Da qualche giorno, in Francia, sta circolando un manifesto contro il confinamento delle persone anziane a causa dell’isolamento domestico imposto a livello governativo per contenere il contagio da Coronavirus. Alcuni di loro non ci stanno alla discriminazione e all’autoreclusione, denunciano le misure liberticide ed anticostituzionali, rivendicano pari dignità e hanno, addirittura, minacciato di scendere in piazza. Anche in Italia, è stata ventilata l’ipotesi di farli uscire per ultimi dall’isolamento, ma è rimasta un’ipotesi. Su Facebook, però, c’è chi si è ribellato scrivendo che il primo giorno in cui li terranno abusivamente rinchiusi, dovranno “uscire tutti e camminare in silenzio per le strade a un metro di distanza”. Ne parliamo a telefono con Natalia Aspesi, icona del giornalismo italiano, da pochi giorni anche selezionatrice ufficiale del Torino Film Festival che si terrà il prossimo novembre.
Cosa ne pensa di questa possibile rivolta dell’età dell’argento?
“Sinceramente mi chiedo perché a tutti interessino improvvisamente i ‘vecchi’, visto che non hanno mai interessato a nessuno, che sono sempre stati dimenticati e loro sono stati contentissimi di esserlo, almeno io. Penso che molte delle cose che si dicano in questi giorni, siano inutili: abbiamo un Governo che ci dice che cosa dobbiamo fare, anche io ho voglia di uscire, ma se mi dicono di non farlo, non lo faccio. Non capisco questa passione che ognuno ha di dire la sua. Non capisco che Paese siamo. Se mi dicono di non uscire, non esco”.
Lei, oggi, non scenderebbe mai in piazza?
“Ma no. Io ubbidisco. Siccome sono di natura una persona che non ha mai ubbidito in vita sua, davanti a una cosa che non riguarda me, ma riguarda tutti gli altri, ubbidisco. Se muoio oggi che ho novant’anni pazienza, tanto non se ne accorge nessuno tranne me, naturalmente. Penso agli altri, voglio fare quello che mi dicono e malgrado tutto l’orrore del nostro Paese, ho deciso di fidarmi delle persone che ci dicono queste cose. Oggi sul Guardian ho letto addirittura che si rivolgono all’Italia dicendo che è il Paese che ha reagito meglio al Covid. Ci fanno i complimenti, pensi, scrivono che ci avrebbero dovuto imitare, tutte cose alquanto strane per un giornale inglese che di solito non ama molto l’Italia. Che dica queste cose, quindi, mi fa piacere. Tornando alla domanda che mi ha fatto, le ripeto che non vedo perché non dovrei ubbidire. Lo faccio, punto”.
Non riesco ad immaginarmela una Aspesi ubbidiente.
“Senta: io alla mia età, anche quando fuori si poteva andare a fare footing, stavo a casa. Il giorno uscivo per fare la spesa, perché è un mio divertimento e alla sera per andare alla Scala o a casa di amici. Per il resto, ero e sono sempre qui, seduta davanti al mio computer a leggere quel che c’è scritto e a scrivere. La mia vita è cambiata poco”.
Mi descriva la sua quarantena.
“Non faccio niente di diverso rispetto a prima: scrivo, leggo, poi andrò su Netflix e alla sera mi faccio un piattino molto accattivante, cambio sempre. Mi fa piacere far da mangiare”.
È vero che con l’avanzare dell’età si diventa più cattivi?
“È verissimo. Viviamo nell’ipocrisia da secoli. Il vecchietto buono è una vipera che in realtà vorrebbe vedere tutti morti attorno a sé tranne lui. Noi anziani siamo cattivi perché non abbiamo più vita. Siamo qua, ma senza vita. Dobbiamo essere anche buoni? È impossibile. La bontà dei vecchietti è un’invenzione. Facciamo finta, è ovvio, ma sotto sotto siamo crudelissimi. Almeno io – eh – e le mie amiche”. (ride, ndr)
Cosa fate?
“Ci svegliamo alla mattina, ci telefoniamo e ci diciamo come prima cosa: di chi parliamo male oggi?”
