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Sporcare Capaci

Le chiamano “Falconiadi” i giornalisti palermitani che da una vita scrivono di lotta alla mafia e che ogni anno, il 23 maggio, esprimono il proprio disappunto di fronte all’arrivo nel capoluogo siciliano riempirsi delle più alte cariche istituzionali che in maniera più o meno consapevole partecipano alle commemorazioni per la Strage di Capaci. A me questa definizione tendenzialmente non piace, perché mi sembra ingenerosa nei confronti dei tanti che dedicano tempo e fatica alla memoria di una delle pagine più drammatiche e controverse della storia nazionale, cercando di dribblare contemporaneamente le strumentalizzazioni della politica istituzionale e quelle degli integralisti dell’antimafia. Chi ha avuto modo di partecipare all’iniziativa organizzata dalla Fondazione Falcone presso l’aula bunker in cui si celebrò il maxiprocesso a Cosa Nostra, sa bene che dietro la diretta televisiva e la passerella dei politici, c’è un lavoro prezioso e accurato, che coinvolge scuole e studenti di tutta Italia nel ricordo di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e degli agenti della scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo.

Va detto però che in questa settimana, segnata dalla conclusione della campagna elettorale per le Europee, il rischio di “sporcare” il senso di questa ricorrenza è ancora più alto che in situazioni precedenti. I media, verosimilmente, saranno più attenti a rincorrere le dichiarazioni di Matteo Salvini che arriverà a Palermo nella duplice veste di Ministro dell’Interno e capolista della Lega in tutte le circoscrizioni per le Europee. Una presenza che sarebbe stato opportuno evitare, proprio in segno di rispetto verso le vittime della Strage. Un po’ come avvenuto al Salone di Torino con la case editrice vicina a Casa Pound, l’antimafia si è divisa tra chi sostiene il dovere di andare in aula bunker nonostante Salvini (come il presidente del Centro Pio La Torre, Vito Lo Monaco) e chi ha deciso di disertare l’iniziativa in segno di protesta (come Claudio Fava, l’Anpi e Giovanni Impastato). Pochi, probabilmente, ricorderanno che a un anno dalla sentenza di primo grado sulla Trattativa Stato – mafia, gli interrogativi sui fatti avvenuti tra il 1992 e il 1994 continuano a pesare come macigni sulla storia del nostro Paese.

Proprio nei giorni in cui l’Italia presenta a Cannes l’ultimo film di Marco Bellocchio – “Il Traditore” – incentrato sulla vita di Tommaso Buscetta, tornano alla mente le parole pronunciate due anni fa dall’ex presidente Pietro Grasso, che in occasione del 25° anniversario della Strage di Capaci ricordò agli italiani la mancanza di un “pentito di Stato” nella ricostruzione delle responsabilità e delle connivenze che portarono interessi convergenti a progettare omicidi e attentati in quegli anni. Una lacuna che probabilmente non verrà mai colmata e che rappresenta l’anello mancante verso la verità. Ma, oggi, verosimilmente, si parlerà d’altro.

Vincenzo Figlioli

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