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Noi stiamo con Liliana Segre

Un Parlamento che osa dividersi sulla sua proposta di istituire una Commissione contro l’odio. Lo striscione di Forza Nuova. Duecento messaggi razzisti al giorno. La scorta. Un incubo che torna. Come quando, a 8 anni, fu costretta ad abbandonare la scuola per effetto delle vergognose leggi razziali imposte dal fascismo e ratificate da Vittorio Emanuele III.

Quello che sta accadendo intorno a Liliana Segre è la rappresentazione plastica di un Paese gravemente malato, in cui ogni giorno il senso del limite si sposta indietro di qualche metro. Ci eravamo illusi, probabilmente, che gli anticorpi del Novecento ci avrebbero accompagnati a lungo. E, invece, dopo meno di un secolo, ci accorgiamo che i princìpi consegnati alle generazioni successive dai nostri padri costituenti sono sempre meno percepiti come valori condivisi. Elencare errori e responsabilità della classe dirigente sarebbe un esercizio lungo e stucchevole. Probabilmente molti dei problemi che viviamo oggi sono dovuti proprio all’incompleta attuazione di quel dettato costituzionale così illuminato e lungimirante, che dal 1 gennaio del 1948 avrebbe dovuto costituire una bussola preziosa, da consultare quotidianamente.

Se però una sopravvissuta agli orrori di Auschwitz deve temere per la propria vita, mentre vengono insultati giornalisti di origini ebraiche, date alle fiamme librerie, picchiati giovani antifascisti, discriminati stranieri e italiani di colore (per strada come sui campi di calcio), è chiaro che ci ritroviamo in un tempo in cui le discussioni da salotto non hanno più alcuna utilità. Servono atti e fatti concreti, perché la libertà e la democrazia sono i valori più preziosi di cui possiamo disporre e che vanno difesi ogni giorno. La nostra testata ha firmato con convinzione l’appello per il riconoscimento della cittadinanza onoraria a Liliana Segre, per tutto quello che la storia di questa donna rappresenta. La sua testimonianza diretta andrebbe portata in ogni angolo del nostro Paese come in tutte le scuole della nostra città. Perché, evidentemente, c’è ancora chi – per ignoranza o convenienza – dimostra di non aver capito, vaneggiando insulse nostalgie verso una stagione devastante per l’Italia e l’Europa.

Di quella stagione, Marsala porta ancora le cicatrici e, giustamente, nel recente passato alcune delegazioni studentesche sono state accompagnate ad Auschwitz e Birkenau da docenti e consiglieri comunali. Hanno visto con i propri occhi le foto dei detenuti, le trecce, le scarpe, le camere a gas, le lapidi. Hanno respirato l’orrore della storia e se ne sono portati a casa almeno un po’. Sarebbe paradossale se adesso, di fronte a Liliana Segre, le istituzioni cittadine si girassero dall’altra parte. Magari, perché tra qualche mese ci sono le elezioni e qualcuno ritiene che non sono temi che portano voti. Ma i nostri valori valgono molto più di una campagna elettorale. Almeno questo, dovrebbe essere chiaro a tutti.

Vincenzo Figlioli

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Tags: liliana segre