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Dieci anni di musica: i cambiamenti epocali, le nuove frontiere, i personaggi importanti

Dieci anni di musica, di cambiamenti epocali, di fatti storici che hanno segnato la musica internazionale, italiana e anche quella della nostra isola. Uno sguardo alla sua fruizione, alle frontiere che dal 2010 ad oggi hanno segnato il più grande mezzo di comunicazione al mondo. Quali artisti e quali opere ci ha lasciato il decennio, che passaggio importante c’è stato nella musica italiana e cosa ci si aspetta nel 2020.

– Nei due anni precedenti al 2010, iniziano a prendere il sopravvento i Social Network. Facebook in poco tempo ha letteralmente ucciso ‘My Space‘ e segna il passaggio definitivo verso l’uso dei social e della promozione della musica; attraverso le pagine, l’artista fa sempre più uso, per una più facile ricerca e distinzione, di caratteri speciali, trattini, lettere straniere. Con il successo altresì di Twitter – oggi in calo – e di Instagram, si annulla sempre più il divario tra artista e pubblico: il primo diventa più tangibile e meno irraggiungibile per il secondo. Da qui l’aumento partecipativo ai concerti, che cercano di sopperire al calo dovuto alla vendita di dischi.

– Musicraiser, nata nel 2012 – da un’idea del marsalese Giovanni Gulino – è la più importante piattaforma di crowdfunding in Italia, ovvero lo strumento che permette ad un artista di realizzare un nuovo progetto musicale, chiedendo al proprio o al nuovo pubblico di “finanziare” un Ep, un album, un videoclip, ecc. Al raggiungimento dell’obiettivo l’artista potrà realizzare la propria opera. Se inizialmente Musicraiser è nato per aiutare la musica emergente, nel tempo è servito anche ad artisti più noti per poter puntare sul loro “ritorno” alle scene.

– Il 2013 è l’anno in cui in Italia approda Spotify, la piattaforma di streaming musicale per eccellenza. Non è la prima del settore, ma indubbiamente quella che ha cambiato radicalmente la fruizione della musica. Un vero e proprio spartiacque. Così facendo si è passati al neologismo “musica liquida”, cioè al non possesso fisico della musica come lo era prima, con cassette, cd e vinili. Le playlist Spotify soppiantano, in buona sostanza, quelle che venivano create ad hoc sull’iPod.

– Dal 2014 in poi l’Italia musicale ha una svolta. La musica indipendente, meglio nota come “indie”, esce dalla sua sfera di nicchia, per essere fruita da una platea più vasta. L’indie, in pratica, diventa sempre più mainstream. Ciò è dovuto sia alla mancanza di “idee” nell’ambito della musica cosiddetta “commerciale”, che così ha preso in prestito firme autorevoli dal panorama alternativo. Alcuni esponenti, in primis Brunor Sas, poi Calcutta (il cui disco del 2015 si chiama non a caso Mainstream), Motta che ha calcato persino il palco di Sanremo e in maniera più palese i TheGiornalisti di Tommaso Paradiso, hanno segnato questo passaggio fondamentale nell’ultimo decennio della musica del nostro Paese.

– L’artista dell’ultimo decennio è senza dubbio Brunori Sas. Il cantautore calabrese traccia un cambiamento rilevante per la musica italiana. Dai “poveri cristi” ai malesseri più intimi e travagliati, Brunori con un mix di ironia e malinconia, parla all’interlocutore in maniera schietta, “quotidiana”. La sua “La Verità” è una delle più belle canzoni del decennio. Brunori, come un novello Luca Carboni – antesignano del genere – veste i suoi brani di una musica scanzonata fatta di semplici accordi ma dando, di contro, parecchia rilevanza alla parte produttiva. Testi e musica che, come detto prima, da indie si “tramutano” in it-pop, quindi in un rinnovato pop italico che vive di nuova linfa.

– La musica della nostra terra in questo decennio ci ha donato un artista che, nonostante i suoi 55 anni, nel tempo, attraverso la scelta di affidarsi ad una band al femminile e ad importanti collaborazioni, ha innovato la tradizione musicale siciliana. Lui è il cantautore catanese Cesare Basile che già nel 2013 si era messo alla prova con la sua lingua, consolidandola dal 2017 al 2019 in due album, due piccoli capolavori di desert blues in dialetto catanese, parlando alle pance, ai presagi di una terra bella e difficile, sussurrando alle paure e urlando contro la ferocia disumana del Sud, come ogni Sud del mondo.

