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Basciano:«la marineria mazarese è ancora troppo individualista»

Continua l’indagine sulla crisi della marineria mazarese. L’appello dell’armatore Costantino Giacalone ha svelato alcuni meccanismi di un sistema in crisi costretto oggi anche a confrontarsi con un’emergenza imprevista come quella del coronavirus. A tracciare un quadro poco confortante è Giovanni Basciano, esponente del CdA del Distretto Produttivo della Pesca di Mazara del Vallo e presidente del Centro di Competenza Distrettuale. Il mare ricco e antico, è sempre più povero e “stretto”. Troppe le zone interdette alla pesca nel mar Mediterraneo e troppi gli interessi economici che gravitano intorno. Questo il poco gratificante quadro emerso durante l’intervista.

Basciano, Mazara e Pesca un tempo erano un connubio ineludibile. Ora gli stessi marittimi storcono il muso e lanciano accorati appelli di sopravvivenza.

Il problema non è solo di Mazara ma di tutta la pesca italiana, eccezion fatta per quei pescatori che utilizzano piccole imbarcazioni. Semmai Mazara rappresenta una situazione “a sé”.

Perché?

Mazara soffre di più in questo momento perché utilizza grosse imbarcazioni dedite soprattutto ad una pesca d’altura specializzata alla cattura di Gambero Rosso e crostacei. I ristoranti chiusi di certo non agevolano lo smercio, la vendita e dunque il profitto. Anche i mercati ittici hanno chiuso i battenti.

Dunque se la marineria utilizzasse piccole imbarcazioni, starebbe meglio?

La flotta mazarese, anche se ultimamente ridotta, è sempre stata prevalentemente composta da imbarcazioni di grande stazza che possono raggiungere mari lontani, penso al bacino di Levante, ai mari vicino la Turchia, Cipro, la Grecia. Una flotta fatta di grandi pescherecci, con grandi investimenti, grandi fatturati, grande immagine e soffre maggiormente rispetto alla piccola barca di Sciacca che esce la notte e torna al mattino. Si tratta di una gestione più agile, meno costosa adottata anche nel resto d’ Italia dove il pescatore riesce a vendere subito il prodotto a livello locale.

PORTO DI SCIACCA

Da anni però la marineria mazarese è in crisi e la diminuzione della flotta, del fatturato, ne sono la prova. E tutto prima che scoppiasse il coronavirus

Sì, son d’accordo. Diciamo che la pandemia ha bloccato tutta la pesca nazionale. Però dico che i provvedimenti presi dal ministero recentemente sono provvedimenti rivolti alla pesca italiana in genere.

Il governo ha preso però delle misure che sembrano non abbastanza risolutive

Le misure sono nazionali, non particolari. Sono aiuti alle imprese sotto forma di cassa integrazione per permettere ai lavoratori recuperare un limite di reddito, cosa molto importante per la pesca rispetto gli altri lavoratori dipendenti.

Ci spieghi perché

I lavoratori dipendenti ricevono un fisso mensile mentre nella pesca è un guadagno variabile in funzione anche del prodotto pescato. La perdita di guadagno, nel caso della pesca, è pesante.

Cosa farà il Ministero?

Ha pensato di attivare la cassa integrazione e/o gli ammortizzatori sociali previsti dalla normativa, il fondo di solidarietà, la cassa integrazione in deroga, a seconda del numero dei dipendenti.

E questo basta?

Ci vorrebbe l’accesso facilitato al credito. Le aziende che non avranno incassi, avranno problemi rispetto agli impegni assunti. Penso all’armatore che dovrà pagare il gasolio che ha consumato il mese scorso e ancora non ha onorato perché non ha pescato e non ha venduto.

Ma chi ha, ad esempio, sofferenze bancarie, come accede?

Lei ha centrato il problema. Oltre alle garanzie richieste dalle banche, entra in gioco il merito creditizio. E la maggior parte di queste imprese hanno oggettivamente situazioni di sofferenza bancaria. Questo complica le cose.

E’ lecito pensare che l’Europa non stia dedicando molta attenzione a questo settore specifico?

No, non proprio. A Bruxelles non tramano per distruggere Mazara e la sua marineria, lo escludo. Non c’è nessuna cattiva intenzione contro Mazara che si trova, semmai, all’interno di una politica discutibile fatta dalla Comunità Europea sul Mediterraneo. Mazara soffre perché ha più esigenze, ha più passaggi per vendere il proprio prodotto. Però c’è un problema serio di gestione della pesca nel Mediterraneo.

