“Dieci pagine di grammatica in un giorno, venti schede di matematica per la settimana, elaborati scritti di tutte le materie, anche il tema sul salto in alto, da caricare e consegnare su più piattaforme. E nessun altro contatto, o molto pochi, degli alunni con gli insegnanti.
Compiti. Tanti, troppi soprattutto nelle scuole primarie e alle medie, dove la didattica a distanza si è risolta in larga parte con l’invio di esercizi e ricerche da fare”. E’ quanto lamentano le associazioni che rappresentano i genitori degli alunni italiani.
“Naturalmente – si legge in una nota – non è così in tutti gli istituti, ci sono maestre che si fanno in quattro e docenti che s’inventano anche il rito- mito della buonanotte“.
I genitori citano alcuni esempi: a Bologna Dezia Tallarico con i suoi ragazzi di prima media: venerdì sera tutti davanti al computer in pigiama, anche l’insegnante, vi racconta di Morfeo, il Dio dei sogni.
C’è l’appello della maestra Marzia Mascagni, 35 anni di esperienza: «Ai colleghi dico: non ingozzate i vostri alunni di compiti, non sono oche. Piuttosto, fatevi sentire: più che il programma conta non interrompere il filo della comunicazione con loro». Secondo la nota dei genitori, «...si sta scaricando sulle famiglie il compito di insegnare».
Tra mille ostacoli. Nelle case dove i genitori sono in smart working e ci sono più figli anche se si usano i telefonini ci vogliono connessioni potenti, e poi chi ha la stampante o i libri che sono rimasti in classe? Apprezziamo la grande generosità di tanti insegnanti che lavorano il doppio, che non hanno lasciato soli gli studenti. Ma in molti istituti assistiamo a un sovraccaricare di compiti e basta che non ha senso – osserva Angela Nava Mambretti, coordinatrice del Forum delle associazioni riconosciuto dal ministero. Chiediamo si faccia attenzione, anche perché le disuguaglianze con la didattica a distanza, necessaria in una situazione di cui non è colpevole nessuno, si acuiscono: un prezzo per noi insostenibile. Un divario non solo economico, ma anche di contesto tra chi ha i genitori in grado di supportare i bambini e chi no».