Mazara del Vallo ha conosciuto anni d’oro, anni di massimo splendore in cui la marineria sembrava proiettata verso un futuro inarrestabile fatto di crescita e benessere. Eppure, è stato proprio in quegli anni così floridi che già qualcuno aveva intravisto le crepe che avrebbero portato al declino a cui assistiamo da anni in città. La mancanza di una strategia comune e della ottimizzazione delle risorse, che comunque non erano infinite, ha fatto sì che la marineria abdicasse dal posto in cui primeggiava in tutta Italia e che non fosse più il settore trainante dell’economia locale. Sebbene si stiano cercando soluzioni per salvare un variegato mondo che non può essere di certo lasciato solo, né ignorato, occorre ripartire dalla salute del mare, argomento che occupa la base di un percorso saggio per prepararsi (si spera) alla rinascita. Fra “do ut des” e pescatori ecologici, l’intervista al sindaco Salvatore Quinci scopre scenari di speranza e realismo impietoso. Resta la voglia di dare un futuro ai giovani che scelgono con coraggio di restare nella città in cui sono nati.
Sindaco Quinci, per Mazara, la città che lei amministra dalla scorsa primavera, il Blue Sea Land, nato dalla vocazione al dialogo del suo creatore, il compianto Giovanni Tumbiolo, rappresenta l’occasione per parlare soprattutto di mare e di pesca, settore trainante dell’economia mazarese, ma Mazara è ancora la prima marineria d’Italia?
Mazara non è più la prima marineria d’Italia. Siamo passati da una flotta di 500 motopescherecci ad appena una novantina. C’è stato un vero e proprio crollo. C’è stata una selezione naturale in cui ha prevalso la politica della dismissione delle licenze. Il deposito delle licenze e la rottamazione dei motopescherecci ha influito senza dubbio perché a fronte di indubbie difficoltà e l’armatore imprenditore, ha scelto la via più immediata.
Perché è avvenuto secondo lei il disarmo di questa flotta così fiorente?
Il tema principale è lo spopolamento dei mari e poi c’è l’assenza di strategia che si è protratta negli anni da quando cioè il mare era ricchissimo. Quando le risorse erano abbondanti per tutti si prendeva e basta, si fruiva di un mare molto ricco senza pensare al futuro, alle conseguenze. L’altro aspetto è la crisi economica e il caro carburanti.
Quanto incide il caro carburanti?
E’ la voce di spesa che incide di più senza tralasciare il tema della sicurezza. I nostri pescherecci rischiano molto quando vanno a pescare ai confini delle acque territoriali definite così dalla Libia.
Per discutere di questi rischi al Blue Sea Land con chi avete interloquito?
Abbiamo avuto ospiti due delegazioni libiche. Sono stati istituiti 2 tavoli molto interessanti. Il primo con il ministro dell’Agricoltura accompagnato da una sua equipe di tecnici. A questo stesso tavolo era presente l’assessore regionale allo Sviluppo Rurale, Edy Bandiera, ma soprattutto il Sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano. Era presente anche un gruppo di armatori mazaresi. A questo tavolo è stata presentata un’idea, una bozza di progetto di collaborazione in cui si è ipotizzato uno scambio proficuo tra le risorse di cui i libici sono ricchi e, dall’altra parte, la tecnologia di cui noi siamo detentori.
Si tratta dunque di uno scambio, di un “do ut des” molto pragmatico, ovvero tu libico mi dai i pesci che non ho e io ti do la tecnologia di cui sei sprovvisto?
Detto così è un modo semplicistico di definire quanto si è discusso. Tutto invece deve essere sotto l’insegna di una tutela delle risorse marine, non solo dunque del pesce ma anche soprattutto di tutela del mare e sotto l’insegna di una tutela guidata da organismi scientifici di cui per esempio il nostro Distretto della Pesca è ben fornito, così come l’Osservatorio della pesca.
E nel secondo tavolo chi era presente?
E’ stato altrettanto importante. Lì c’era seduto il Sottosegretario agli Esteri del governo libico che si è potuto confrontare con quello nostrano. In un certo senso si è trattata di una dichiarazione di intenti. Abbiamo iniziato un dialogo ma, come si dice solitamente, se son rose fioriranno.
Sindaco Quinci, nonostante “il disarmo” in atto, pare che i pescatori mazaresi possano tornare ad essere i veri protagonisti della salute di questo mare che in passato, ha dato loro tanto. Mi ha molto colpito l’idea, tra l’altro molto dibattuta in questo convegno, sulla possibilità di incentivare i pescatori perché si facciano essi stessi “pulitori del mare”. Di cosa si tratta esattamente?
Il pescatore ha una grande responsabilità che è in primis quella di non inquinare a anche quella di tutelare e preservare la risorsa mare ma non può essere lasciato solo in questa responsabilità. Il pescatore è il terminale finale di tutto un processo che invece vede coinvolti anche gli organismi europei e poi a scendere, fino ad arrivare a noi. E’ chiaro che se vi è una politica ed un strategia comune, le cose funzionano.
Quali incentivi, dunque, sindaco potrebbero essere messi in atto?
Io credo che volentieri il pescatore sposi la politica della tutela delle risorse marine. Se vi è una politica definita che aiuti il pescatore in questa sua attività di pulitore del mare ed una strategia ben definita, si potrebbe cominciare a pensare alla figura del pescatore ecologico di cui tanto si sta parlando in questi giorni di convegni al Blue Sea Land.
Quest’opera di pulitura del mare messa a punto dai pescatori mazaresi quando dovrebbe avvenire? Più ospiti illustri hanno parlato di interventi concentrati durante il periodo del cosiddetto fermo biologico.
Questa è un’ipotesi che è stata fatta proprio qui, in questi giorni. E’ chiaro che non si può attuare una vera e propria politica di incentivazione perché si va in procedura di infrazione.
Perché?
Perché non si possono aiutare delle categorie rispetto ad altre all’interno della Comunità Europea. Si tratta però di inventare percorsi nuovi e progettarli insieme tenendo ben presente che il pescatore è come dicevo, il terminale finale e non può essere lasciato solo.
Tiziana Sferruggia