– Un’altra svolta decennale per la musica italiana e nell’accezione non certo positiva, è la Trap. La Trap, nata prima negli Usa, è un sottogenere del rap o dell’hip hop. Tracce di trap si trovano già nel 2011 nel primo album di Gué Pequeno, “Il ragazzo d’oro”. Ma è con personaggi come Sfera Ebbasta, Dark Polo Gang, Ghali, Young Signorino e Achille Lauro che si afferma. Scimmiottando i rapper americani, che al contrario raccontano quello che vivono, i “trappisti” di casa nostra, per lo più provengono da famiglie della Roma bene o sono figli di un rapido successo come youtuber. I loro testi sono misogeni, ricchi di violenza gratuita, inneggiano alla droga e fanno uso massiccio di auto-tune. Certa stampa ha elevato a “personaggio dell’anno”, dopo la partecipazione al Festival di Sanremo 2019, Achille Lauro, che addirittura ha calcato il palco delle Targhe Tenco. Al momento è solo una provocazione ma bisogna essere cauti con i facili entusiasmi.

– A mettere una “pezza” alla perdita di valori della trap, ci pensa… il passato. Non è sempre vero che i grandi artisti, giunti ad una certa età, non hanno più nulla da dire. Fosse così sarebbe grave per le generazioni future. Ed ecco che il 2019 ci ha regalato non due semplici album, ma due vere opere musicali: “Western Stars” di Bruce Springsteen, con solide parti orchestrali, e “Ghosteen” di Nick Cave and the Bad Seeds, che partendo dalla copertina, un ipotetico “Eden”, elabora la morte del figlio del cantante con un impianto elettronico minimal ed emozionalmente potente. La morte e la rinascita, come nel 2016 ci ha insegnato David Bowie: il suo ultimo album “Blackstar” è un’opera d’arte, un grande testamento pubblicato due giorni prima della sua morte.

– Tappa decisiva nell’ultimo anno è il riflettore acceso sulla questione “quote rosa”. Prima il Festival di Sanremo, poi il Primo Maggio 2019, hanno invitato una rappresentanza di artiste che si contano su… due dita. Negli anni e con una maggiore consapevolezza del ruolo della donna, paradossalmente il suo posto nel mondo dell’arte non è migliorato. Ecco che alcune firme autorevoli del giornalismo musicale hanno creato un tam tam mediatico notevole. Da qui l’evento “Femminile Plurale” che ha abbracciato il meglio del cantautorato femminile di oggi, che ancora una volta ha ampia scelta nell’indie. Cristina Donà, Ginevra De Marco, Pilar, Giulia Mei, Cristina Nico, Sabrina Napoleone, Giua, Roberta Giallo, Gabriella Martinelli, ‘Eleviole?’, Sarah Stride, Margherita Vicario, Eleonora Betti, Veronica Lucchesi de La Rappresentante di Lista, Francesca dei Coma_Cose, sono solo alcuni dei nomi che si sono guadagnati tutta la considerazione della critica e una puntata speciale del Tg 1 andata in onda in seconda serata.

A che punto è la fruizione della musica oggi e cosa ci si aspetta nel 2020? Bisogna constatare che certa critica e diversi artisti hanno creato – da un punto di vista di promozione della musica – un circuito consistente che non sempre, però, arriva fino al consumatore finale. Peccato perchè l’ascoltatore scoprirebbe molti artisti di grande qualità. Nel nuovo anno bisognerebbe far cadere questa barriera, che già vacilla grazie al bisogno di recuperare il contatto fisico con la musica. In questo contesto si inserisce il ritorno al Vinile, che resta però ancora “di nicchia”. In realtà si tratta dell’ennesimo paradosso che ha visto la sconfitta del compact disc, un supporto che negli anni ’80 – periodo di utilizzo commerciale – veniva considerato come eterno, come il supporto perfetto e indeteriorabile. Per ultimo uno sguardo al mercato italiano: ad oggi lo streaming rappresenta il 63% della fruizione della musica, il 17,3% vede resistere il cd, il Vinile si attesta l’8,7% delle vendite, mentre il 6% e 5% rappresentano rispettivamente la vendita digitale e le sincronizzazioni.

[ claudia marchetti ]

redazione

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