile e lo diventa ancor di più quando si tratta della delicata materia delle donne in una condizione di fragilità e di dolore: la perdita dell’essere concepito. Si tratta dell’interruzione di una vita che si sta formando nel grembo di donna e che, pertanto, la coinvolge intimamente, nell’anima e nel corpo. Questa perdita può essere subita involontariamente per cause naturali o scelta volontariamente per diverse motivazioni psicologiche, sociali, economiche e di diversa natura, anche violenta, che riguardano esclusivamente la persona interessata ed eventualmente il compagno. Ora che un’amministrazione imponga la sepoltura, l’attribuzione di un nome ‘di fantasia’ ad un ‘bambino mai nato’, questo sembra un atto deliberatamente coercitivo. Di quale fantasia si parla? Di quale ‘bambino mai nato’ si parla? Si tratta di una ‘ipotesi di bambino’, che non è potuto venire al mondo, ma che è esistito ed esisterà nelle fantasie, nei sogni, talvolta anche incubi, di una madre potenziale. Per quell’essere lei versa lacrime causate dal desiderio inesaudito di non poterlo tenere fra le braccia, dal bisogno respinto di non potergli offrire il seno, dalla necessità indiscutibile di non poterlo accogliere.
Chi può credere che abortire (usiamola pure questa parola così brutta da far paura!) sia semplice come lasciarsi estrarre un molare in una seduta dal dentista? Frustrazione, rabbia, impotenza, sensi di colpa tormentano la donna dalla prima goccia di sangue che annuncia la morte del fiore o dal primo colloquio con lo psicologo, preludio dello strappo delle radici. L’imporre una lapide, un nome, un numero ad un fiore non sbocciato vuol dire creare un luogo del dolore, affondare il pugnale nella ferita di un cuore per sempre sanguinante. La donna che perde una parte di sé che poteva diventare suo figlio e non lo è diventato è una Madonna Addolorata che porterà sempre il lutto. Il bambino esiste per la madre, eccome se esiste, ma non è quel fiore che le hanno strappato dal seno, è un bambino bellissimo, il più bello che la sua fantasia abbia potuto concepire, un’immagine impressa nel cuore e nella mente per sempre. Se una mamma mancata avrà bisogno di un luogo dove raccogliersi in contemplazione o in preghiera è certo che lo troverà dovunque. E se quel luogo è un cimitero, lei lo richiederà, lo pretenderà e la normativa vigente glielo consente. Ma perché imporglielo? Una lapide, un nome ‘di fantasia’ potrà aiutarla ad elaborare il lutto? Crediamo proprio di no. Il suo bambino immaginato e mai formatosi sarà sempre con lei e le farà sempre versare le lacrime della perdita, della sconfitta. La donna guarderà gli altri figli e penserà al fratellino o alla sorellina che non ha dato loro oppure, quel che è peggio, guarderà i figli delle altre e sentirà la sua vita vuota, il suo seno inutile, il suo il ciclo mestruale una beffa della natura. E se fa male definirlo ‘prodotto abortivo’, ancor più male sarà chiamarlo ‘bambino mai nato’.
È possibile che si discuta e si prendano decisioni su questa perdita dolorosa in una sala consiliare da parte di amministratori che pensano già alla rielezione? In una città con tanti problemi da affrontare nell’oggi e nell’immediato futuro, che senso ha avuto mettere in agenda questo tema così cocente e affatto prioritario se non un mero calcolo opportunistico? Al di là degli schieramenti, delle opinioni e della fede di ciascuno, è triste costatare che i nostri amministratori non si rendono conto che, proprio in questo momento, le priorità sono ben altre.
E se i nostri consiglieri proprio ai bambini volevano indirizzare uno dei loro ultimi atti, perché non si sono preoccupati piuttosto dei bambini già venuti al mondo che crescono in una città con pochi spazi verdi, con pochissimi parchi giochi e zero attività ricreative a loro rivolte (film, spettacoli teatrali, animazione, ecc). Perché non si è pensato al benessere dei nostri piccoli marsalesi le cui mamme faticano a portarli a spasso per la città, costrette dalle barriere architettoniche ad incredibili gincane? Perché non si è pensato ad offrire loro, in centro e nelle periferie, più spazi, più eventi, più attività ludiche? Loro sì che un giorno potranno essere grati e dare il loro consenso ai signori che della loro crescita sana e serena si sono occupati persino a fine mandato in una calda giornata d’agosto.
Matilde Sciarrino
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Purtroppo populismo, demagogia e incoerenza fa parte di una buona parte di classe politica e Marsala in questa seduta consiliare ne è stata la dimostrazione. E' facile occuparsi di temi dolorosi e delicati che ledono la dignità personale, la libertà di coscienza e di scelta senza entrare nel merito e nell'intimo di una donna o di una coppia che vive un momento così drammatico della propria esistenza che vuoi o non vuoi rimarrà indelebile, La politica marsalese allora cosa decide di fare decide che questa ferita rimanga non solo sempre aperta ma che ci sia un luogo fisico o un nome che macchi indistintamente quella scelta sofferta che quella donna o quella coppia ha voluto prendere perché il fine di alcuni politici è ottenere consenso piuttosto che difendere la libertà di scelta o di opinione e proteggere tale libertà.
Riccardo Patti, concordo con Lei. Non aggiungo altro perché mi sono già espressa in merito.