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Cara Beatrice…

Nel 2016, quando mia figlia aveva poco meno di un anno ed io rasentavo il peggior livello mai raggiunto di esaurimento nervoso, scrivevo al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, fautrice in prima persona di una assurda campagna di informazione sulla fertilità, diventata allora famosa per essere stata ritenuta dai più giovani un invito alla maternità provocatorio e offensivo. Lo ripropongo perché, a mio avviso, rimane una lettera sempre attuale. Gentile ministro Lorenzin, io non conosco Lei e Lei non conosce me. Dunque, mi presento. Sono una giovane mamma di una bimba di soli otto mesi. Sto imparando a fare la mamma fra tanti dubbi e tante soddisfazioni. A tempo pieno e senza alcuna retribuzione, né per ora né per i prossimi cento anni. Ma sono anche una moglie (seppur non sulla carta, o almeno non ancora). Fra tante difficoltà e con un figlio che, ovviamente, rende tutto più difficile. Anche questo lavoro, a tempo pieno e senza retribuzione alcuna.

E sono anche un’impiegata. O almeno lo sarò per i prossimi trenta giorni. Perché poi il mio contratto part-time (che prevede anche turni notturni) è in scadenza. E, quindi, presto ritornerò ad essere nuovamente disoccupata. Si figuri, una neo-mamma (seppur con un curriculum, me lo consenta, discreto), avente diritto di permessi maternità, permessi malattia per il figlio, assegni familiari (qualora trovassi la società che faccia tutto in regola), in cerca di occupazione. Ah ah. Quasi comico. Poi, sono anche una casalinga. Perché, che vogliate o no, anche le donne lavoratrici sono casalinghe. Anche loro cucinano, lavano i piatti, stendono e stirano. Maledicono le impronte del marito che passa casualmente in cucina subito dopo lo straccio. E sono soddisfatte quando cucinano per la propria famiglia. E, per inciso, anche tutto questo gratuitamente e, molto spesso, senza gratificazione alcuna. E signora ministro, fra tutto, devo anche trovare il tempo per essere una donna e comportarmi come tale. Perché una donna con i peli o con qualche chilo in più (nonostante siano i chili post-parto) o senza mascara è una donna che in questa società subisce le critiche un po’ da tutti. E deve temere la concorrenza (sì perché, non dimentichiamolo, in questa società di Uomini e Donne, Temptation Island e Grandi Fratelli – ora pure vip, come se non bastasse – di concorrenza ce n’è molta e non possiamo permetterci di distrarci un attimo). E sono anche una guerriera. Per natura, in quanto donna e mamma, e per carattere.

Come tante altre donne che conosco e stimo nella mia vita. Ed, infine, signor ministro, sono anche una primipera attempata. Che, per chi non lo sapesse, significa che ho avuto il primo figlio quando già il mio utero era “vecchio” e, per l’appunto, attempato. E sono fertile, decisamente fertile, contro qualsiasi probabilità mi era stata data in passato. E per tutti questi motivi, ministro Lorenzin, io non ci trovo nulla da festeggiare. Che se andasse tutto bene in questo Paese, che se l’assistenza medica fosse gratuita, se non dovessimo pagare asilo-scuola e università per i nostri figli, se non avessimo più tasse che introiti, se non dovessimo accontentarci di lavorare in nero e acchiappare qualsiasi cosa venga, se ci fosse riconosciuto un minimo garantito mensile, se la benzina fosse al prezzo di costo, se avessimo una classe dirigenziale all’altezza, allora non saremmo attempate. Non avremmo bisogno di qualcuno che ci ricordi quanto è preziosa la nostra fertilità (e al tempo stesso quanto faccia sentire discriminato chi fertile non è). O che ci inviti a “darci una mossa”.

Perché adesso tutto quello che vorremmo sentire è tutto quello che non ci state dicendo. Dunque, signora ministro, come può immaginare, oggi è stata una giornata lunga e non facile. Ho preso un giorno di ferie per accompagnare mia figlia al primo giorno di asilo, ho aspettato che, dopo l’eccitazione del primo giorno, si calmasse e trovasse finalmente il sonno, ho steso la biancheria, ho messo una maglia pulita e sono uscita con la mia famiglia, mentre in queste ore, in questo stesso tavolino, davanti ad un piatto di sushi (che ancora possiamo permetterci, per fortuna) mio marito sta discutendo a telefono del suo futuro lavorativo. Togliendo tempo a sua figlia e lasciandomi sola anche questa sera. Con la speranza che non mi lasci sola anche questa notte. Del resto, signora Lorenzin, come Lei stessa mi insegna, “la fertilità maschile è molto più vulnerabile di quanto non sembri” (ma, ringraziando Dio, noi di questi problemi non ne abbiamo).

redazione

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