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Da Jasmine a Joker: dieci film per raccontare una decade irregolare

Quella compresa tra il 2010 e il 2019 è stata una decade per certi versi irregolare nel mondo del cinema. L’inizio del decennio ha regalato grandissimi titoli, destinati a rimanere negli annali cinematografici come autentiche pietre miliari. A un certo punto, però, il livello si è decisamente abbassato, probabilmente per la competizione con il piccolo schermo, che ha potuto contare su una rinascita delle serie tv su cui si sono progressivamente concentrate le più ricche produzioni internazionali, determinando anche il trasloco di autori e interpreti prestigiosi. Il 2019 ha però regalato nuove speranze agli inguaribili amanti del cinema, con numerose pellicole di qualità che hanno consentito l’affermazione di nuovi registi e il ritorno ad alti livelli di maestri come Almodovar e Scorsese.

Blue Jasmine di Woody Allen

In tanti hanno provato a raccontare la crisi economica che ha travolto il mondo occidentale nel 2008, espandendo i suoi effetti nella decade successiva. Woody Allen lo ha fatto a modo suo, col supporto di una Cate Blanchett in stato di grazia che presta il volto e l’anima a un personaggio che rappresenta come meglio non potrebbe una certa umanità, incapace di adattarsi al mutare dei tempi. Al contempo, il regista newyorkese ha il pregio di introdurre sullo sfondo il tema del conflitto tra popolo ed élites, destinato a diventare uno dei temi centrali negli anni a venire.

La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino

Sono lontani i tempi di Fellini, De Sica, Rossellini e Visconti: ormai il cinema italiano fatica ad affermarsi fuori dai confini nazionali. Nella decade appena conclusa, l’unica eccezione è rappresentata da Paolo Sorrentino, che dopo gli apprezzamenti ottenuti in Italia e in Europa con “Le conseguenze dell’amore” e “Il Divo” ha regalato all’Italia un Oscar come migliore film straniero a 16 anni da “La vita è bella”. Ne “La grande bellezza” Sorrentino fa sua la lezione di Federico Fellini per regalare un magnifico affresco decadente dell’Italia contemporanea, raccontata attraverso lo sguardo malinconico e disincantato di Tony Servillo, perfetto traghettatore di una comunità che, come i passeggeri del Titanic, si lascia affondare ballando e cantando.

La migliore offerta di Giuseppe Tornatore

Nell’immaginario collettivo, Giuseppe Tornatore è soprattutto il regista di “Nuovo Cinema Paradiso”. Accanto al filone dedicato alla Sicilia, di cui ha ormai raccontato tutto, l’autore di Bagheria è stato negli anni capace di stupire il pubblico con pellicole dal respiro universale, come “Una pura formalità” e “La migliore offerta”. Con quest’ultimo titolo, Tornatore disegna una storia di amore e tradimento che sarebbe piaciuta molto al suo maestro Sergio Leone, tra riferimenti letterari e colpi di scena degni di un thriller.

La donna che canta di Denis Villeneuve

Tra gli autori più interessanti della sua generazione, il canadese Denis Villeneuve riadatta una pregevole opera teatrale (“Incendies”) per realizzare il miglior manifesto pacifista di questa decade. La storia è ambientata in Medio Oriente, ma potrebbe essere tranquillamente trasferito in qualsiasi altra parte del mondo per descrivere perfettamente la follia della guerra. Classico film che arriva come un pugno allo stomaco e continua ad accompagnare lo spettatore ben oltre la sua visione.

The social network di David Fincher

Nato nella prima decade del millennio, nel giro di pochi anni Facebook è già diventato un mezzo irrinunciabile per milioni di persone e, tra mille contraddizioni, un simbolo del nostro tempo. Il regista di “Seven” e “Fight Club” ne racconta la genesi, soffermandosi con intelligenza sul tormentato rapporto tra la creatura e il suo creatore Mark Zuckerberg. Ha il merito inoltre di riproporre in chiave moderna l’eterno conflitto tra genio e contesto, un po’ come avvenuto con i due film biografici dedicati a Steve Jobs.