E’ interessante scoprire che in un mercato come quello a cui siamo abituati dove il più grande fagocita il più piccolo, proprio il più piccolo, per la sua agilità, in questo caso, ha la meglio.

Mi perdoni ma non sono convinto che sia così

Perché?

Perché in questi anni, invece, si è sempre più consolidato il termine “brand” che spesso fa la differenza. Le spiego meglio: il Gambero Rosso esiste ed è pescato anche in altre parti del mondo. Non è un’esclusiva solo di Mazara però, il Gambero Rosso Mazara, è un brand e non solo perché qualcuno si è inventato la scatoletta col nome ma perchè sui mercati si chiama così. E proprio su questo occorrerebbe fare forza. Secondo me la cosa che scontiamo è che la maggior parte delle nostre imprese, fa fatica ad immaginare di modificare la loro struttura.

Ci spieghi meglio Basciano.

Tradizionalmente l’armatore ha sempre venduto al commerciante. L’armatore non è quasi mai l’attore principale della commercializzazione tranne pochi casi.

Chi ha creato il brand, Basciano?

Il brand è stato creato ed è sostenuto da chi commercializza, da chi ha investito nella promozione e devo dire che questo è stato a vantaggio di tutti.

Cosa bisogna fare adesso secondo lei?

Esaltare questo brand ma il rischio è un altro.

Quale?

Si continua a parlare di crisi, si continua a ripetere “siamo rovinati” e si appanna l’immagine del brand positivo, vincente che abbiamo creato con non poche difficoltà. Da una parte c’è chi lavora, (e penso a molte imprese mazaresi) per costruire una visione diversa e dall’altra parte c’è chi è ancora fermo ad una visione troppo antica, motivata però da difficoltà oggettive, non dico che non sia così.

Questa visione antica in cosa consiste esattamente?

È una visione che stenta a traguardare il passato da cui si proviene e non riesce a trovare una strada nuova da percorrere. E’ questo uno dei limiti delle nostre imprese.

Come si può crescere, Basciano?

Le nostre imprese, rispetto all’Emila Romagna, alla Lombardia e al Veneto, sono poche e questo non è solo motivato dal fatto che lì ci sono sempre stati i soldi. Non è così.

E com’è allora?

Dipende dalla differenza di fare impresa fra noi e loro. Qui l’impresa adotta un modello tradizionale e non pensa a cambiare modello. L’atteggiamento è sempre lo stesso. Si crede poco nel cambiamento.

Cosa suggerisce lei agli armatori mazaresi?

La strada intrapresa è quella giusta. Devono continuare a puntare sul brand. Solo loro possono farlo. Non è la piccola pesca che può farlo. Devono valorizzare tutto questo.

Come possono farlo?

Facendo massa critica. Qui si continua a vendere ciascuno il proprio prodotto.

E invece come potrebbero fare?

Se lei compra il Parmigiano Reggiano, chiede il nome del fornitore del latte? Che sia di Giuseppe o di Filippo, è importante per la realizzazione della forma del Parmigiano? A Mazara ancora ognuno pesca e vende singolarmente il “suo” Gambero Rosso. Invece dovrebbe essere valorizzato come Gambero Rosso di Mazara, a prescindere da chi l’abbia pescato. È l’unico modo per stare sui mercati e starci bene, fare reddito e salvaguardare l’attività dello stare in mare.

Torniamo all’Europa. Ma è vero che le politiche europee negli anni hanno posto scarsa attenzione alle regioni italiane che si affacciano sul Mediterraneo a beneficio però dei Paesi frontalieri nordafricani?

No, assolutamente. L’Europa non si occupa dei Paesi frontalieri, semmai cerca di fare in modo che anche loro rispettino le norme che noi a nostra volta rispettiamo. Questo per evitare la concorrenza sleale. E poi a noi interessa salvaguardare le risorse.

AREA DEL “MAMMELLONE”

Le risorse a che punto sono? Ce n’è abbastanza per tutti?

No, anche parlando con i Paesi frontalieri si scopre che di pesci ce ne sono sempre meno.

Di chi è la colpa?

Non è sempre e solo del pescatore che pretende sempre di più. Ci sono altri meccanismi di cui in pochi parlano.

