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Marsala esempio di economia ferma. I negozi chiudono: “Vendite pari a 0”. Gli artisti: “Difficile situazione già da prima”

L’emergenza Coronavirus sta mettendo in ginocchio l’Italia non solo dal punto di vista della salute o sotto l’aspetto sanitario. Ma anche sotto quello economico. Stamane dopo un notevole calo di Piazza Affari, Milano ha registrato un +1,69% a 18.171 punti e sta rimbalzando positivamente assieme a quelle europee. Ciò perchè la Bank of England ha annunciato a sorpresa il taglio dei tassi che ha rafforzato la speranza per l’arrivo di nuovi aiuti dalle banche centrali.

Ma è inevitabile che a farne le spese sono i piccoli imprenditori, lavoratori autonomi, le aziende del commercio, i lavoratori e gli esercenti, nonché gli operatori culturali.

Il nostro territorio, dopo l’ultimo decreto emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri (10 marzo) non è stato risparmiato dalla “zona rossa”: restare a casa, uscire per il minimo indispensabile stando a un metro di distanza e rispettando le direttive sull’igiene, locali chiusi dopo le 18 per evitare assembramenti. Per chi vuole restare aperto – come alcuni ristoranti – c’è il rispetto delle norme di sicurezza. D’altronde fermare l’economia di territori già parecchio in difficoltà come la Sicilia Occidentale siginifica pagare caro tutto domani.

Abbiamo fatto un giro per il centro di Marsala tra ieri e oggi, dopo che anche noi siamo diventati “zona protetta”. Nonostante ci sia qualcuno in giro in centro, l’aria che si respira è spettrale soprattutto dopo il primo caso di Coronavirus proprio a Marsala.

Fuori dai supermercati e dalle banche, le persone restano in coda, più o meno in maniera diligente rispettando la distanza di un metro; i bar, locali, punti di ristorazione, quelli aperti, si stanno attrezzando con fotocopie del decreto o delle misure di sicurezza e di igiene. Un noto bar del versante nord della Città, con il nastro rosso si adopera per delimitare gli ingressi e le distanze. Il gestore di un ristorante del centro urbano, molto frequentato da turisti sta pagando lo scotto: “La situazione è precipitata di giorno in giorno, è drammatica”. La trattoria “Garibaldi” ha pensato invece di consegnare cena e pranzo a domicilio con in omaggio una bottiglia di vino, una bella iniziativa per ‘andare avanti’; anche bar come l’Oasi consegnano in casa nel rispetto della normativa.

Bar e locali con più personale stanno vivendo una situazione drammatica: quelli con circa 10 dipendenti hanno dovuto fare tagli drastici, tenendo lo stretto indispensabile per garantire la minima apertura mattutina. Il bar-pasticceria Mille Caffè, di fronte al Monumento ai Mille, con una comunicazione sui Social, ha deciso di chiudere per un periodo per motivi di sicurezza.

Alcuni pub del centro storico e urbano sono costretti a lavorare al momento di mattina, per racimolare qualche soldo per affitti e bollette, limitando al minimo le nuove scorte e cercando di consumare quello che c’è all’interno e abolendo l’acquisto di cibo per gli aperitivi. “Le tasse le dobbiamo pagare comunque”, affermano i gestori. Alcune panetterie inoltre, hanno dovuto interrompere il servizio di trasporto del pane a domicilio.

E proprio su questo punto che, come ha affermato nell’ultima conferenza stampa il Premier Giuseppe Conte, si sta lavorando: per bloccare il pagamento di imposte e tasse. Per il vero qualche Comune trapanese con scadenze, si sta già attrezzando, come quello di Erice. Altri enti comunali ne stanno dibattendo.

I negozi di vestiario e moda hanno subito una flessione pesantissima nelle vendite per via dell’imposta quarantena o del rispetto della normativa che invita i cittadini a rimanere in casa. Gli acquisti vengono limitati al necessario e alcuni negozianti hanno deciso di chiudere, come ad esempio “White” di via Amendola e “Mirage” di via Roma. “Vendite pari a 0”, ci dice uno dei gestori. Diverse parrucchierie sono chiuse, quelle poche ancora aperte rispettano le imposizioni rigide; stessa cosa nei centri di benessere: qui però diversi hanno dovuto chiudere, almeno per un periodo, per capire come garantire la sicurezza dei clienti.

