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Coronavirus e privacy, scrive una cittadina marsalese

Buongiorno,

sono X.Y., cittadina lilibetana.

Ieri avete pubblicato un articolo su un uomo di 60 anni che in zona tribunale è stato portato tramite ambulanza in ospedale. Io sono una sua parente. Il vostro comportamento l’ho reputato più che corretto dato che non avete pubblicato foto che vi sono pervenute e che mostrano i volti dei miei familiari, ma avete giustamente informato la popolazione lilibetana di un possibile caso di covid (non so se dire purtroppo o per fortuna, ma era tutt’altro che covid, come già sapevamo).

Non reputo corretto, però, il comportamento dei miei vicini che, non curanti della privacy altrui e delle leggi che appositamente la tutelano, si sono affacciati dai loro balconi come se ci fosse uno spettacolo (la processione del giovedì santo, forse) e che addirittura hanno fotografato non solo chi lavorava, cioè il personale sanitario, ma anche coloro che erano in preda a una tragedia. La cosa bella è che non hanno nemmeno detto due parole di solidarietà, tutti zitti e con un telefono in mano pronti a riprendere. Siamo questo quindi? Persone che non vedono l’ora di fare notizia?

Non metto in dubbio che la popolazione marsalese vada informata costantemente delle novità e dei sospetti casi di covid, perché so benissimo quale sia la situazione di emergenza e l’ansia che si genera in questo periodo. Ma non vedo il motivo di violare la privacy altrui. Scrivere notizie sì, informare i giornali sì, ma non fotografare volti di persone che soffrono. Nessuno ha il diritto di farlo. Non chiedo solidarietà, ma il rispetto prima di tutto.

Vi prego quindi, gentilmente, di pubblicare questa lettera sul vostro sito, oppure mandarla direttamente a chi vi ha inviato queste foto, visto che per la privacy io non posso chiedervi i nomi di chi l’ha fatto. Inoltre, vi chiedo di eliminare il mio nome, sempre per la nota legge sulla privacy.

Ripeto, il rispetto prima di tutto.

Lettera firmata

Gentile signora, non sono tempi semplici. E non lo sono nemmeno per chi opera nel mondo dell’informazione. Come abbiamo scritto in risposta ad alcuni commenti seguiti al nostro articolo, la stampa ha, da un lato, il dovere di informare la comunità su quello che accade cercando quanto più possibile di verificare l’attendibilità delle fonti. Dall’altro lato, non può violare la legge, né il supremo diritto alla riservatezza che spetta ai soggetti che risultano positivi al Covid-19, a meno che non si tratti di persone che ricoprono importanti incarichi pubblici (per tale motivo è stata resa nota, ad esempio, la positività del premier britannico Boris Johnson o del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti). Solitamente, quando entrano in conflitto diritti di diverso ordine, prevale quello che tutela la parte considerata più debole. L’interpretazione che è stata data a riguardo è che la parte più debole sia rappresentata dai soggetti contagiati. Da qui la nostra scelta, che poi è quella che segue in generale la stampa italiana. Appreso che il suo familiare non ha comunque contratto il Coronavirus, cogliamo l’occasione per formulare i nostri più sentiti auguri di buona guarigione. (V.F.)

redazione

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  • È giusto secondo me rendere noto almeno il palazzo o la zona di un eventuale contagio!!!! In questa emergenza non dovrebbe esistere la privacy poiché si deve andare oltre data la possibile compromissione della salute generale della popolazione. Parlo io che per esempio sono una operatrice domiciliare dell'asp... almeno se sapessi di andare in una palazzina o da delle persone che hanno avuto contatto con positivi al coronavirus chiederei la sospensione momentanea dei trattamenti onde evitare di portarmi in giro il virus che ormai è assodato che rimane attivo anche sulle superfici.

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