Ci abbiamo messo decenni ad introdurre la mensa nelle scuole. Non tutte le generazioni, anche tra quelle che ancora non hanno i capelli bianchi, ricordano di avere frequentato una scuola dove si “mangiava”. L’esigenza di trattenere gli scolari anche in ore pomeridiane ha fatto nascere le mense e le …polemiche. A Marsala da almeno un decennio si discute della qualità dei cibi, della loro somministrazione, della scelta del menù e via così mangiando. Specie all’inizio dell’anno scolastico (quando le due cose coincidono) gruppi di mamme all’uscita della scuole in attesa dei figli, commentano e criticano. Come in tutte le cose, a volte hanno ragione a volte un po’ meno. È di questi giorni la sentenza che dice no al panino portato da casa e consumato a mensa. I giudici scrivono che “la funzione pedagogica del tempo mensa è predicabile solo in termini di ristorazione collettiva nel contesto di un’offerta formativa a tale scopo organizzata”. Insomma se tutti mangiano la stessa cosa.
Pur rispettando la decisione della Cassazione ( …e ci mancherebbe), ci pare evidente che nessuno dei firmatari di questa sentenza è mai stato in una scuola nell’ora della mensa. Se ci fosse stato saprebbe che il principio della funzione pedagogica del tempo mensa è quanto meno fasullo. Siamo andati più volte, adeguatamente autorizzati e per svolgere il nostro lavoro, nelle mense marsalesi. Gli insegnanti che si trovano al tavolo con degli urlanti bambini, altro non fanno a che i guardiani strillando (anche loro) agli scolari di “abbassare la voce”. Ci siamo fatti l’idea che fare pranzare i docenti con gli alunni è stata semplicemente una furbata della politica visto che il legislatore anziché spendere dei soldi per degli assistenti ad hoc, ha pensato di utilizzare i docenti. La sentenza dice anche “che l’introduzione di vari e differenti pasti domestici nei locali scolastici (i panini n.d.r.) inficia il diritto degli alunni e dei genitori (!) (anche l’esclamativo è n.d.r.) alla piena attuazione egualitaria del progetto formativo comprensivo del servizio mensa, con possibile violazione dei principi di uguaglianza e di non discriminazione in base alle condizioni economiche oltre che del diritto alla salute tenuto conto dei rischi igienico sanitari di una refezione individuale non controllata”. Detto in parole povere, come del resto sono costruite sempre queste nostre note, la Cassazione in nome dell’uguaglianza preferisce che tutti mangino per esempio male, piuttosto che vedere qualcuno mangiare bene magari con il panino portato da casa.
Nella sentenza si parla anche di condizioni igienico sanitarie in riferimento al panino accartocciato che i bambini si portano da casa. Eppure quando si va in gita per esempio, tutti portano il panino da casa ma nessuna autorità interviene. Dal punto di vista del principio potremmo essere d’accordo con la Cassazione. Ma con quali condizioni però? In una scuola dove la mensa funziona bene, dove la pasta non è servita scotta, dove non viene servita la minestra bollente anche a maggio, dove la frutta non è raccolta in bacinelle di plastica somiglianti a quelle per lavare i panni o alle latte di vernice, dove la quantità del cibo… La verità è che oggi le nostre mense scolastiche (non tutte ci mancherebbe) sono pessime. Siamo di fronte ad una sentenza che non tiene in considerazione la realtà. E tra poco più di un mese si ricomincerà, ma senza panini da casa…