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«Morirà più gente di crisi economica che di Coronavirus». L’analisi dell’immunologo marsalese Sergio Abrignani

Dal calciatore Dybala al Covid Hospital di Marsala, dal padiglione “inutile” della Fiera di Milano alla cattiva gestione dei pazienti, a Sergio Abrignani, marsalese di nascita e milanese d’adozione, immunologo, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale Genetica Molecolare “Romeo ed Enrica Invernizzi”, professore ordinario di Patologia Generale alla Statale di Milano, sfugge poco o nulla. Durante l’intervista concessaci, emerge un’analisi lucida, a tratti forse un po’ fredda, per qualcuno forse addirittura spietata di un tempo “grave” ma uguale a tanti altri corsi e ricorsi della grande Storia dell’Umanità. Abrignani ci ha offerto il resoconto razionale di un addetto ai lavori, di un ricercatore abituale di patologie che concede poco spazio a “umani” sentimentalismi carichi di pathos e di teneri amarcord. Il noto scienziato non ha lesinato critiche alla gestione politico economica del virus, sulla inconciliabilità fra Salute e Lavoro, e per l’Italia avrebbe auspicato, il “modello svedese”.

Professor Abrignani, lei, all’inizio di Marzo, ha inviato, assieme ad altri 300 scienziati italiani, una lettera al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Quale messaggio conteneva quella missiva?

Quel documento è stato sottoscritto 20 giorni fa, bisogna ricordarlo. La situazione era diversa. L’emergenza era galoppante. In quel momento avevamo quasi 1000 morti al giorno e si faceva il triage per decidere chi far vivere o morire. Noi abbiamo offerto i nostri laboratori di ricerca per poter eseguire le analisi dei tamponi, per mappare meglio l’epidemia.

Un bel gesto solidale.

I migliori laboratori di ricerca italiana si sono messi insieme ed hanno detto alla Sanità pubblica “Noi ci siamo se vi serve aiuto”

Ora invece la situazione com’è?

Ora per fortuna, a distanza di 20 giorni la situazione è cambiata, ci sono molti meno infetti e non c’è bisogno di fare campioni a tappeto come prima. E’ quello che per esempio è stato fatto a Vo’Euganeo ma ha 800 abitanti. Non è facile farlo in tutta la Lombardia. Stiamo parlando di quasi 10 milioni di persone.

La scelta di adibire il “Paolo Borsellino” a Covid Hospital ha suscitato a Marsala e non solo molte polemiche. Lei da addetto ai lavori oltre che da marsalese, cosa ne pensa?

“Paolo Borsellino” ospedale

E’ stata una buona scelta perché si tratta di un ospedale completo. Il paziente in terapia intensiva, non richiede solo l’intubazione, ha bisogno dell’infettivologo ad esempio ma anche del cardiologo. Per fortuna non si è verificata l’emergenza che però bisognava mettere in conto. Ma è come se io facessi l’assicurazione antincendio e poi mi lamentassi che la mia casa non è andata al fuoco.

La stessa cosa possiamo dirla per il padiglione della Fiera di Milano adibito a terapia intensiva costato 21 milioni di euro e mai utilizzato?

Non è la stessa cosa. Molti esperti l’hanno definita una follia.

Perché?

Perchè fare una terapia intensiva decontestualizzata, cioè fuori da un ospedale, è assurdo. In 10 giorni hanno tirato su un reparto piazzandogli 100 intubatori ma non ha senso. Credo che oggi non lo rifarebbero.

Lei attribuirebbe l’alta mortalità registrata in Lombardia alla gestione sbagliata dei pazienti Covid? Penso ad esempio mettere pazienti Covid nelle RSA abitate da anziani

Errori ne sono stati fatti. Chi ha sbagliato avrà molti provvedimenti giudiziari. A parte il problema delle RSA che a rigor di logica è stato un grave errore quanto accaduto, le dico che la Lombardia è stata investita da uno tsunami. Non potete immaginare ciò che è accaduto qui.

Perché la Lombardia è una delle regioni più colpite?