Me lo dica: di chi?
“Del Paese, della politica, dei nostri colleghi giornalisti orriiiiiiiiibili per la maggior parte, venduti, gente che non mi piace”.
Fa la giornalista da più di sessant’anni: cosa le ha insegnato questo mestiere?
“Mi ha insegnato a vivere. Cosa vuole che mi abbia insegnato? Poi io sono fuori dal giornalismo ormai, scrivo delle stupidaggini qualsiasi che non sono giornalismo, perché il giornalismo vero – che è quasi scomparso – è far bene la cronaca nera che oramai non esiste più e quando è fatta, è fatta malissimo. Non racconta le persone, racconta solo i fatti. Il giornalismo per me è invece quello. Raccontare le persone e saperlo fare bene. Poi, tutto il resto, parlare di stupidaggini tipo qual è la nostra politica, beh, a quello son buoni tutti, perché si leggono i comunicati stampa dei partiti. Quindi è facile”.
Quando penso a lei e al suo lavoro, mi vengono in mente diversi verbi, ma leggendo uno dei suoi ultimi libri, ‘Festival e funerali’(Il Saggiatore) ce n’è uno in particolare che mi piace particolarmente: “intrufolarsi”. Me la immagino mentre si intrufola, come scrive, su un treno regionale con i Beatles o in una stanza di ospedale con Gino Paoli: come ha fatto?
“Vede, da giovane avevo un’aria molto innocente, anche un po’ rincoglionita già da subito. È vero, sono riuscita ad intrufolarmi – come dice lei – da Paoli in ospedale che aveva un proiettile nel cuore, ma forse perché avevo un modo di una persona molto modesta: piangevo, mi dichiaravo parente, ero molto ipocrita e bugiarda ed è stato quello che ha salvato il giornalismo. Se fai il giornalista e fai capire che lo sei, oggi ti menano, ma in passato ti cacciavano. Io ho sempre fatto l’amica di famiglia, l’ammiratrice oppure la benefattrice, perché quando andavo nella casa degli assassini ero sempre una benefattrice, di certo non una giornalista, altrimenti nessuno avrebbe parlato. Ho imparato poi a non prendere mai appunti e a ricordarmi tutto a memoria, oppure, se dovevo fare delle cose particolari, indossavo il visone”.
Il visone?
“Sì, ma allora era una cosa diversa che diceva che io ero una stupida ricca signora che poteva andare dappertutto”.
Splendido escamotage, non c’è che dire.
“Sì, sì, ho passato la vita a divertirmi così. Adesso non è più possibile perché c’è un’informazione talmente diffusa che tutta quella cosa lì si è persa”.
Aspesi che ricorda a memoria e non prende appunti come Scalfari quando è andato dal Papa.
“Sì, ma aspetti: quello lo facevo quando ero giovane. Allora avevo memoria, adesso non mi ricordo neanche quello che le ho detto un minuto fa”.
A proposito di personaggi: tra i tanti che ha incontrato c’è Mina che ha da poco compiuto 80 anni e che le concesse la sua ultima intervista a Forte dei Marmi. Che ricordo ha di lei?
“L’ho ricordata tante volte, anche adesso in un recente libro di Rizzoli, non ho voglia di ripetermi. Comunque sia, la apprezzavo moltissimo, la trovavo bravissima, sicuramente una ragazza al di sopra dei suoi tempi, perché noi eravamo molto più stupide e molto meno coraggiose di lei che era una donna fantastica che ha scelto la libertà. Non è poi cosi importante come crede la gente essere una persona famosa: è più importante essere una persona che ha una vita e lei lo ha scelto”.
Dopo questo lockdown…
(Ci interrompe) “Mi scusi, possiamo parlare in italiano? L’inglese lo so e non lo voglio nell’italiano”.
Certo, ci mancherebbe. Dopo questo confinamento, che ne sarà secondo lei del mondo della moda che ha frequentato e frequenta?