Chiudono alcune assicurazioni – una di queste Allianz – ma di sicuro, a parte i supermercati, a registrare un boom sono le farmacie. “Questa mattina presso la farmacia Sajeva di Piazza del Popolo – ci dice M. P. – c’era una fila lunghissima per fare rispettare le distanze di sicurezza. Alla cassa c’era il numero 24 ed io, che non ero di certo l’ultimo della fila, avevo il 64. Coda estenuante”.

Per quanto concerne gli operatori culturali, artisti e organizzatori di eventi, ovviamente è tutto fermo. Non si suona nei locali, non si suona nelle feste o celebrazioni, anche queste ferme. Anzi, come ci dicono alcuni musicisti che suonando nei locali riescono a fare qualche soldo, il settore ad essere piegato per primo dall’emergenza Covid-19, è quello della cultura, dell’arte e della musica. Rassegne che hanno dovuto annullare spettacoli, musicisti che non possono suonare, libri la cui presentazione è stata annullata.

C’è da dire che la situazione della musica nei locali era già compromessa – ci dice un musicista -. Tutti sappiamo quanto accaduto tempo fa con le multe nei locali del centro storico per musica alta o con il sequestro degli strumenti a una band che peraltro suonava in acustico. Pochi locali ci consentivano di suonare, l’Antico Mercato, il Mama’s di Piazza del Popolo, il Juparanà e qualche situazione con un singolo artista; a Strasatti si faceva musica al Tempo di Vino e a Petrosino in altri due locali. Ma siamo continuamente sotto l’occhio del ciclone, senza tutela. Figuriamoci in questo momento dove i locali dopo le 18 devono chiudere. Chiediamo ai Comuni, alla Regione e al Governo di aiutare la nostra professione, sia in tempi di crisi forte come questa sia al di là dell’emergenza Coronavirus. Bloccate le tasse, le bollette, le imposizioni almeno per un periodo di tempo”. Altri musicisti che tengono corsi e lezioni private hanno dovuto fermare l’attività senza non poche problematiche: “E’ un problema non lavorare ma è un dovere di tutti noi rispettare la normativa”, scrive su Facebook un noto musicista.

Come ci dice un altro musicista molto attivo sul territorio, Giò Ingrassia “… le attività in generale e tutta l’economia è già in collasso, nel mio settore, io in primis, sono già fermo dal primo DPCM del 4 marzo in cui si ordinava il divieto di musica dal vivo in tutti gli eventi privati e pubblici. A mio giudizio era più logico forse bloccare tutte le attività per 15 giorni, tranne le farmacie e gli alimentari o addirittura far eseguire il servizio a domicilio. Fermare il contagio e le infezioni è un nostro diritto di salute. Concludo pensando al ritorno alla normalità di ognuna delle nostre vite, al ritorno delle mie emozioni e di tanti altri miei colleghi artisti, al più presto. Siamo una delle tante categorie autonome poco considerate, sia economicamemte che nell’arte stessa, portando la musica alla gente con il cuore. Esprimo tutta la solidarietà al caso Corona Virus, continuando a suonare e cantare la mia musica, che serva per alleviare per tutti, me compreso, le paure e le ansie di questo brutto periodo. Spero che tutti possiamo tornare presto alle esibizioni live perché tristemente devo ammettere che mi resta poco da sfamarmi. Spero che al di là degli aggiornamenti al decreto, ce ne sia a breve uno che tuteli i lavoratori autonomi e la nostra categoria, quelli come me che vivono di sola musica. Inoltre mi auguro, con il buon senso di tutti, che questo hastag #iorestoacasa, sia come un codice inviolabile di legge dove tutti lo attivino per davvero, cosicché possiamo presto rimetterci sulla strada di sempre e che non sia compromessa per noi operatori di spettacolo. Mi auguro che veramente il 3 aprile sia una data di fine incubo e si riparta. Marsala come wedding e banchettistica ha un indotto molto alto, nonostante il periodo più forte sia quello estivo”.

redazione

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Tags: Marsala economia ferma