Il virus ha trovato terreno fertile per attecchire ovunque. E’ la regione più popolata d’Italia ed è quella che ha più ingressi dall’esterno ed è quella in cui si è diffuso il virus prima ancora che si sospettasse qualcosa. In Lombardia, il 70% della popolazione si sposta su mezzi pubblici che in certe ore sono sovraffollati. Senza contare la movida milanese. Centinaia di persone affastellate in un locale piccolo. Il Coronavirus ha circolato per un mese senza che nessuno lo sapesse.

Dunque il particolato nell’atmosfera inquinata non c’entra.

Non so se l’inquinamento abbia avuto anche un ruolo ma già bastano le condizioni espresse prima.

Lei, in un’intervista, ha detto che il sistema immunitario avrà la meglio. La pensa ancora così?

Il sistema immunitario ha la meglio nella maggioranza dei casi in tutte le infezioni virali acute come questa per l’appunto.

E’ sbagliato pensare che il Covis19 ci sembra molto più pericoloso di una normale influenza?

Ha una mortalità dal 6 al 10 % a seconda delle Regioni. Noi sospettiamo che ci sia un numero estremamente elevato di gente che ha preso il virus in forma asintomatica. Si pensa che nella sola Lombardia ci siano un milione di infettati dei quali “soltanto” centomila abbiano avuto i sintomi. Quindi la letalità, se la compariamo ai centomila infettati con sintomi ci dà una percentuale dal 10 al 14% ma comparata al milione, diventa dell’1,5%. E comunque anche fra gli infettati sintomatici, la stragrande maggioranza, il 90%, dunque, supera l’infezione.

Quanto permane il virus in un ammalato?

Un tempo che varia da 3 a 8 settimane. Il sistema immunitario poi lo elimina

Un calciatore come Dybala, ad esempio, è positivo al Coronavirus da 40 giorni. Non sembra il prototipo del “debole” fragile, anziano, malaticcio. Com’è possibile tutto questo?

E’ nella media prevista, ovvero anche 6/7 settimane sono previste di permanenza nel corpo. Non c’entra l’essere sportivo, giovane o sano.

Essere sportivi e anche giovani, non dimezza dunque il tempo dell’infezione?

No. Essere positivi per molto tempo non vuol dire essere fragili. I fragili muoiono. La fragilità è data dall’età, dal diabete, dalle malattie cardiovascolari e polmonari. Poi ci sono dei casi meno frequenti di persone più giovani che muoiono ma è perché ci sono delle “comorbidità” (presenza contemporanea di più patologie diverse, in uno stesso individuo o che insorgono come conseguenza della malattia dominante ndr). Ognuno è diverso dall’altro. 4 miliardi di letterine nel nostro DNA reagiscono in modo diverso da un individuo all’altro. Se lei legge i dati, in Italia, il 90% dei 25 mila morti, hanno più di 65 anni e patologie pregresse.

Sembrano numeri ma si tratta comunque di persone che avrebbero vissuto ancora per anni se non fossero state contagiate

Sì, certo.

Perché in una persona l’infezione non si manifesta? Cosa fa di me eventualmente un soggetto asintomatico?

In tutti i virus è così. Per ogni infettato con sintomi ci sono almeno 10 asintomatici. Le faccio un esempio: se si sottoponesse a dei test la maggior parte delle persone che hanno superato la fase adolescenziale, si scoprirebbero i segni dell’Epstein-Barr Virus (EBV appartenente alla famiglia degli herpesvirus, responsabile della mononucleosi infettiva ndr). Sicuramente si scoprirebbero gli anticorpi eppure di tratta di un virus che nel 95% dei casi, entra, fa l’infezione, ma non sviluppa nessuna malattia. Nell’ 0,01 % sviluppa invece in tumore. Il 100 % dei ragazzi si infetta ma pochi sviluppano febbre alta per un mese.

Lei ha detto, in una intervista rilasciata a LA7, che ci vorrà molto tempo per un vaccino.

Non ho detto molto tempo, ho detto un paio d’anni.

Le sembra poco?

Per i tempi che normalmente occorrono per un vaccino, sono pochissimi.

Secondo lei è un virus “naturale” o è stato costruito in laboratorio?

Non c’è nessuna evidenza che non sia naturale.

Eppure è difficile ricordare almeno in tempi recenti un virus così subdolo che ci abbia costretti ad uno stressante lockdown e alla fobia del contagio. Lei cosa ne pensa?