“So di essere una rompiballe, ma perché dovrei saperlo? Non sono mica una maga. Non lo sa nessuno, del resto. Andiamo avanti giorno per giorno e vedremo. Tutto quello che fanno i futurologi, dicendo ‘cambieremo’, ‘diventeremo bravi’, ‘staremo peggio’ eccetera – beh – io non lo sopporto. Personalmente dico che aspetto di vedere cosa succede. Se c’è una cosa che detesto nei talk show è che le domande non siano mai riferite a cosa stia succedendo adesso, ma a cosa succederà. Ci aspettavamo il Covid? No, eppure è successo, quindi aspettiamo di vedere cosa accadrà. Basta fare previsioni. Sa una cosa?”.
Prego, mi dica.
“Io penso che tutto tornerà come prima, ma con più cattiveria. La mia è un’illazione. Il mondo sta andando da quella parte, non certo per colpa del Covid, ma di tutto. Io sono comunque contenta perché tanto sono vecchia e la cosa non mi interessa”.
Il Festival di Cannes è stato rimandato e ieri è stato annunciato che il la Mostra del Cinema di Venezia si farà lo stesso: ci tornerà?
“Queste adesso non sono importanti, sono tutte cose di tipo mercantile. La cosa certa è che diventeremmo in massa più poveri e una parte tanto più ricca, perché ha già cominciato a sfruttarci. Abbiamo vissuto troppo in fretta. Credo che la Terra si sia rotta le scatole e ci abbia puniti. Bisogna andare con lentezza. Quando apro il mio armadio, vecchia come sono, la quantità di roba inutile e di vestiti che ho mi fa vomitare. Non dobbiamo più comprare, ma diventare tutti più poveri e i poveri meno poveri e noi mediamente poveri, più poveri. I ricchi saranno sempre più ricchi ma non hanno neanche loro la felicità, per cui sono infelici lo stesso”.
Delle librerie tenute chiuse e dei tabaccai aperti cosa ne pensa?
“Tenerle chiuse è stato assurdo. È una vergogna averlo fatto. Vuol dire che chi lo ha deciso è gente che non va nelle librerie. Se c’è un luogo in cui non c’è mai nessuno sono proprio le librerie. Non è che c’è la massa come al supermercato: se lei ne vede tre alla volta, sono già tante. È assolutamente necessario che le librerie siano aperte, perché tutto ciò che ci può salvare e che può salvare anche chi si vanta di non leggere mai, sono i libri, è la Storia, è la filosofia, è quello che avremmo dovuto studiare e che non abbiamo fatto. La nostra cattiva coscienza e il nostro costante cattivo umore dipendono dal fatto che non sappiamo nulla, se non molte stupidaggini dell’attualità. Ignoriamo come ha vissuto il mondo e la gente”.
Lei vive a Milano: cosa ne pensa del suo governatore Attilio Fontana?
“Mi scusi, ma io non giudico nessuno della Lega, perché li considero la rovina del nostro Paese. Non li ascolto, non li sento, non mi importa di loro, però vinceranno sicuramente le prossime elezioni. A quel punto, spero di essere morta, sennò pazienza, tanto io sarò chiusa in casa. Sono molto triste, ma l’Italia vuole quello, non vuole la libertà, vuole essere comandata e così l’italiano che vuole sempre uno che risolva per tutti, non vuole preoccupazioni e vuole essere mantenuto…quindi va benissimo la Lega per gli italiani. Per me no, ma infatti io non conto”.
Del suo sindaco Beppe Sala, invece, che mi dice?
“Ognuno ha il suo bene e i suoi limiti, ma nel suo caso, visto che sta salvando Milano e una regione che sta andando in malora, penso che sia una persona stimabile e che faccia bene il suo lavoro, perché Milano è l’unica ‘isola’ in Italia in cui si sta bene. Il Coronavirus è un’altra cosa, ma a Milano, normalmente, si vive benissimo”.
Da un recente sondaggio, il nostro presidente del Consiglio Giuseppe Conte piace molto alle donne e al mondo omosessuale. Ci sono account ironici su Instagram dedicati a lui. A lei piace?
(Ride di nuovo, ndr) “Non ho mai guardato i politici secondo il loro fisico, perché non è per quello che stanno lì. Se così fosse, al posto di Conte vorrei George Clooney, però non è il caso”.
