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Coronavirus,«la mia clinica è a disposizione dei malati». Elena Ferraro spiega la sua scelta solidale

Ognuno metta a disposizione quello che ha. Il proprio tempo, le proprie strutture, i propri prodotti, per il bene della collettività. In questo momento tragico per la nostra Nazione, servono coraggio, abnegazione, solidarietà e ognuno deve fare la propria parte. Questa la sintesi dell’intervista all’ imprenditrice Elena Ferraro, già icona antimafia in un territorio difficile come quello in cui vive e lavora. La sua clinica, la Hermes Srl Servizi Sanitari Selinuntini, si trova proprio a Castelvetrano e nel 2012 è stata oggetto di particolari “attenzioni” da parte di Mario Messina Denaro, cugino del famoso latitante. La stessa clinica è pronta per ospitare alcuni pazienti affetti da coronavirus perché la coraggiosa imprenditrice ha offerto la disponibilità della struttura. Una scelta esemplare, una questione di “coscienza”, l’ennesima testimonianza di una donna coraggiosa che accetta le sfide.

Lei ha messo a disposizione la sua clinica per far fronte all’emergenza e alla carenza dei posti letto. Un bel gesto di solidarietà concreta in un tempo come questo pieno di incertezze.

La mia clinica è convenzionata con il Servizio Sanitario nazionale ed ha tutti i requisiti necessari per fornire assistenza e cura anche ai pazienti affetti da coronavirus. C’è una sala operatoria provvista da un apparecchio di ventilazione per l’anestesia ed ha anche un monitor associato. Ci sono 8 posti letto serviti da aspirazione e da ossigeno terapia centralizzata. Al piano inferiore c’è il centro di radiologi mentre a quello superiore è possibile effettuare il Day Surgery, ovvero la chirurgia di un giorno.

Lei dunque sarebbe disposta ad ospitare i pazienti in questo reparto?

Questo piano, al momento, è inutilizzato. Vista l’emergenza che coinvolge tutti, credo sia giusto metterlo a disposizione. So di pazienti del nord in terapia intensiva trasferiti negli ospedali siciliani. E’ questo il momento per sentirci uniti e di evitare inutili campanilismi. Non esistono confini regionali e ognuno di noi dovrebbe mettere a disposizione quello che ha per il bene comune. Anche noi imprenditori dobbiamo fare un passo indietro rispetto al profitto e pensare alla collettività.

Lei si è messa in contatto con l’Assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza. Cosa le ha risposto?

L’assessore ha accolto favorevolmente la mia proposta e mi ha detto di parlarne con il Direttore Generale dell’ASP di Trapani, Fabio Damiani.

Ha già parlato con Damiani?

Sì. Devo dire che l’ASP di Trapani sta gestendo bene l’emergenza. I ricoverati sono pochi e anche i ricoverati e devo dire che si stanno muovendo bene.

Nella sua clinica ci sono già pazienti ricoverati affetti da coronavirus?

No e speriamo che non ci sia bisogno dei posti letto messi a disposizione. Damiani però sa che può contare sulla mia clinica in toto. Se l’ASP ha bisogno di tutta la struttura, può requisirla, compresa la radiologia.

Il suo stile di vita, le sue scelte personali “di carattere” e spesso in controtendenza con il sentire comune di un territorio difficile come quello castelvetranese, spesso sono state da esempio per gli altri. L’aver denunciato il cugino del famoso boss che le proponeva di entrare in “affari” con lei, ha fatto sì che lei diventasse una sorta di icona per quegli imprenditori strozzati dal racket o avviluppati nei tentacoli di cosa nostra. Farebbe ancora questa scelta?

Sono ancora sotto protezione per questa mia scelta. Mi sono affidata totalmente alle istituzioni e allo Stato e ho avuto ragione. Io vivo la mia vita normalmente. Anche fin dai primi giorni della mia denuncia, è stato così. Non ho mai avuto paura e per questo ho sempre detto agli imprenditori di denunciare, di non sottomettersi alle richieste di cosa nostra. Se la scusa di non denunciare è la paura delle ritorsioni, io dico che non è assolutamente vero.

Perché in realtà non denunciano, secondo lei?

Per connivenza o perché hanno i loro interessi. Testimonio con la mia vita che si può vivere normalmente anche denunciando come ho fatto io. Sono anzi orgogliosa di me, orgogliosa di essere vista come un esempio.

Lei sente il peso della responsabilità, Ferraro?

Mi sono resa conto di avere una responsabilità in più. Per me è un dovere, non solo come cittadina ma anche come imprenditrice, dimostrare che la strada da perseguire è quella del coraggio, della legalità e dell’attenzione verso gli altri. In clinica arriva gente che sta amale, che ha bisogno di aiuto. Vedo la loro sofferenza e la comprendo. Per questo non resto indifferente alle richieste dei più deboli e faccio un appello agli altri imprenditori, di tutti i settori, di mettere a disposizione in questo momento tragico per l’Italia, quello di cui dispongono, il proprio tempo, le proprie strutture, la produzione. Credo che ognuno debba rispondere alla propria coscienza.

Ferraro, lei pensa che quando tutto tornerà alla normalità, saremo gli stessi di prima?

Credo che le cose non torneranno più come prima.

Perchè?

Stiamo acquisendo delle abitudini che in seguito faranno parte di noi.

Ad esempio non ci baceremo più incontrandoci per strada come eravamo soliti fare?

Sì, certo. Credo che avremo anche ritrosia nello stringerci la mano. Credo anche che da questa tragedia uscirà qualcosa di buono.

Cosa esattamente?

La gente è costretta a stare a casa ed è un’occasione può riscoprire sé stessi e dare importanza finalmente a cose che prima trascuravamo. E poi vedo tanta solidarietà in giro. La gente ha voglia di mettersi in gioco, di fare qualcosa per gli altri. Ci stiamo riscoprendo uniti, attenti verso le fasce più deboli. Forse ci voleva una crisi per farci riscoprire i valori.

Come passa le sue giornate?

Mi sembra di vivere in un Tempo surreale ma ne approfitto per riflettere su tante cose che prima mi sfuggivano. Leggo molto e faccio cose per le quali avevo prima pochissimo tempo. Se esco per fare la spesa, la faccio anche per alcune persone anziane e poi glielo porto a casa. A Montevago ci conosciamo tutti e penso che questa solidarietà sia una cosa positiva. Però penso alle aziende che non potranno resistere per molto tempo senza produrre, senza guadagnare, senza poter pagare gli stipendi. Se la situazione dovesse persistere, sarà una catastrofe economica che non saremo in grado di sostenere. Lo Stato però dice che sosterrà tutti, vedremo.

Tiziana Sferruggia

Tiziana Sferruggia

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