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Medici contagiati dal Covid-19, l’Ordine chiede le scuse a D’Ancona. “Stiamo combattendo a mani nude contro il virus”

Hanno destato non pochi malumori le parole pronunciate ieri nel corso della conferenza stampa tenuta dalla Protezione Civile e dai rappresentanti dell’Istituto Superiore di Sanità a proposito dei casi di contagio da Covid-19 tra medici e infermieri. In particolare, Fortunato Paolo D’Ancona, componente del Gruppo di lavoro dell’Istituto Superiore di Sanità sulla prevenzione e gestione delle infezioni, rispondendo alla domanda di un giornalista sull’elevato numero di operatori sanitari contagiati, ha precisato: “Dobbiamo approfondire se l’esposizione sia avvenuta professionalmente o nella vita privata”.

Questo il video con le dichiarazioni rese nel corso della conferenza stampa tenuta assieme al responsabile della Protezione Civile Angelo Borrelli:

Duro il commento del Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo), Filippo Anelli: “Le affermazioni fatte da Fortunato Paolo D’Ancona, ieri in conferenza stampa, ci sconcertano e ci rattristano. Ci sconcertano perché, quando un ricercatore parla in nome e per conto di un’istituzione, dovrebbe lasciare in secondo piano quelli che, in un contesto che sta diventando di medicina delle catastrofi, sono tecnicismi epidemiologici, che appaiono, agli occhi di chi è in prima linea, medici, malati, familiari, inutili sofismi. Ci rattristano profondamente, perché, insinuando, certamente al di là delle intenzioni, dubbi offensivi e perniciosi, non rendono giustizia a singoli professionisti e intere professioni, che stanno lottando a mani nude contro il virus. I medici stanno combattendo a mani nude perché i dispositivi individuali di protezione ancora non arrivano, o arrivano in maniera assolutamente inadeguata per numero e per qualità – continua Anelli -. Addirittura, alcuni hanno perso questa battaglia, sino ad arrivare al sacrificio estremo, come il nostro Roberto Stella. Altri continuano a rischiare la loro vita, per assistere i pazienti, pur in condizioni strutturali assolutamente disperate, con turni massacranti e interminabili, che compromettono il livello di attenzione aumentando il rischio di infettarsi, in ospedali che non hanno più niente degli ospedali che conoscevamo prima”.

Secondo i dati diffusi ieri proprio dall’Istituto superiore di Sanità, gli operatori sanitari sinora contagiati sono già 1674. Lo stesso Gruppo di lavoro guidato da D’Ancona, nella pubblicazione sempre di ieri su Epicentro, sull’uso razionale delle protezioni, così premette: “È documentato che i soggetti maggiormente a rischio d’infezione da SARS-CoV-2 sono coloro che sono stati a contatto stretto con paziente affetto da COVID-19, in primis gli operatori sanitari impegnati in assistenza diretta ai casi, e il personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni biologici di un caso di COVID-19, senza l’impiego e il corretto utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuali (DPI) raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei”. La statistica, che vede una percentuale di contagi più alta tra il personale sanitario, insieme al rischio più elevato, costituiscono due forti indizi per condurre, anche da un punto di vista epidemiologico e di gestione del rischio, all’evidenza che il personale sanitario si sia infettato sul lavoro”.

“Questi discorsi, seppure utili in un’ottica di contenimento della malattia fondata sul risk management, se estrapolati e avulsi dal drammatico contesto reale, possono essere percepiti come una mancanza di rispetto da quei medici, quegli infermieri, quei farmacisti, quei tecnici, quei ricercatori che sono in prima linea, rischiando ogni giorno la loro vita e anche quella dei loro cari, se diventano, loro malgrado, veicolo di contagio. Possono essere percepiti come una mancanza di rispetto da quei pazienti, e dai loro familiari, che stanno a loro volta combattendo. Possono essere percepiti come una carenza di attenzione alla reale e primaria necessità, e diritto, dei professionisti, quella di essere messi in condizioni di lavorare in sicurezza – conclude Anelli -. Per questo, due sono i moniti che vogliamo lanciare. Il primo è che le parole sono importanti, e lo sono ancor più in questo momento. Perciò attendiamo le scuse di D’Ancona. E, per il futuro, auspichiamo più attenzione e formazione per quanto riguarda la comunicazione e la scelta dei comunicatori, perché il rischio vero è che prevalga la voce di chi ha competenze comunicative ma non scientifiche. Il secondo è che, più ancora delle parole, sono importanti i fatti: e sono fatti concreti, volti a mettere subito in sicurezza i medici e il personale sanitario, quelli che ci aspettiamo, qui e ora, dalla Politica”.

redazione

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