Anche a uno degli ultimi festival di Venezia mi parlò di Clooney: continua ad essere una sua grande fan?
“È il mio scherzo, perché in realtà mi piace molto anche Roberto Bolle”.
È vero che è stata fidanzata con un gay?
“Ho avuto un fidanzato, sì, un giovanotto che era gay ma non lui non lo si sapeva. Non è che ho detto “è gay, mi ci fidanzo”. Allora i gay non c’erano. O meglio: erano dei giovanotti che si fidanzavano e si sposavano, perché non era possibile esserlo pubblicamente. Io gli volevo bene e lui me ne voleva: era un uomo di un divertimento unico, ci siamo divertiti pazzamente, poi certo, in alcune situazioni c’era qualche…diciamo…”
Impasse?
“Ecco, sì… quando l’ho capito, ci siamo amati ancora di più. È stato l’amico di tutta la vita che purtroppo oggi non c’è più”.
Sempre a Venezia, lo scrittore André Aciman, mi parlo di fluidità, dicendo che oggi siamo tutti fluidi: lei cosa ne pensa?
“Nel mio caso, saranno quarant’anni che il sesso non mi interessa, quindi non so cosa dirle. Se penso alla storia e al passato, ci sono sempre stati dei personaggi che non si capiva chi e cosa fossero, ma non esisteva questa mania della catalogazione. È questo che io trovo inutile e anche un po’ avvilente: catalogare. Io sono gay, sono trans, sono fluido. Che cosa vuol dire fluido? Che si scopa con uomini e con donne? Beh, ma quella è una cosa che è sempre stata fatta senza dargli un nome. Perché farlo ora? Immagino che anche durante l’età della pietra ci fosse un cavernicolo che si metteva la pelliccia di ermellino anziché di leone, perché era più femminile”.
L’amore ai tempi del Coronavirus: ne parla anche nella sua rubrica ‘Questioni di cuore’. Gli amanti oggi come fanno?
“I miei corrispondenti di solito hanno sessant’anni, ma proprio quello è l’età di massimo scopamento sia per gli uomini e le donne. Fanno molto uso di Skype, sicuro”.
Lei lo usa?
“No, perché non voglio farmi vedere tanto sono un cesso”.
Suvvia, non dica così, non è vero…
“Sì, lo so, adesso mi dirà pure che sono un amore, me lo dicono tutti” (ride forte, ndr).
Cosa conta per lei oggi?
“Oggi vorrei davvero che tornassimo o arrivassimo ad una vera democrazia. L’unica cosa che oggi davvero mi interessa non riguarda me, perché ormai sono mezza andata, ma proprio il mio Paese: vorrei che la gente fosse libera e intelligente, che sapesse cosa dice, cosa fa, capisse. Seguendo Facebook – perché sì, sono su Facebook – vedo che la gente non sa niente, non ha letto nulla e mi chiedo cosa ha fatto la scuola. Che brutto non sapere nulla, fidarsi dei cretini che ci propinano stupidaggini. Chiunque mi conosce sa che io non ho studiato, non ho fatto neanche il liceo. Ho avuto comunque un’adolescenza in tempi in cui l’unico divertimento era leggere, per cui per me leggere è stata la fonte della vita e lo è tutt’ora. Leggere non i romanzetti, ma le cose che ti fanno capire cos’è l’umano o perché la storia è andata così, perché sono successe certe cose…secondo me è indispensabile, il resto non importa se non c’è cultura”.
Che Aspesi non abbia studiato, saranno in pochi a crederci…
“Eppure è così. Ho avuto una cultura informativa, superficiale, non so nulla di sociologia, filosofia, economia…queste cose no, non le conosco. Ho una cultura superficiale che non andrebbe bene per un pensatore, ma per un giornalista sì. Ora però è arrivato il momento di salutarci mio caro, basta, non ho più voce, tra l’altro ho anche un po’ di mal di gola. Vado a finire di leggere, appunto, e poi devo cucinare. Le auguro buon lavoro”.
Fonte: huffingtonpost.it/