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Ance Sicilia: “Dl Rilancio dimentica le imprese edili siciliane”

“Abbandonati dal governo nazionale, noi imprenditori edili siciliani fra un mese saremo destinati a scomparire: moriremo di fame prima che di Covid”. Lo denuncia Santo Cutrone, presidente di Ance Sicilia, che spiega: “Il governo nazionale ha investito la maggior parte dei 55 miliardi su sostegno al reddito e sul sociale e all’ultimo momento ha stralciato dal decreto legge ‘Rilancio’ quanto promesso al comparto edile appena dieci giorni fa dalla ministra Paola De Micheli all’assemblea dell’Ance nazionale: il ‘Piano Marshall’ per gli investimenti in opere pubbliche, l’accelerazione dei Contratti di programma di Anas e Ferrovie dello Stato e le misure finalizzate a dare liquidità, come il pagamento immediato dei lavori fin qui eseguiti. De Micheli oggi annuncia che le misure saranno inserite nel prossimo decreto ‘Semplificazioni’. Ma il testo dovrebbe essere pronto fra quindici giorni, il che significa, con i tempi di questa maggioranza, almeno un mese per il suo varo. Nel frattempo, in Sicilia le imprese edili, già da tempo alla canna del gas, devono anticipare ai lavoratori la cassa integrazione, devono investire sulle misure di sicurezza, mentre i prestiti garantiti dallo Stato tardano ad arrivare, manca l’accordo Stato-Regione sulla rimodulazione dei fondi europei per l’emergenza e di cantieri non si vede l’ombra. E certamente la soluzione a breve termine non possono essere l’ecobonus o il sismabonus. Denunciamo ai governi nazionale e regionale che non potremo resistere per un altro mese ancora”.

Cutrone lancia un ulteriore allarme: “Il Paese è bloccato da una burocrazia che non riesce nemmeno a tutelare se stessa, se si pensa che per la norma della Finanziaria 2018 sull’anticipo del Tfr ai dipendenti pubblici ancora manca il decreto d’attuazione. La linea del governo finora è stata, giustamente, quella di tutelare subito redditi e bisognosi, ma ingiustamente ha rinviato sine die le misure di sostegno alle imprese. Palazzo Chigi non comprende che senza un’iniezione massiccia di investimenti sul sistema strutturale, il Paese non potrà ripartire e quando finiranno gli aiuti a pioggia non ci sarà lavoro e, quindi, non ci sarà la capacità di recuperare quanto perso in questo periodo, resterà solo l’indebitamento. Ci troveremo come dopo un’esplosione nucleare, finiremo peggio della Grecia. Il governo deve agire subito per le imprese e deve farlo velocemente. Non ha affrontato il problema con una seria riforma semplificativa attesa anche dai mercati finanziari, pensa di risolvere per slogan e attacchi generici il problema della burocrazia e di nominare commissari per tutto. Questa non è una soluzione e anzi aggrava il problema”.

Secondo Cutrone, infatti, “… il modello Genova è stato sicuramente utile per quella particolare situazione, ma abdicare a norme e regole e mettere ogni appalto nelle mani di commissari che scelgono direttamente a chi affidare i lavori, in nome della velocità, significa dichiarare il fallimento della funzione dello Stato, azzerare i principi di sana concorrenza e di mercato, escludere dalle progettazioni e dai cantieri l’intero sistema delle piccole e medie imprese che hanno investito per operare in totale sicurezza e, in definitiva, consegnare l’economia del Paese al monopolio delle multinazionali e dei loro enormi capitali”. “I commissari – conclude Cutrone – possono essere utili nella fase che precede la gara, per accelerare le autorizzazioni alle opere. Ma le gare devono essere attuate nella massima trasparenza e su piattaforma telematica. Per questo torniamo a chiedere al governo regionale di incalzare le stazioni appaltanti perché accelerino la pubblicazione dei bandi applicando esclusivamente la normativa regionale nonchè l’espletamento delle gare su piattaforma telematica”.

redazione

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