Quali meccanismi?

Il cambiamento climatico che rende le acque sempre più calde, l’aumento dei traffici navali, il raddoppio di Suez, tutta l’attività umana che finisce in mare, senza parlare della plastica. Sono tutte cose che contribuiscono alla diminuzione del prodotto e il pescatore paga il prezzo più alto, anzi paga due volte.

Due volte?

Sì, primo perché c’è poco pesce e poi perché, di conseguenza, gli impongono di pescare meno per consentire il ripristino della risorsa stessa.

A proposito di risorse, che fine ha fatto il “mammellone” Basciano?

E’ un’area sotto tutela

Non ci si può andare più?

No, ovvio. Ecco perché le dico che i tempi sono cambiati. Una volta si andava a pescare lì e tutto era diverso. Le imprese devono essere in grado di adattarsi ai cambiamenti e non restare ancorati al passato. Questo vale per tutti i settori. Consideri che il Mediterraneo è un mare “chiuso”, piccolo, dove si affacciano una gran quantità di Paesi. C’è sempre meno mare, meno acqua per i nostri pescatori mazaresi.

Meno acqua?

Penso ai limiti imposti dagli altri “usi” del mare. Le zone dove ci sono oleodotti, metanodotti, sono tutte interdette alla pesca. Tra la Sicilia e Malta, ad esempio, ci sono ben 3 zone di interdizione che sono state fatte per proteggere i piccoli di merluzzo. Cosa correttissima, intendiamoci. A questo vanno aggiunte le Aree marine protette. C’ è sempre meno mare in cui si può pescare. A questo va aggiunto, e su questo Mazara ha fondato la sua ricchezza, che esistono le acque nazionali che si estendono per 12 miglia dalla costa e il resto, dove iniziano le acque internazionali, un tempo erano il mare di chi c’era.

Che vuol dire, Basciano?

Un tempo c’eravamo soltanto noi e oggi ci sono tutti. E a molti Paesi sta venendo in mente di estendere la loro competenza territoriale fino alla linea mediana.

E questo è consentito?

Sì, le norme possono anche autorizzare che la competenza da 12 miglia sia portata alla liea mediana fra 2 Paesi dirimpettai. E in questa cosa noi perdiamo.

Perché?

Perché noi siamo quelli che abbiamo fatto la nostra ricchezza sul fatto che andavamo ovunque. Rispettavamo le 12 miglia degli altri ma tutto il resto era soprattutto nostro. Se ora lo dividiamo a metà, ad esempio, fra noi e la Tunisia, fra la Grecia e Otranto,  è ovvio che il mare si “restringa”. E’ però un processo in atto. La Libia ha “aperto” il problema pigliandosi il mare fin sotto la linea mediana. Malta ha allargato la sua competenza a 25 miglia, ed è una tendenza sempre più richiesta. Questa è la cosa che mi preoccupa di più.

Cosa esattamente la preoccupa?

Il fatto che un mare fondamentalmente piccolo come il nostro ed in cui insistono interessi enormi sta lasciando sempre meno spazio alla pesca in generale. E nel caso nostro, la pesca di Mazara è specializzata in un tipo di pesca che ha bisogno di andare lontano. Di questo gli armatori devono essere coscienti ma anche la politica.

La politica cosa può fare? Può porre un freno?

Non può porre un freno ma ad esempio, il ministero degli Esteri, ha dei tavoli di ragionamento con i Paesi che hanno chiesto o fatto le avances appena elencate.  

Ed è stato finora così?

La Libia ha fatto le cose ad esempio con arroganza.

Sta pensando ai sequestri dei pescherecci a suon di mitragliette?

Sì, certo, anche. I libici avrebbero dovuto instaurare un tavolo diplomatico in cui si discuteva del problema anche se parliamoci chiaro, l’estensione, in termini di diritto, è prevista, esiste. È il procedimento che è arrogante. Altra storia per la Grecia la quale ha chiesto la linea mediana con l’Italia e c’è un tavolo di trattativa in atto. In questo caso si tenterà di salvaguardare la storicità delle imbarcazioni italiane che pescano fuori dalle acque territoriali.

Il ministero sta lavorando bene?

Ho fiducia nelle istituzioni lato sensu e credo che sappiano come è la situazione.

Tiziana Sferruggia

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