In tempi recenti ci siamo confrontati con virus che già esistevano verso i quali c’era la cosiddetta “immunità di gregge”. Ma 100 anni fa, quando è arrivata la “Spagnola” l’influenza che dai volatili è “saltata” all’uomo, ha fatto più morti della Prima e della Seconda guerra mondiale messi insieme. La stessa cosa avvenne al tempo dei conquistadores nell’America Latina. L’80% degli indios furono uccisi dal morbillo o dall’influenza, malattie in quel Continente sconosciute. Finora abbiamo vissuto convinti che le malattie infettive fossero un problema del Terzo Mondo. Invece ci stiamo confrontando con una “cosa” che fa parte della vita dell’uomo.

E’ un errore paragonare il Covid19 alla SARS?

Il “vantaggio” dell’umanità nei confronti della SARS è che pur essendo più pericolosa del Covid19, perché uccide molto di più, si trasmette solo quando un infetto è sintomatico. Un asintomatico SARS non è contagioso. Mentre per il Covid19 si è contagiosi come una “normale” influenza, infatti si è dunque contagiosi anche nei 2/3 giorni di incubazione in cui non si hanno sintomi, si è infettivi anche quando non si sa di essere infettati. Anche con l’HIV funziona così, dall’ingresso del virus ai sintomi passano anni, nel frattempo si trasmette.

Il Covid19 cambierà le nostre vite?

Dal punto di vista evoluzionistico, questo tipo di virus è insignificante.

Ci spieghi meglio, professor Abrignani

Se questo virus ammazzasse individui bambini o giovani, sarebbe un problema perché non si sarebbero ancora riprodotti, se invece ammazza centinaia di migliaia di persone oltre i 65 anni, “è meno grave”. Ovviamente se succedesse a mio padre, ne sarei distrutto ma purtroppo stiamo parlando in termini scientifici ed evoluzionistici. Si tratta di un virus ininfluente per la Storia dell’Uomo.

Ottimista, catastrofista o realista. Lei come si definisce, professore?

Chi fa della Scienza un mestiere deve essere realista ed ottimista. Si parte dall’analisi della realtà e poi si fanno ipotesi che devono essere testate sapendo che non tutte saranno confermate. La ricerca è il lavoro dei fallimenti.

Dunque mi pare di capire che lei non è catastrofista, professore.

Dipende da cosa intenda per catastrofista

Ad esempio, se lei pensasse o dicesse: non ne usciremo, questo virus muterà, ce lo ritroveremo in Autunno, e quello fatto finora è un lavoro inutile, questo sarebbe catastrofismo.

Tutti i dati raccolti ci fanno pensare che si tratti di un virus abbastanza stabile e che non dovrebbe mutare

Ne usciremo, professore?

Ne usciremo ma non nei prossimi 3 mesi. So che così come accade per tutte le infezioni virali acute si riuscirà a sviluppare un vaccino ma per i prossimi 2 anni dovremo abituarci a convivere con questo tipo di virus, non credo che se ne andrà via da solo. Spero però di poter essere smentito. La crisi economica sarà spaventosa, purtroppo.

Le misure di contenimento adottate dal governo erano le uniche possibili?

Nel momento in cui stava esplodendo il virus certamente le misure necessarie erano il lockdown, il distanziamento sociale e le mascherine. Le misure di contenimento prese in Italia non sono le uniche possibili. Altri Paesi hanno agito diversamente.

Per esempio?

Esistono i rischi medici ed i rischi economici ed entrambi non possono andare insieme. Se favorisco l’economia non aiuto dal punto di vista medico e viceversa.

E allora che si fa?

Occorre una mediazione. Io avrei fatto più economia e meno salute. Son convinto che morirà più gente di crisi economica che di coronavirus. Questo non vuol dire “liberi tutti”. Io sarei più per il modello svedese.

Ovvero?

Hanno messo in quarantena tutti gli ultra settantenni. Hanno detto loro di stare a casa anche perché è la popolazione che muore di più ed hanno lasciato al lavoro e fuori da casa i giovani. ma ovviamente è facile parlare quando non si hanno responsabilità di governo. Non sono un politico. Faccio l’immunologo.

Tiziana Sferruggia

Tiziana Sferruggia

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