“Le donne devono ancora lottare moltissimo sempre ed io, ogni volta che recito questo personaggio, penso che sia ultramoderno pur essendo stato scritto nel IV Secolo A. C. perchè è tutto uguale, non è cambiato nulla.
Raggiungo Marisa Laurito un attimo dopo che ha lasciato il palco antico ed ha varcato la soglia dei camerini. A vederla da vicino, con ancora addosso gli abiti di scena, una tunica arancione e dorata e una sorta di peplo marrone che le copre le membra morbide, femminilissime, penso che è sempre una bella donna. Gli occhi verdi sorridenti, i capelli scuri con riflessi blu notte e raccolti nella tradizionale acconciatura, mi accoglie con un sorriso smagliante nonostante abbia appena finito di recitare e cantare, un monologo infinito inframezzato da un piccante fraseggio con Cinesia, l’unico maschio presente sulla scena. E’ lei, _penso_, la formosa donna di spettacolo protagonista di fortunate stagioni televisive, l’attrice famosa quella r morbida che accarezza e che a tratti graffia, una carezza che sa diventare spinta, vertigine. Ora è qui, davanti a me, con l’inconfondibile incedere napoletano, un pò indolente ma aggraziato.
La prima domanda sa di retorica ma è un atto dovuto, l’unico modo per entrare a gamba tesa nel cuore della commedia di Aristofane che ha la bellezza di 2431 anni ma conserva lo smalto inossidabile delle opere eterne, senza tempo.
Lysistrata, ovvero colei che scioglie gli eserciti, stando alla fedele traduzione greca, stasera, nel Teatro Antico per eccellenza, ha ancora una volta sedotto per la sua forza e per la sua modernità. Quanto è stato fatto e quanto ancora c’è da fare?
“Siamo ancora circondati da guerre e le donne, le grandi madri, dovrebbero fare qualcosa, dovremmo unirci per prendere potere contro la guerra. Le guerre vengono fatte solo ed esclusivamente per soldi e potere e chi ci rimette sono i soldati, i figli chiamati a combattere. Io trovo che questo sia un personaggio modernissimo ed attualissimo. In Lisistrata c’è l’essenza della donna che è la femminilità. Eppure, molte di noi tendono a perderla per raggiungere la parità. La parità dei diritti non vuol dire modificare il proprio stato essenziale. Noi donne partoriamo, accogliamo e quindi siamo femminili.
Dunque, secondo lei, noi donne non dovremmo snaturarci proprio per la nostra naturale predisposizione fisica ad accogliere mettendo al mondo dei figli?
Dico che noi donne dobbiamo tentare di vincere perchè noi abbiamo diritto a tutto quello che ci è stato tolto da millenni di maschilismo.
Un esempio, Laurito.
Per esempio i salari che devono essere uguali a quelli degli uomini e pure i ruoli da ricoprire.
L’uomo o il maschio, oggi, secondo lei, come vive questo tentativo di riassetto o modifica del proprio ruolo anche all’interno della famiglia?
Non è colpa delle donne se l’uomo si è auto impoverito. Noi donne dovevamo fare il femminismo, non potevamo non fare questa lotta. Semmai, l’uomo, doveva mantenere il ruolo di responsabilità che aveva tempo fa nei confronti della famiglia.
Invece adesso l’uomo, secondo lei, si è smarcato dal suo ruolo tradizionale che l’ha visto sempre emergere?
L’uomo sta perdendo il ruolo di responsabilità e noi donne stiamo perdendo la femminilità. A volte ce ne scordiamo e questo non va bene.
Da millenni però la donna vuol piacere, essere bella, attraente, desiderabile. La donna ha ansia di piacere, si auto impone spesso il ruolo “ornamentale” che fa di lei una sorta di bell’oggetto sessuale per cui avere o meno cervello è superabile se non addirittura non richiesto. Lysistrata però vince con lo “sciopero del sesso” per costringere gli uomini a porre fine all’interminabile guerra.
Sì, è proprio così. Io ho fatto il ’68. Noi femministe abbiamo lottato tanto e ti assicuro che quando vedo in televisione delle vallette mezze nude che fanno le cretine e le ochette, a me girano le …. pensare che noi abbiamo combattuto per dare la libertà anche a queste donne che sono nate dopo. Eppure il sesso, o suscitare desiderio sessuale, appare come l’unica via per esser apprezzate.
Marisa Laurito, sorride. E’ stanca e capisco che vorrebbe spogliarsi, alleggerire il suo abbigliamento, riposare dopo aver dominato la scena per quasi un’ora e mezza. Ringrazio e saluto dopo aver scattato un paio di selfie che terrò nel mio album di foto private. Un attimo dopo lei ha già tirato la trasparente tenda rossa del camerino e ha già iniziato a togliere le forcine dai capelli.
Mi giro e vedo l’attore che poco prima era sul palco, il malcapitato Cinesia interpretato da un adorabile Mario Scaletta, attore, autore, regista e pittore, uomo di grande passione artistica e che insieme a Nicasio Anzelmo, direttore artistico del festival “Le Dionisiache”, ha adattato il testo teatrale.
Mario Scaletta, lei praticamente da solo ha dovuto tenere testa a questa forza della natura. E’ stato bacchettato, preso in giro, costretto ad ammettere i propri limiti. Un suo commento sul suo ruolo di maschio, di Commissario nella guerra del Peloponneso smascherato da una pervicace Lysistrata
Poveretto! Il ruolo mi fa molto divertire. Mi soddisfa da un punto di vista attoriale e anche dal punto di vista del lavoro. Recitare accanto a Marisa Laurito è una bellissima esperienza. Mi onora di passare accanto a lei, sul palco, delle serate splendide. Lei mi dà la possibilità di divertirmi. Ogni sera l’accordo, raggiunge nuovi livelli e questa è una cosa bellissima. Stasera, il vento caldo di scirocco ha accarezzato le antiche tavole, le pietre, tutto.
In effetti, il vento ha lambito i nostri volti, i nostri corpi, come un tenero padre. Esco dal camerino salutando gli attori. Incrocio con lo sguardo la brava Monica Guazzini, l’esile Myrrina, la simpatica moglie di Cinesia, altra donna emancipata che dà filo da torcere al “forte ma traballante” Commissario degli eserciti, alla fine costretto ad implorarla pur di fare sesso con lei. La volta lucente del cielo sovrasta l’Antico theatron .Un panteismo mirabile, silenzioso ed immanente pervade le pietre. La presenza degli Dei è percepibile nel respiro del vento, nelle pietre eterne. Il Mito è ovunque e ci parla, instancabile, da millenni. Lysistrata è ancora lì. Donna giovane ed eterna. Ha fermato la guerra sanguinaria fra Sparta ed Atene e non smette di parlare di pace ed amore fra i popoli. E’ astrazione e concretezza, è sintesi filosofica e carnale essenza femminile.
Non sono l’unica a pensare questo. Il direttore artistico Nicasio Anzelmo, Deus ex Machina delle Dionisiache di Segesta, lo ha dichiarato recentemente: Il mito è sempre stata la nostra linea guida e con esso noi oggi continuiamo a confrontarci. Questo Festival forse ha la presunzione di distribuire pillole di speranza per una ripresa culturale
necessaria alla nostra anima. Nella dimensione del mito le donne incarnano il desiderio inafferrabile o l’inquietudine del mostruoso, la complessità del loro essere e le motivazioni del loro agire restano sempre nella sfera del misterioso su cui il teatro di oggi, come quello di un tempo, non smette di interrogarsi». A Segesta, l’avventura continua.
Tiziana Sferruggia
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