Carnage di Roman Polanski

Uomo discusso, ma regista eccelso, Roman Polanski firma nel 2011 un film girato interamente all’interno di un appartamento, mettendo di fronte due coppie che si incontrano per provare a chiarire una banale lite tra i figli. Partendo da una riuscita pièce teatrale – “Il dio del massacro” – nei 79 minuti di questo film l’autore francese trasforma il suo cinema in un palcoscenico in cui Christopher Waltz, Kate Winslet, John C. Reilly e Jodie Foster alternano temi, toni e alleanze tra convenzioni, frustrazioni e crudeltà, fino a restituire tutto il senso di incomunicabilità che pervade il nostro tempo.

Django Unchained di Quentin Tarantino

Sembra passata un’era geologica, ma all’inizio di questa decade l’America aveva appena eletto Barack Obama, primo presidente di colore della sua storia. Anche il cinema ne tiene conto, producendo ottimi film, come “12 anni schiavo” o “The butler”, che in maniera diversa parlano del difficile percorso di emancipazione dei neri americani. Persino Quentin Tarantino raccoglie la sfida dell’impegno civile, naturalmente a modo suo, supportato da un cast straordinario, in cui spicca ancora una volta l’istrionico Christopher Waltz. Indimenticabile la scena in cui, ascoltando una versione arpeggiata di “Per Elisa”, matura la convinzione di non stringere la mano al crudele schiavista interpretato da Leonardo Di Caprio, firmando di fatto la sua condanna a morte. Una piccola, grande lezione di dignità in un tessuto narrativo che come al solito mischia generi e linguaggi diversi, sfiorando la perfezione stilistica raggiunta in “Bastardi senza gloria”.

Il sospetto di Thomas Vinterberg

Negli anni del MeToo e delle grandi accuse nei confronti di produttori e attori dello star system hollywoodiano, sembra un controsenso inserire “Il sospetto” di Vinterberg tra i film da ricordare. E invece l’autore danese, promotore negli anni ’90 del movimento cinematografico Dogma assieme al gemello Lars Von Trier, ben prima che scoppiassero gli scandali e le campagne contro Weinstein e i suoi epigoni, ricorda che accuse e sospetti possono talvolta travolgere le vite di persone in realtà innocenti. Un invito alla prudenza e alla cautela su cui vale davvero la pena riflettere, nella consapevolezza che anche barbarie e crudeltà non si combattono con la gogna e la caccia alle streghe, ma con il trionfo del diritto.

Il caso Spotlight di Tom McCarthy

La decade 2010-2019 ha avuto anche il merito di rilanciare il cinema d’impegno civile americano. Dopo anni di appannamento, in cui erano rimasti solo Oliver Stone e Michael Moore a reggere la baracca, l’interesse dei divi contemporanei (Clooney e Affleck), il cambio di prospettiva di qualche maestro del passato (Spielberg) e l’affermazione di nuovi autori, hanno ridato lustro a questo nobile genere, che aveva vissuto i suoi momenti migliori negli anni ’70 con i film di Sidney Pollack e due icone come Robert Redford e Dustin Hoffman. Il caso Spotlight è un manifesto sul valore del giornalismo d’inchiesta, anche nelle realtà di provincia. Da vedere e rivedere per tutti coloro che lavorano nel mondo dell’informazione o che talvolta dubitano sul ruolo della stampa nella costruzione di una società più giusta.

Joker di Todd Phillips

Lo scontro tra popolo ed élites, dicevamo. Un fattore determinato dalla crisi economica del 2008, che ha caratterizzato con forza questa decade, influendo in maniera determinante sugli scenari politici del mondo occidentale. Il cinema ha il pregio di poter utilizzare narrazioni distopiche (in questa decade lo hanno fatto molto bene anche gli autori della saga “The purge”) per rappresentare il tempo che viviamo. Todd Phillips, addirittura, attinge al mondo dei fumetti per riprendere la storia del più feroce antagonista di Batman per spiegare la genesi della sua crudeltà. Ne viene fuori un “Taxi Driver” del Terzo Millennio, in cui Joaquin Phoenix regala al pubblico un’interpretazione memorabile e lo prende per mano per un viaggio nei meandri del disagio psichico e sociale. Probabilmente, il film più politico di questa decade.

Vincenzo Figlioli

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